Nessuna riabilitazione, ma una rivoluzione di Pierluigi Battista

Nessuna riabilitazione, ma una rivoluzione Applausi scroscianti quando Giuliano Vassalli dice che l'ex leader psi è morto «in doloroso esilio» Nessuna riabilitazione, ma una rivoluzione Pierluigi Battista IN una sede del Parlamento, nel corso di una cerimonia istituzionale, davanti al presi�dente del Senato Mancino, a quel�lo della Camera Violante, al presi�dente del Consiglio Amato, a un ex presidente della Repubblica (Cossiga), a due ex presidenti del Consiglio (Berlusconi e D'Alema), a un numero elevato di ex mini�stri, a una platea consistente di deputati e senatori, un ex presi�dente della Corte Costituzionale, Giuliano Vassalli, ha detto, tra gli applausi scroscianti (gli unici ri�suonati cos�clamorosamente du�rante la solenne manifestazione), che Bettino Craxi è morto «in doloroso esilio». Un attimo prima Luciano Violante aveva sospeso dubitativamente il giudizio, invi�tando alla pacificazione il partito di chi sostiene che queOo craxiano ad Hammamet sia stato «un esilio» e chi invece parla di «lati�tanza». Divisi da passioni irriduci�bili, agitati da rancori inestingui�bili, i partecipanti alla memoria percepiscono che in quella sala non stanno assistendo a un mero slittamento semantico, ma a un evento a suo modo storico: a Craxi viene riconosciuto il rango di «esule». E le istituzioni italia�ne, attraverso Iq scambio simboli�co della carte dell'«esule», ricono�scono che la storia italiana ha conosciuto, nel nome di Bettino Craxi, una ferita non ancora ri�marginata. Gli esponenti della diaspora socialista, riuniti a palazzo San Macuto, si agitano nervosamen�te mentre parla Violante. Sono sospettosi, guardinghi, a tratti furiosi quando parla Giuliano Amato. Quando il presidente del Consiglio ricorda di aver parteci�pato assieme a Craxi al funerale del «cugino Pajetta», gli umori cominciano ad inasprirsi. «Al fu�nerale di Pajetta è andato, a quello di Bettino no»: quella di Margherita Boniver non è una constatazione, ma una manifesta�zione di una rottura sul piano umano irrevocabile. E Franco Piro: «Non sapevo che Pajetta fosse mio cugino». E Paolo Pillitte�ri, giunto in ritardo alla cerimo�nia perché trattenuto dal suo impegno ai servizi sociali commi�nato da un tribunale: «Violante è cambiato, in meglio. Anche Giu�liano è cambiato, in peggio». I risentimenti sembrano per un attimo prendere il sopravvento. Malgrado gli sforzi della figlia Stefania, malgrado l'ostentata vi�cinanza nelle prime file di Martel�li e Boselli, e Intuii non lontano da De Michelis, e Antonio Ghirelli a un passo da Giulio Di Donato, e insomma le diverse anime del fu Partito socialista riunite nell'en�nesima cerimonia funebre in ri�cordo di Bettino Craxi, le divisio�ni sembrano più aspre e resisten�ti di ogni altra cosa, i veleni non dispersi, le inimicizie tutt'altro che spente. Altro che riconciliazione. La cerimonia rischia ogni momento di affondare. Ma è un fatto che qui non ci si trova più nel cimite�ro di Hammamet, tra reduci e animi esacerbati. Qui il nome di Craxi, suscitando il comprensibi�le sgomento di Antonio Di Pietro, toma solennemente nel Parla�mento italiano. E in un quadro di riesame del «craxismo» inimma�ginabile soltanto un anno fa. Dice ancora Vassalli: «Se si fa astrazione dalla tragica fine di Aldo Moro assassinato dai terro�risti, occorre riconoscere che nel�la storia dell'Italia prefascista e in quella dell'Italia democratica, nessuno che fosse stato presiden�te del Consiglio dei ministri ave�va subito una sorte tanto ama�ra». Craxi paragonato a Moro. E i gli eredi dispersi della stagione socialista, ascoltano sotto choc, emotivamente frustati da quel paragone cos�impegnativo e du�ro di Vassalli. «Non c'entra la politica, ma la storia», dicono all'unisono Violante, Amato e Stefania, come a fugare ogni fantasma di liturgia «riabilitatoria» di funesta memoria. Forse la politica non c'entra, nel senso che politicamente la famiglia so�cialista andrà alle elezioni divisa e frantumata come prima. Ma se c'entra la storia, allora è una ben strana storia quella in cui i socia�listi che stanno con Rutelli e quelli che stanno con Berlusconi, alla presenza delle autorità dello Stato, possono applaudire tutti insieme la memoria dell'«esule» non più «latitante». Non sarà politica. Ma dal punto di vista della storia, è davvero quasi una rivoluzione.

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