Le colpe di Milosevic e i silenzi d'Europa

Le colpe di Milosevic e i silenzi d'Europa LE DICHIARAZIONI DEL DITTATORE GLI INTERESSI DELLA NATO E L'INCONTRO CON IL PRESIDENTE ELETTO Le colpe di Milosevic e i silenzi d'Europa Barbara Spinelli E' un imperiahsmo che avvili�sce l'autonomia degli europei per meglio sottometterli, che ricorre alla letale arma dell'opi�nione oltre che alle bombe al�l'uranio, che vuol governare il mondo globalizzando la politica e trasgredendo le sacre frontie�re statuali. Le sue violenze «sono di natura, come dire, non europee»: non tollerano più pen�sieri di indipendenza nazionale, di dissenso. I crimini di Milose�vic, le stragi di donne e bambi�ni, sono ritenuti delittuosi solo perché c'è chi, dall'esterno, in�tende rovesciare il corso della storia: in realtà essi non furono altro che espressioni di libertà autonoma, ed è questa lotta degli umiliati, dei dannati della terra, degli slavi l'autentico bersaglio dell'offensiva Nato, come della guerra vinta dall'Oc�cidente contro il comunismo. L'arringa può suscitare due sentimenti apparentemente conflittuali: da una parte lo stupore, dall'altra un più pro�fondo turbamento. Lo stupore insorge davanti al delirio che sottende i ragionamenti di Milo�sevic: il delirio di chi non com�prende se stesso né le proprie azioni politiche, di chi vive in una sorta di bolla d'aria senza contatto con la realtà. Chi ha visto il film Underground di Emir Kusturica (1995) ricorde�rà forse la cantina, dentro cui gli abitanti di un villaggio jugo�slavo sono rinchiusi per decen�ni, oltre la fine della guerra. Negli scantinati non si percepi�sce nulla di quel che accade nel mutevole mondo del dopoguer�ra: la storia è bloccata con ingegnosi marchingegni, e nella cantina si continua a glorificare il trionfo dei partigiani di Tito, a inveire contro l'ereditario ne�mico tedesco o l'Occidente im�perialista. Quando l'inganno in�cidentalmente si rompe, i seque�strati, smarriti, non trovano altra soluzione che un'immane ecatombe. Milosevic sembra uscito dal film di Kusturica: ha fatto le sue guerre, senza spri�gionarsi dai sotterranei del co�munismo, e il mondo che descri�ve è quello immutato di ieri: antagonisti sono tuttora l'Ame�rica e i tedeschi imperialisti. La cultura dell'avversario è salva�guardata dalla sospensione del tempo e il demone non cambia: è la Germania, con le sue mire egemoniche e il «totale control�lo economico e politico che essa esercita sull'Est europeo». Sbi�gottito, il politico serbo denuneia lo scandaloso «rovesciamen�to della storia»: i nazisti vinti sono diventati vincitori, e i vincitori vinti. Il turbamento nasce dal so�spetto che Milosevic non sia l'unico a chiudersi in uno scanti�nato sottratto al fluire del tem�po. Sono molti a esser persuasi che un piccolo Stato sia stato immolato sull'altare dell'impe�ro americano, e l'ex leader jugo�slavo fornisce anche argomenti a chi voglia credergli. Alla vigi�lia della guerra in Kosovo, si rivolse con queste parole al negoziatore americano Holbrooke, che per anni aveva scommes�so su Belgrado per fermare la guerra in Bosnia e che ora abbandonava il capo serbo: «A voi gli albanesi non interessano affatto, voi avete un altro sco�po: accertare il vostro ruolo di leader in Europa». Al che Holbrooke: «E' vero, noi siamo una superpotenza e abbiamo questo interesse». Tanti pensatori e politici hanno pensato questo, della guerra atlantica. Tra gii intellettuali Régis Debray in Francia e Peter Handke in Au�stria, in odio della mondializza�zione e in difesa di un piccolo Stato geloso della propria sovra�nità oltre che delle