«La verità è dentro la villa Non dovevano farli uscire»
«La verità è dentro la villa Non dovevano farli uscire» Di PIETRO «IO LI AVREI TORCHIATI 20 ORE AL GIORNO» «La verità è dentro la villa Non dovevano farli uscire» colloquio Guido Tibsrga inviato a ROMA LA verità è nella casa. Io, da lì, non avrei fatto uscire nessu�no, prima di scoprire la veri�tà...». Antonio. Di Pietro è nello studio di un avvocato romano, in uno stanzino che si affaccia sul Caffè Greco, a due passi da piazza di Spagna. Qui, poco prima, aveva presentato un gruppo di, fedelissi�mi che correranno per lui nel basso Lazio. Eppure, persino in una giornata come questa schiac�ciata tra la campagna elettorale per Palazzo Marino e la squadra Der Roma ancora da costruire, tra a legge sul conflitto d'interessi «che va fatta, ma non ora» e il centrosinistra «che non sa più che pesci pigliare» il giallo di Portofi�no toma spesso nei suoi discorsi. Fino al litigio serale con Maurizio Raggio davanti alle telecamere di «Porta a porta», dove i due l'ex inquisitore e l'ex amante si rinfacceranno a vicènda la respon�sabilità morale. «La verità è in quella casa», insiste Di Pietro. Nel villone sulla scogliera dove continua a vivere quello che a lui appare come «un gruppo di strana gente»: dame di compagnia, amanti messicani, vec�chi fidanzati appena rientrati dal�l'estero, maggiordomi e camerie�re. «Io, quelli, li avrei messi tutti al torchio insiste -. Li avrei interro�gati per venti ore al giorno, uno per uno, avrei cercato le contraddi�zioni, mi sarei fatto consegnare i tabulati delle telefonate, li avrei costretti a tornare decine di volte su ogni particolare...». Per gli inquirenti di Portofino, Di Pietro ha parole dure. «Non vorrei giudicare si schermisce ma questa indagine è stata condot�ta con approssimazione e superfìcialità», attacca. E' vero, qualche attenuante bisogna riconoscerla, «la contessa era un personaggio particolare», la «situazione è ogget�tivamente delicata». La stroncatu�ra, però, resta: «L'errore è stato fatto subito, nessuno ha cristalliz�zato lo stato del luogo continua, usando il gergo degh investigatori -. Se io mi fossi comportato allo stesso modo, otto anni fa in piazza Belgioioso, oggi l'Italia avrebbe un altro mistero irrisolto...». Piazza Belgioioso è l'indirizzo milanese dove Raul Cardini si sparò la mattina del 23 lugho 1993. Di Pietro ci entrò a cadavere ancora caldo. «Notai subito un particolare racconta adesso la pistola era appoggiata sul comodi�no. Un suicida che prima si am�mazza e poi mette a posto l'arma del delitto? Poteva uscirne un altro giallo e invece no. Perché io non ho fatto uscire nessuno, ho interrogato parenti e domestici. Finché uno si è ricordato un parti�colare che nell'agitazione del mo�mento, tutti avevano scordato: un cameriere, sentito lo sparo, era corso nella camera da letto. Aveva cercato di portare soccorso, e h, in quel momento, aveva spostato la pistola...». A Villa Altachiara, i riscontri sono stati fatti martedì. «Come se dopo un mese le cose possano ancora essere esattamente co�m'erano, anche escludendo che qualcuno avesse interesse a cam�biarla». Ipotesi, l'ex pm non vuole fame, «perché questa è la realtà, mica un telefilm dove la soluzione salta fuori all'improvviso». Parlan�do, però, qualche «sensazione» emerge. «Dalle reazioni della corte che vive ancora nella villa, mi sentirei di escludere un gesto premeditato. E' emersa una increduli�tà che a pelle mi sembra sincera. Se c'è stato delitto, è stato un delitto istintivo. Anche per que�sto, temo che trovare la verità, sarà difficile...». Per Maurizio Raggio, Di Pietro usa un epiteto che ricorre spesso nel suo linguaggio «da pohtico», modellato ora su Mastella, ora su Dini, ora sullo stesso Rutelli. «Rag�gio è un personaggio in cerca d'autore attacca -. Uno che sfrut�ta il suo alibi per recitare il molo dell'uomo affranto». Recitare? «Un uomo che soffre non si mette in mostra come fa quello. Le inter�viste, l'elicottero, i sub personali. E i Carabinieri che gli danno cor�da, lo hanno portato sui loro aerei, gh hanno dato troppo spazio...». Tra i due non corre buon san�gue da anni. Nel febbraio del '97, dal carcere messicano di Cuemavaca. Raggio mandò a dire che «al momento opportuno» avrebbe ri�velato «chi è veramente Di Pietro e chi ha veramente le mani sporche in questa faccenda». Ieri sera, a «Porta a Porta», l'ex fidanzato della contessa ha raccontato una telefonata che risale ai tempi della latitanza. Un colloquio in cui l'av�vocato della donna avrebbe offer�to il rientro chiedendo in cambio «protezione dalle telecamere». La risposta, allora, sarebbe stata un no «secco e arrogante, perché Di Pietro non sa comportarsi diversa�mente». «E' una menzogna repli�ca l'ex pm -. Una bugia tirata fuori da uno che ha sulla coscienza la morte di quella donna, perché lei non si sarebbe mai cacciata nei guai se non avesse conosciuto lui. Nelle stanze del Pool c'era la coda di avvocati che offrivano baratti. Ma quelli chiedevano l'impunità, mica il silenzio stampa. Tener lontani i giornalisti? Quando si costitu�Larini, le televisioni non c'erano. E Larini, se permettete, ci interessava un po' di più di quei due. Ma condizioni nò, non ne potevamo accettare da nessuno». Per Francesca Agusta, invece, Di Pietro parla quasi con simpatia. «Lei con Tangentopoli non c'entra nulla dice -. Non appartiene a quel giro di malaffare: si è fatta coinvolgere per amore, si è espo�sta perché per manipolare denaro su un conto svizzero una contessa era più credibile di un barista di Portofino...». Possibile che nascon�desse un segreto, magari legato a Tangentopoli, e che sia stata am�mazzata per questo? «Lo escludo conclude Di Pietro -. Se gli inqui�renti corrono dietro a una pista del genere finiranno per ritrovarsi in un feuilleton senza vie di uscita: una roba come Ustica, come piaz�za Fontana. La contessa aveva accesso al salvadanaio personale di Craxi. Dei soldi veramente "segreti", quelli del Psi finiti alle Bahamas, lei non poteva sapere niente. Degh altri sappiamo già tutto noi: quanti erano, quanti ne hanno spesi lei e Raggio. Fatte le Droporzioni, sono rimaste quattro ire. E nessuno uccide per cos�poco». L'ex pm Antonio DI Pietro
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