Il giallo di due assegni da 900 milioni di Fabio Poletti

Il giallo di due assegni da 900 milioni Il giallo di due assegni da 900 milioni Doppia vita diProfeta: debiti, slot machine e un «tesoro» Fabio Poletti Inviato a PADOVA Distribuiva volantini pagato 30 mila lire al giorno ma in casa aveva due assegni con la sua firma ma non ancora intestati, uno da 500 milioni e uno da 400. Aveva debiti per un centi�naio di milioni, ma si definiva un operatore finanziario, vesti�to con eleganza e con la 24 ore sempre in mano. Andava al casinò, ma tutti si ricordano che giocava un niente e solo alle slot machine. Quando si presen�tava agli immobiliaristi si ^ceva chiamare Pertini, e non por�tava gh occhiali, quando dove�va recuperare crediti era il si�gnor Pinna. E Michele Profeta, 53 anni di Palermo, cella singo�la al Due Palazzi di Padova nessuno sa ancora chi sia davve�ro. Non bastano quelle prime pagine stese dalla polizia, quasi 100, con gli appostamenti e la relazione di servizio su quello che gli hanno sequestrato nel garage di casa a dare una rispo�sta. Aveva le pistole, un normo�grafo e pure quei due assegni multimilionari con la sua fir�ma, vera almeno quella. Aveva un proiettile abbandonato sul sedile della sua Skoda Felicia e non si capisce perchè. Per non parlare della storia dei mazzi di carte, del Re di Picche che manca e di quello di Fiori che era un «mio portafortuna». Non bastano i racconti di quelli che lo hanno visto o sfiorato a capire chi sia vera�mente Michele Profeta. Un abi�tudinario, forse. Uno che usciva ogni mattina dall'appartamen�to numero 11 di via Parata 20 dove adesso c'è l'Antonia che urla dietro la porta. Si infilava in auto, attraversava il ponte della ferrovia e finiva'in piazza Giovannacci. Al bar Centrale che adesso è chiuso pensavano che fosse uno che lavorava da quelle parti: «Veniva sempre a prendere il cappuccino, come gli impiegati della banca qua vicino». Ed era quasi vero, che il suo ufficio era la cabina telefonica l�davanti, appena sotto la lapide a «Giovannacci, martire della libertà». Da quella cabina ha preso gli appuntamenti con chissà quan�te immobiliari, prima di ammaz�zare Walter Boscolo. Poi ha telefonato ai suoi parenti. Che è una cosa strana pure questa, visto che in tasca aveva un cellulare e dieci schede Gsm che adesso gli stanno passando ai raggi X. Come i suoi conti banca�ri. Giusto per vedere se era vero che aveva un buco di un centina�io'di milioni, lui che all'interro�gatorio ha dichiarato: «Guada�gno un milione al mese, più le provvigioni, volantinando per quelli della Saro spa, mutui e finanziamenti». Giusto per capi�re se quei 900 milioni non fossero un bidone. Ammesso che ci sia uno che si faccia fregare una volta sola, con un assegno che da solo basta per comperare un appartamento. Di controlli bancari gli inve�stigatori ne stanno facendo a tutti. All'ex moglie Concetta che abita ancora in provincia di Rovigo, alla sua attuale convi�vente Antonia rimasta a Me�stre. E li hanno fatti pure alle vittime, per cercare un qualche collegamento diretto. Niente di niente. Iltapsista Pierpaolo Lissandron aveva 380 milioni, poi sua moglie dopo la separazione se ne era presi 200. Ne rimane�vano 180, tanti. Non troppi per uno definito molto parsimonio�so e poi c'è la questione dei terreni appena venduti. E si toma ai soldi. Mica i 12 miliardi chiesti per lettera e mai pretesi da Michele Profeta. Solo milioni. Anche meno. Quel�li che diceva di guadagnare ufficialmente lui. Quelli che gi�rano di mano in mano in questa piazza dove a Marghera tutti dicono vadano gli usurai, gli strozzini. Che prestano soldi con interessi da capogiro e ti mandano uno come Profeta se non paghi. O che trovi dentro e fuori ai casinò di tutto il mon�do, pure a Cà Vendramin Calergi a Venezia. Dove ci sono i controlli severi per'quelli che entrano. E cos�hanno visto che Michele Profeta in pochi anni c'è andato 377 volte. Se lo ricordano quasi tutti, anche le impiegate che vendono gli ingressi e adesso che c'è il Carnevale hanno il tricorno co�me nel '700. Per loro era «il professore». Si presentava al mattino presto, sempre elegan�te, sempre alle slot al secondo piano. Dice una, senza staccare gli occhi dalla macchinetta: «Sì, mi sembra daDa foto... Ma non era uno che giocava forte...». Non se lo ricordano invece quel�li che si dannano due sale più in là, dopo il tavolo da Caribbean. Gli habitué veri, che vedi appog�giati con il taccuino e la penna per segnare il numero che esce. Con la pallina che va a caso e ogni tanto si ferma sul 12, pari, rosso. E loro pensano che ci sia una logica. Che poi è la stessa che stanno cercando gh investi�gatori alle prese col simbolico 12 di Michele Profeta e delle sue lettere con la richiesta mi�liardaria. A servire al bar del Casinò c'è uno giovane ma che la sa già lunga: «Sono qui da pochi mesi, ma i miei collegbi mi hanno detto che lo hanno riconosciuto daDe foto». Inutile insistere: «C'è molta vigilanza, si parla di usurai anche qui, ma io non ne ho mai visti...». Bisognerebbe chiedere a Michele Profeta, tre nomi, tre pistole e un normogra�fo, poverissimo e pieno di debiti o ricchissimo, gentile come un professore e duro come uno che recupera crediti. O che ammaz�za e non si sa perchè. Al Casinò lo chiamavano «il professore» e lui andava solo di mattina Indagini su conti bancari e frequentazioni a Mestre Un proiettile in auto

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