proprie glo�rie antifasciste. Allo stesso mo�do hanno pensato Cossutta, Ri�fondazione, la Lega di Bossi: molte parole di Milosevic contro l'America, il potere «amorale» del denaro, i media sono ricorrenti nei loro discor�si. Ma c'è di più: anche quel che dice l'ex capo serbo sull'Europa o l'Italia, inizialmente amiche di Belgrado ma trainate dal�l'America arrogante, non è lon�tano da convinzioni diffuse nel continente. L'Europa, da sola, non avrebbe combattuto contro i crimini della dirigenza serba, per riportare a casa i rifugiati del Kosovo. E non desta meravi�glia la recente presa di posizio�ne di Hubert Védrine, ministro degli Esteri francese. In un saggio su Le Monde Diplomatique di dicembre, il capo della diplomazia socialista si scaglia contro il diritto all'ingerenza propagandato dalle associazio�ni non governative, dai gruppi umanitari, dai media occidenta�li, e denuncia la «nuova doxa che influenza le diplomazie». Il nuovo potere dell'opinione «pri�vilegia una "società civile", na�zionale e intemazionale, per la quale tutto ciò che fa indietreg�giare gli Stati è buono: il merca�to, l'opinione pubblica, i media, i giudici, le organizzazioni non governative». E' un potere che pretende di «incarnare valori universali, invariabili», e che «vuol convertire il mondo inte�ro alla democrazia occidentale, limitare la sovranità degli Stati nazione, ed estendere l'aspira�zione alla democrazia nella sua versione anglo-sassone». Gli in�tellettuali che sostengono le guerre umanitarie sono «organi�ci all'economia di mercato ultra�liberale», e dipendenti dalle im�magini televisive: «E' un'ideolo�gia che non approvo: in primo luogo perché essa somiglia vera�mente troppo al "dovere di civi�lizzazione" dei colonizzatori francesi del XIX secolo e al fardello dell'uomo bianco di Rudyard Kipling, e perché la decolonizzazione ha svolto un ruolo importante nella mia vi�ta». Conclusione: «La guerra nel Kosovo deve restare un caso isolato, e non costituire alcun tipo di precedente». Sono dichiarazioni che dan�no ragione a Milosevic: politici europei come Védrine, o come Dini, hanno accettato la guerra Nato solo perché trascinati dal�l'America. Dopo una lunga indif�ferenza, Milosevic è stato im�provvisamente demonizzato: non perché la sua politica fosse cambiata, ma perché quella oc�cidentale si era trasformata. I crimini di Belgrado erano di natura, come dire, europea: furono sopportati per dieci an�ni. L'intervista a Milosevic è uno specchio, in cui non pochi europei possono vedere i propri umori, il proprio vivere nel passato, le proprie immobilità mentali, e dire a se stessi, come Thomas Mann disse di Hitler: «Milosevic, nostro fratello». Ha fatto le sue guerre senza sprigionarsi dai sotterranei del comunismo, il mondo che descrive è quello immutato di ieri ATTACCO A EUROPA E STATI UNITI «I Paesi occidentali mi hanno appoggiato finché gli andava bene la stabilità dei Balcani. Nel momento in cui hanno incominciato a considerare interessante l'instabilità, ho perduto il loro appoggio» KOSTUNICA E QUEL 6 OTTOBRE «La notte in cui Kostunica mi annunciò la sua vittoria, accettai la decisione della Corte Costituzionale, ma non pensavo che violenza e anarchia sarebbero continuate Evidentemente era tutto programmato» 1 11 r N \\ r Lo stupore, nei Balcani della disperazione, è per II delirio di Milosevic, di un leader che non comprende se stesso né le proprie azioni politiche, che vive in una sorta di bolla d'aria senza contatto con la realtà. E' persuaso, ma forse non è solo, che un piccolo Stato sia stato immolato sull'altare deir«impero» americano