Quando « faceva sognare» la folla

Quando « faceva sognare» la folla L'EX PM DI TANGENTOPOLI CHE HA SEMPRE DIFESO IL LAVÓRO DEI MAGISTRATI Quando « faceva sognare» la folla Dai trionfi di Mani pulite alle amicizie «pericolose» personaggio Fabio Potetti MILANO AVEVO un sogno, diventare sindaco di MUano». Non ce l'ha fatta «Mariuolo» Chiesa, enfant prodige del Psi milanese, allora presidente del Pio Albergo Trivulzio, scivolato a San Vittore su una mazzetta da sette milioni. Ci prova al suo posto Antonio Di Pietro, ex magistrato simbolo d�Mani pulite quando raccoglieva le confessioni a verbale del «Mariuo�lo». E d�tutti gli altri della Milano da bere. In pochi anni che valgono più di un millennio, Milano non è la più stessa. Nemmeno per Tonino da Montenero d�Bisaccia, detto Nini ai tempi dei suoi primi passi in città. Era il 1973, con la prima moghe Isabella stava all'hotel Par�ma d�vìa Piero della Francesca. Quando non lavorava negh uffici del Centro Regione Aerea di piazza Novelli, vestiva allamoda d�allora: scarpe bianche, pantaloni bianchì, giacca bianca, cravatta bianca e camicia nera. Un orrore, guardato con gh occhi d�oggi. 0 dell'altro ieri. Quando l'elegante Tonino già magistrato, amava vestirsi da Tincati, ateher alla moda dove si ricor�dano pure la forma dei suoi pantalo�ni, drop 6. Per accertare chi pagas�se i conti hanno fatto pure un processo a Brescia, ma quella è un'altra storia. Però di mezzo c'era Antonio D'Adamo, uno dei suoi grandi amici milanesi. Il costrutto�re D'Adamo lo hanno arrestato ieri per bancarotta fraudolenta. Nel giorno della discesa in campo di Tonino. E' la nemesi, pensano �maligni. E d�malignità la vita d�Di Pietro in città, ne ha raccolte tante così. Hanno ironizzato sui suoi 22 esami in 31 mesi, laurea in Giurispruden�za a tempo d�record, anno 1978, relatore Paolo Biscarett�d�Ruffia. Poi sul suo incarico di vicecommìssario al Quarto distretto d�Polizia, sventrato da più inchieste giudizia�rie. Per non parlare delle sue amici�zie, finite nel tritasassi di Tangento�poli e passate ai raggi X nell'altro processo, quello di Brescia, dove Di Pietro sarebbe poi uscito pulito, più bianco del bianco. A partire da Paolo Pillìtteri, quel�lo s�sindaco di Milano. Il primo a chiamarlo Nini. L'ultimo ad occu�parsi d�lui, tanto che liberamente ispirato alla vita del magistrato che lo ha inquisito, sta scrivendo una sceneggiatura dal malizioso titolo «Dos pesos y dos mìsuras». Per non parlare d�Eleuterio Rea, Giancarlo Gorrini, Maurizio Prada e Sergio RadaeUì, in egual misura amici, indagati e accusatori. Spesso in più ruoli contemporaneamente. Di amici veri a Milano, Tonino da'-Montenero adesso ne ha pochi. Sicuramente meno degli elettori che lo voteranno e che cercheranno di portarlo a palazzo Marino. La sede del Comune che si trcwa a un passo da piazza Duomo, dove al 19 c'era l'ufficio di Bettino Craxì. E a cento metri da via Agnello, ma dall'altra parte, dove D'Adamo gli aveva messo a disposizione un pied a terre. O a un tiro di avviso di garanzia da corso di Porta Vittoria, dove c'era il suo ufficio al quarto piano quando faceva il magistrato. li davanti per anni si sono radu�nati gli aficìonados di Mani pulite. Avevano i palloncini e gh striscioni con su scritto «Di Pietro facci sogna�re». Se volesse fare una campagna elettorale all'americana, potrebbe riutilizzarli. Ma lui ha già detto che certe cose alla Saddam Hussein non le farà mai. «Mèglio costruire un altro pronto soccorso», ha fatto sapere. Milano, in anticipo ringra�zia. Ed è pronta a perdonargli i congiuntivi e certe intemperanze. Come la volta che al bar La Toga di fronte al Tribunale, infilò una cuc�chiaiata d�zucchero nel décolleté .di una prosperosa cameriera. Non sarà stato un gesto elegan�te, ma l'uomo è quello che è. Capa�ce di adattarsi alla bisogna. Impetti�to nel giorno del giuramento da ministro dell'Ulivo, affabile con i suoi colleghi davanti al prosciutto taghato al coltello della Torre di Pisa, ristorante specialità toscane, via Fiori Chiari, zona Brera, dove Tonino andava un tempo. Ed è quasi un ricordo sbiadito, come la firma di Craxi sul muro del ristoran�te milanese Al Matarel, poco distan�te. C'è chi ricorda Di Pietro furioso mentre si gratta la caviglia e inter�roga l'ennesimo imprenditore. C'è chi preferisce tenere a mente le sue immagini tutte sorrisi, mentre sfila a palazzo d�Giustizia con il codaz�zo d�collaboratori e giornalisti, talvolta amici talvolta meno. E c'è chi da tempo gh ha perdonato quelle piccole bugie pronunciate nel '94, quando disse che lasciava la toga «perché lo tiravano per la giacchetta» e che mai e poi si sarebbe dato alla pohtica. Adesso Di Pietro è senatore e ha un partito tutto suo. Si chiama l'Italia .dei Valori. E lu�sarà il numero uno contro Gabriele Albertùii e chi vorrà il centrosinistra. Di certo sarà una campagna elettorale durissima. Non fosse altro che do�vrà vedersela con il consighere comunale di An Piergianni Prosperini, autore di battute al fulmicoto�ne: «Di Pietro candidato? Ma come simbolo della lista che ci mette, il marchio della Mercedes?». Salito da Montenero nel 1973, ha fatto una carriera «brillante», offuscata da tante malignità