NON LASCIAMO LA SCIENZA AGLI SCIENZIATI di Gianni Vattimo

NON LASCIAMO LA SCIENZA AGLI SCIENZIATI NON LASCIAMO LA SCIENZA AGLI SCIENZIATI Gianni Vattimo LA «pubblicazione» della mappa del genoma umano, un evento storico di cui siamo oggi emozionati, anche se non pienamente consapevoli, testimoni, avrà tra l'altro l'ef�fetto di conferire nuovo peso al dibattito che si è aperto di recente, quello che oppone la libertà della ricerca scientifica ai limiti «oscuran�tisti» che le sarebbero posti da auto�rità religiose o pohtiche, o da tutte e due alleate. La libertà del sapere e della ricer�ca sono valori che nemmeno i fonda�mentalisti verdi e gli oscurantisti papalini mettono in dubbio. D'altra parte, da quando i primi anatomisti sezionavano di nascosto cadaveri che si erano avventurosamente pro�curati, rischiando le pene dell'infer�no e un loro sostanzioso anticipo già nell'ai di qua, anche la consapevolez�za degh scienziati e la loro immagi�ne del proprio lavoro e della propria missione si è molto trasformata. L'idea che il sapere proceda lungo una linea di sempre maggiore cono�scenza della verità di tutta la verità, in modo progressivo verso ima illuminazione via via più com�pleta e verso una conseguente mag�giore libertà per tutti ha subito significativi ridimensionamenti. Se il documento firmato da Dul�becco, Regge, Garattini, e dai tanti altri che li hanno seguiti, avesse il significato di difendere la libertà della ricerca pura contro il dogma e le resistenze di chi vuol lasciare la natura solo nelle man^ di Dio (e dei suoi rappresentanti in terra), non avremmo dubbi sulle sue sacrosan�te ragioni. Jl punto è che la ricerca nel frattempo è diventata una gran�de impresa sociale, dai costi crescen�ti che mettono in gioco investimen�ti, privati o pubblici, i quali non vengono decisi per esclusiva curiosi�tà o amore dèi sapere. E, da quando è arrivata a toccare, oggi «mappando» addirittura il genoma, le struttu�re base della vita, che essa è ormai in grado di modificare in maniera irre�versibile, è diventata una grande questione sociale anche perle conse�guenze più vaste e dirette che può ' avere sull'esistenza di tutti. Viene la tentazione ma forse non va consi�derata tale di dire che la scienza è ormai un affare troppo serio per lasciarla fare ai soh scienziati. In questa situazione, che si può chiamare davvero, in molti sensi, post-illuministica, non hanno ragio�ne né coloro che oppongono alla scienza le immutabili e sacre leggi (divine) della natura, né coloro che rivendicano il diritto del sapere a spingersi sempre più avanti, su cam�mini che solo gh scienziati stessi possono legittimamente sceghere. Nei limiti in cui possono operare senza impiego di risorse pubbliche e senza rischi più o meno imprevedibili per la vita di tutti (questo forse è il caso della ricerca su organismi gene�ticamente modificati in campi aper�ti, da cui essi possono diffondersi senza controllo), gli scienziati devo�no essere liberi di studiare e speri�mentare quanto vogliono. .Ma quando entra in gioco, sia per gli investimenti sia per le conseguen�za, il bène comune, devono contrat�tare i limiti del loro lavoro con i poteri pubblici democraticamente costituiti. E qui i criteri non possono certo essere quelli che vengono mes�si in campo dalle ideologie, «assolu�te»: per esempio, il divieto dell'uso degh embrioni anche quando è deci�sivo per la più rapida produzione di nuovi farmaci; o la pretesa che la scienza debba comunque sempre essere libera, e cioè nelle mani dei soh scienziati. Il criterio umano è quello dell'etica della responsabilità del calcolo di costi e benefici. Un calcolo nel quale certo dobbiamo ascoltare il parere degh scienziati, ma su cui decidiamo poi tutti in base alla nostra coscieni;a.

Persone citate: Garattini