George W. mantiene le promesse
George W. mantiene le promesse George W. mantiene le promesse Boris Blancheri QUANDO nel mese di ago�sto dello scorso anno, proprio alle prime scher�maglie della campagna per le elezioni presidenziali ame�ricane, George W. Bush dichiarò in un discorso tenuto a Miami che gli Stati Uniti avrebbero condotto la propria pohtica este�ra privilegiando i loro partner più stretti e sicuri e menzionò come tali i Paesi dell'America Latina, il Canada e la Gran Bretagna, quelle parole furono accolte da molti commentatori come una conferma della inespe�rienza del candidato Bush in materia di pohtica estera. Anzi�tutto, queste cose non si dicono: non si citano gli amici prediletti perché si rischia di offendere gli altri. E poi, anche se si dicono,, non si fanno. Il mondo è più grande e più complicato di quan�to Bush non creda, si osservò. Non si privilegia un continente lasciandone fuori quattro. Que�ste prese di posizione elettorali non soprawiveranno un solo giorno al confronto con la realtà. E invece non è così. Esperto o inesperto che fosse allora, la condotta di Bush si dimostra coerente anche con affermazio�ni che a suo tempo apparvero approssimative e frettolose. E il primo raid contro l'Iraq, deciso gioved�e messo in atto nella nottata di ieri è a sua volta coerente con la linea della cam�pagna e con la presidenza di Bush padre, (1988-1992). In pri�mo luogo perché conferma la sua indifferenza, anzi la sua avversione, vèrso le tendenze universalistiche che si sono ve�nute radicando nell'opinione pubblica mondiale in questi an�ni. Un po' come accadde quando Reagan, improvvisamente, di�chiarò che l'idea stessa della distensione Est-Ovest (parola si�no allora taumaturgica nel lin�guaggio intemazionale) andava respinta. Bush lo fa oggi annun�ciando che non appoggerà la ratifica dell'accordo che istitui�sce la Corte Penale Intemaziona�le che in extremis Clinton aveva sottoscritto. Si dirà che comun�que il Congresso ne avrebbe bocciato la ratifica. Ma, appun�to, sarebbe stato facile lasciare che il no alla Corte Penale Inter�nazionale venisse dal Congres�so: Bush ha invece riallineato esphcitamente il govemo degh Stati Uniti a quei pochi Paesi (tra i quali Cina, Iraq e Libia, certo non dei campioni dei diritti uma�ni) che vi si opposero fin dall'ini�zio. Una corte che giudichi i crimini commessi nei Balcani, sta bene. Una corte universale con competenze universali, no. E' una posizione di ostihtà, rive�lata in altre occasioni verso tutto ciò che è generale e indiffe�renziato, di avversione a quel «Global Governance» che preco�nizza invece regole comuni vali�de per tutto il pianeta in materia di ambiente, di salute, di etica, di scienza e via dicendo. Il mondo non é tutto uguale. Ci sono amici mighori, amici peggiori e nemici. E non esito a chiamarli per nome. Il primo Paese che Bush visita è il Messi�co, il primo capo di govemo che riceve è il canadese Chretien e subito dopo, tra pochi giorni, il primo capo di govemo europeo che va alla Casa Bianca è Tony Blair. Proprio nell'ordine in cui aveva indicato: latino-america�ni, canadesi e britannici come gli amici migliori nel suo discor�so di Miami sette mesi fa. Il presidente americano si mostra coerente con le affermazioni della campagna elettorale e riprende il filo della politica del padre con uno stile che ricorda Reagan
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