Tre i colpi fatali per la contessa Agusta di Vincenzo Tessandori
Tre i colpi fatali per la contessa Agusta Tre i colpi fatali per la contessa Agusta Il cranio è polverizzato: impossibile sapere da cosa fu colpita Vincenzo Tessandori Inviato a PORTOFINO Passi avanti, zero. A dispetto di un nuovo sopralluogo a Villa Altachiara e in attesa di quello, forse decisivo, di marted�da parte dei carabinieri del Ris di Parma. «Stiamo aspettando ciò che fanno i francesi e i tempi saranno lunghi», sospira con tono disincantato il professor Marcello Canale, direttore del Dipartimento di Medicina Le�gale dell'Università di Genova. E intende: per avere un raggio di luce che chiarisca almeno un po' i troppi misteri che circondano la morte di France�sca Vacca Agusta. Perché da oltre frontiera, finora, sono arrivate notizie all'apparenza incomplete, se non contraddit�torie e il medico legale italia�no, nella sua visita a Hyères, è riuscito soltanto a studiare la «documentazione fotografica» che gli hanno mostrato correda�ta da una «comunicazione ver�bale» di Jean-Marc Janin, l'anatomopatologo francese che ha effettuato l'autopsia. Ma ne farete una seconda? «Mah! Man man che passa il tempo diventa sempre meno semplice». Eppure, se esiste una possi�bilità, anche una soltanto, di stabilire le cause della morte, questa ce l'hanno i periti. Una botta in testa, certo. Anzi, tre, letali: sulla fronte, quasi fra gli occhi; sulla nuca; sul cranio. Date con che cosa: un bastone, un asse, un sasso? Oppure le fratture sono state causate dal�l'impatto contro gli scogli? «E' tutto possibile. Ma allo stato non si può dire scoglio o spran�ga». Il fatto è che non è stato possibile prendere una decisio�ne sulla causa della morte. «Restava talmente cos�poco del cranio», ha commentato il dottor Jean-Marc Janin. «Le lesioni riscontrate a livello del cranio non sono specifiche né di una caduta dall'alto né di un trauma provocato da un corpo contundente come una barra di ferro. Il cranio era pratica�mente polverizzato, la scatola cranica spaccata, il cervello non c'era più, finito in acqua, assieme a parecchie ossa .della volta cranica». Il punto è questo: se è assas�sinio, sembra ormai quasi im�possibile risalire all'arma del delitto. Come è arduo stabilire la data della morte che stando al rapporto francese dovrebbe localizzarsi fra il 14 e il 15, vale a dire cinque, sei giorni dopo la scomparsa. Inquietante? Lo è, natural�mente. Come l'anonimo che ieri ha telefonato alla redazio�ne della «Stampa» di Sanremo per dire di aver riconosciuto la contessa davanti al Casino di Montecarlo, il 9, cioè all'indo�mani della scomparsa. «Era in auto». E come l'altra segnala�zione, che la davano a Dolceacqua, nell'entroterra fra Bordighera e Sanremo, quattro o cinque giorni più tardi. Il che, a rifletterci, corrisponderebbe al giorno presunto della morte, secondo i calcoli francesi. E poi c'è un'altra storia singola�re: nei giorni successivi, nella rada di fronte a Paraggi, ha sostato un veliero, di una tren�tina di metri, fiancate blu e i tre alberi bianchi. L'ipotesi che è rimbalzata, per tutto il giorno mentre nel fine settimana riprende il pel�legrinaggio di cuoriosi alla «villa dei misteri» -, è stata che la contessa possa essere fuggita su quella nave, che, a suo tempo, era stata anche ispezionata dai carabinieri, non da quelli della Guardia Costiera, però. «Se non entra�no in porto non possiamo fare nulla, c'è il trattato di Schengen», spiega Ivan Ferrari, co�mandante dell'Ufficio Maritti�mo locale. Con pazienza certosina i carabinieri tentano di mettere insieme tutte le tessere. Anche quelle che paiono marginali o danno l'impressione di essere estranee al mosaico. E cosi che sono stati requisiti anche gli album con le fotografie di Francesca e Susanna Torretta. Immagini che hanno fissato momenti particolari, felici, che, in apparenza, non dovreb�bero avvicinare alla soluzione del caso, ma che al contrario potrebbero rivelarsi utili. Ad ogni buon conto, in un oceano di incertezze, l'unica certezza, ieri, è stata che la giustizia italiana, lenta quan�to si vuole, arriva sempre alla meta. E la meta, ieri, era Maurizio Raggio. Il grande amore di Francesca Vacca pranzava al ristorante «Ù Magazin», in calata Marconi, quella con le case dei nomi illustri, quando è entrato un appuntato dei carabinieri per consegnarli una citazione. Un brusco risveglio? Neppure per sogno, cosa «quasi passata», ha fatto capire lui: gioved�15 marzo, giorno di Santa Luisa, è atteso al tribunale di Berga�mo per fronteggiare una que�rela griffata Antonio Di Pie�tro. «Una storia vecchia. In�somma, il fatto è che io non mi presento mai. Se ne occupe�rà l'avvocato». Lui, ora, ha altro per la testa, non bastasse il dolore per la scomparsa dell'amica, ci si mettono anche i nemici di un tempo a complicare le cose. Ad esempio, Rocky Agu�sta ha detto di non esser certo che il corpo ripescato in Fran�cia sia quello della matrigna, per via di una cicatrice man�cante. «Ma quella c'è! France�sca s'era fatta un'operazione, in Messico, per un problema polmonare. E poi, che cosa ne sa lui, che per undici anni le ha fatto una guerra giudizia�ria spietata. Basta andare a leggere gli atti al tribunale di Milano». Insomma, per la guerra, non è mai troppo tardi. Nei giorni successivi alla scomparsa, nella rada di fronte a Paraggi, ha sostato un veliero di una trentina di metri Fugg�su quella nave? Una telefonata anonima alla redazione della «Stampa»: «L'ho riconosciuta il 9 gennaio davanti ai Casino di Montecarlo»
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