I Dieci comandamenti perduti di Elena Loewenthal

I Dieci comandamenti perduti ANDRÉ CHOURAQUI DEDICA UN SAGGIO ALLA LORO IMMORTALITÀ, INVECE SONO LONTANI QUANTO L'ECO DELLA VOCE DIVINA I Dieci comandamenti perduti Elena Loewenthal « I O»: cos�comincia il Deca�logo, con un pronome — perentorio che nulla in�giunge se non se stesso. Siamo al capitolo venti del libro del�l'Esodo, il secondo di quel Penta�teuco il cui nome originario è Torah la parte più ispirata di tutta la Bibbia ma anche, come l'etimologia ebraica suggerisce fra le righe, «oggetto scagliato». Questo è infatti il significato originario, fedele testimone di una rivelazione pesante, pietra che precipita dal cielo al deser�to. Prima di ogni altra parola. Dìo si dichiara in una forma tanto breve quanto enfatica: Anokhi, «io», che contiene tutto ciò che del Creatore è pronuncia�bile. La Alef iniziale in ebraico non porta suono ma è quel moto di labbra e laringe che precede ogni articolazione, è la vóce del respiro prima d'ogni parola. I dieci comandamenti, che in ebraico si dicono più semplice�mente «parole», sono da allora una vera e propria pietra di paragone d'ogni dettato giuridi�co, sublime riassunto d'ogni co�dice venuto dopo. A queste bre�vi frasi della Bibbia che dicono «non uccidere» e «ricordati del giorno di riposo», «onora padre e madre» e «non rubare», André Chouraqui ha dedicato la sua ultima fatica {I dieci comanda�menti. I doveri dell'uomo nelle tre religioni di Abramo, Monda�dori). Nel confronto fra le diver�se tradizioni nate e cresciute nell'obbedienza (o nella consa�pevole trasgressione) al Decalo�go, il bibhsta francese intravede un denominatore comune che attraversa i secoli, ma soprattut�to un'attualità senza tempo che ci impone di ascoltare queste antiche parole bibhcbe come se il tempo non esistesse. . Un maestro ha detto, qual�che secolo fa, che il vero prodi�gio della teofania al Sinai fu un silenzio inaudito, imposto da Dio a tutti i rumori del mondo affinché si rendesse percettibi�le la voce celeste che da sempre e per sempre lassù in cima al monte scandisce i comanda�menti. Basterebbe porsi in ascolto e la si udirebbe ancora, come una sorta di radiazione di fondo dell'universo. L'immàgi�ne è certo suggestiva, ma la formula del Decalogo sembra portare davvero i segni del tempo. Dio parla qui una lingua antica, farraginosa come il mo�to dello scalpello sulla pietra grezza. Egli dice «Io» e in que�sto pronome fa rimbombare un timore reverenziale che è il meccanismo stesso della legge: Pronuncia un pugno di parole essenziali e le affida material�mente alle mani dell'uomo, per�ché questi obbedisca. Chouraqui ripercorre i dieci comandamenti con la fiduciosa consapevolezza della loro Im�mortale attualità per un verso e la disillusione nel vederli cos�platealmente violati, oggi come sempre. Ma a ben guardare, forse, essi sono distanti e irraggiungibili almeno quanto l'eco della voce divina relegata in cima a una montagna dove nessuno, eccetto Mosè, potè mai mettere piede. Su quelle tavole l'Eterno par�la essenzialmente di sé: dice innanzitutto «non avrai altro Dio eccetto me», «non ti fare scultura...», «non nominare in�vano il mio nome». Solo dopo viene l'uomo, con i doveri e i divieti che gli sono imposti. Il tratto di unione fra cielo e la terra è il giorno di Sabato che entrambi devono santificare con il riposo come dice il quarto comandamento. Narra la Bibbia che di tavole ve ne furono quattro, le prime due infrante con stizza da Mosè al suo ritomo dal monte, di fronte allo spettacolo del vitel�lo d'oro. Le parole che Dio vi aveva appena scritto spiccaro�no il volo verso il cielo donde erano venute. Le successive, prosegue il testo sacro, erano «come» la prime. Ma non identi�che, perchè non c'è recupero che non sia anche perdita, ripe�tizione che non sia anche novi�tà. Da allora il Decalogo, legge che esige il timor del cielo prima ancora dell'ubbidienza, ispira anche la nostalgia per quel dettato divino perdutosi nello schianto di una lastra di pietra contro il deserto. Il biblista francese André Chouraqui vede nel Decalogo un'attualità senza tempo

Persone citate: André Chouraqui, Chouraqui, Deca, Monda