Così la ricerca può diventare un business di Ugo Bertone

Cos�la ricerca può diventare un business Allo Science Park di Milano esperimenti e affari, 400 ricercatori collaborano con le industrie Cos�la ricerca può diventare un business Ugo Bertone MILANO Ie luci del laboratorio sono acce�se anche stasera, la domenica ^che precede i nuovi, attesissimi annunci sul progetto genoma. Ma non è una sorpresa perché, sottolinea il responsabile del progetto, l'inge�gner Bettini, al «Science Park Raf spa», «i laboratori sono sempre aper�ti, 24 ore su 24, tutti i giorni dell'anno. I ricercatori, sa, sono gente un po' particolare...». Accade anche questo al parco scientifico San Raffaele, a due passi da Milano due, uno dei gioielli di cui don Luigi Verzè è più fiero. Qui, infatti, dal '93 ad oggi ha preso quota uno degli esperimenti più ambiziosi nel nostro Paese per coniugare scienza, sapere tecnologi�co e redditività economica: 400 ricer�catori più altrettanti impiegati dalle aziende che collaborano con il parco scientifico, 44 mila metri quadri di laboratori occupati fino all'ultimo centimetro («è il nostro principale vincolo alla crescita» sospira l'assi�stente di Bettini, la dottoressa Fran�chi). «Abbiamo un budget attorno agh 80 miliardi spiega Bettini un rapporto costante di collaborazione e di consultazione con l'Unione Euro�pea che è tra i nostri principali finan�ziatori». Ma nel capitolo entrate biso�gna soprattutto tener conto delle nu�merose joint venture con le multina�zionali farmaceutiche, da Bayer a Bracco, dalla Roche alla ScheringPlough a Charles River che hanno scelto il San Raffaele per sviluppare parti importanti della loro ricerca. Perchè proprio il «Park Raf»? «La nostra caratteristica è la stretta inte�grazione tra l'attività ospedaliera e la ricerca applicata biomedica. In Euro�pa, l'unica iniziativa analoga si trova a Stoccolma, dove si è sviluppata lai^a parte della ricerca dell'Astra». Ma la vera novità per la realtà italia�na, ancora condizionata dal distacco tra ricerca e attività imprenditoriale, è che il «Park Raf» si è onnai trasfor�mato in un vero e proprio incubatore di imprese. Il ricercatore che entra nelle squa�dre di lavoro del parco biomedico viene presto «svezzato» ai principi del «business pian» e altri segreti per l'imprenditore in erba. L'idea scienti�fica, insomma, va inquadrata e digeri�ta nella logica dei costi e ricavi in vista dello sbarco sul mercato dei capitali, magari grazie ad un venture capitalist e alla successiva quotazio�ne. Niente di straordinario, se si pen�sa che sia negli Stati Uniti che in Europa è proprio l'università la fuci�na dei nuovi capitalisti del «biotech» e che Oxford e Cambridge hanno ormai preso il posto delle cattedrali dell'industria dando vita a decine di «start up», tra cui almeno 4 società capaci di entrare nel Footsie 100 (il basket che comprende i titoli quotati più importanti). Ma per l'Italia, terra dell'accade�mia, la novità è grande. Qui, nel 1998, è nata la GenEra, una società che opera nel campo della terapia genica nata da una costola del Programma di Terapia Genica avviato dal San Raffaele. GenEra, in cui lavora un nucleo fisso di una ventina di ricerca�tori, sta sviluppando geni antitumora�li onnai giunti nella fase tre di speri�mentazione clinica. Altra impresa in erba è la MolMed, un'impresa nata nel '96 nel campo della medicina molecolare. Infine c'è laTelbios, ini�ziativa che, per la verità, non appar�tiene al campo delle biotecnologie ma alla ((web medicina», ovvero all'uso delle tecnologie per favorire gh impie�ghi della medicina a distanza. Altre iniziative in arrivo? «Ne prevediamo altre quattro o cinque nel medio termine» rephca Bettini. I confini tra scienza, economia e medicina, insom�ma, si fanno sempre più sottili. L'espe�rienza del «Park Raf» già ha i suoi «concorrenti», a partire dal biopolo di Milano-Bicocca dove già opera un osservatorio permanente sulle biotec�nologie e dove si stanno concentran�do le iniziative di alcune delle più interessanti tra le 46 aziende biotech italiane (contro le 270 inglesi, le 220 francesi e le oltre 1.200 attive negli Usa): la Newrom e Biosearch e Novuspharma, queste ultime due quotate al Nuovo Mercato. Il mercato aziona�rio, del resto, è stato il propellente decisivo per il decollo della ricerca Usa. E in Italia le prospettive sono positive, a giudicare dai successi dei fondi specializzati nella salute (una ventina, tra cui cinque dedicati solo al biotech).