MILOSEVIC «Non mi arrendo»

MILOSEVIC «Non mi arrendo»PER LA PRIMA VOLTA DOPO LA SUA CADUTA IL DESPOTA DI BELGRADO SI RACCONTA MILOSEVIC «Non mi arrendo» ,�troverso nella recente storia dei Balcani ha accettato un lungo, franco, incontro nella nuova sede deir«Sps», il partito di cui è numero uno. Suo figlio Marko è all'estero, la moglie Mirjana e la figlia Marija a Belgrado. La situazione è incerta, le prospet�tive scivolose. Questa lunga in�tervista esclusiva a «La Stam�pa» è il testamento politico dopo dieci anni al potere. Come si sente, signor Milo�sevic: un leader tradito dal popolo o l'obiettivo di un complotto internazionale, vittima della politica ame�ricana? «Non sono stato tradito dal mio popolo. Considero ripopolo serbo come eroe e vittima assieme. Non sono neanche sicuro che i risultati delle elezioni di settem�bre siano espressione della sua volontà. Quelle consultazioni si tennero sotto una grande pressio�ne estema ed intema, mediatica, psicologica, miUtare. Non si trat�tava di uria congiura, ma dell'atti�vità ben orchestrata di una parte influente della comunità intema�zionale. Si potrebbe anche consi�derare l'ipotesi del sacrificio di un leader divenuto metafora del�l'opposizione alla poUtica ameri�cana. Se è davvero così, vorrei che fosse l'ultima volta. Vorrei che non esistesse mai più una politica in cui chi la pensa diver�samente e guida un piccolo popo�lo debba essere sanzionato per disubbidienza». Pensa di essere stato puni�to solo in quanto disubbi�diente? «Non presenta forse il mondo moderno le idee di libertà, demo�crazia, diritti dei popoli e dei cittadini come una sorta di mani�festo? E come mai di questo manifesto entra a far parte l'im�magine di un Paese potente e arrogante che con l'uranio, impo�verito o no, punisce i popoh disubbidienti e i loro leader, co�me una volta con la frusta? L'am�ministrazione del più grande Pae�se del mondo, usando un atteggia�mento negativo verso di me {che impersonavo la politica di indi�pendenza e autonomia della Ju�goslavia), ha avuto la possibilità di proiettare questo atteggiamen�to sui suoi alleati europei. Quel�l'amministrazione si è guadagna�ta alleati nei grandi e sviluppati Paesi d'Europa per cose molto più importanti e controverse del�l'atteggiamento verso il capo di un piccolo Paese balcanico. E poi, tutti insieme, hanno potuto faciliriente organizzare im'atmosfera di pressione materiale, finanzia�ria, politica, psicologica, diploma�tica e mediatica sull'opinione pubbhca jugoslava. Una pressio�ne a favore dei risultati elettorali che si voleva ottenere». Sono queste le ragioni di una sconfitta storica? «Nelle ultime elezioni hanno gio�cato tre fattori: pressioni, paura e corruzione. La prima pressione è stata mediatica: il popolo e il governo sono stati demonizzati, poi la demonizzazione è stata concentrata sul governo, quindi su un gruppo di persone, infine su di me. Secondo genere di pres�sioni, quelle economiche: per qua�si un decennio siamo stati sotto�posti a sanzioni che, si affermavai sarebbero state tolte solo col cambiamento del potere. Infine la pressione militare: la Serbia è stata bombardata tutti i giorni per tre mesi. Le minacce si sono rafforzate prima delle elezioni. Sembrava che la Serbia sarebbe stata bombardata di nuovo se non avesse cambiato govemo». Prima lei ha parlato di cor�ruzione: di chi? «Soldi, tanti soldi che hanno avu�to un grande ruolo negli avveni�menti degh ultimi anni, in parti�colare dell'autunno scorso. Con questo danaro non si sono com�prati solo i voti di una parte dei cittadini ma anche la convinzio�ne che attività di questo tipo non fossero amorali, che i soldi fosse�ro un sostegno per la creazione di un sistema in cui vivere meglio. Negli ultimi mesi la paura ha .condizionato l'opinione pubbh�ca. Gli incendi delle sedi istituzio�nali, le bastonate alla gente, le violenze fisiche di natura, come dire, non europea... Ecco, tutto questo ha spaventato. In molti hanno pensato: se così, in un secondo, hanno bruciato il Parla�mento federale e la tv, perché non la mia casa, il mio negozio, la mia fabbrica? Se hanno bastona�to il direttore della tv di Stato e i suoi giornalisti più noti, perché non la mia famiglia? Poi è arriva�ta l'onda delle destituzioni: diret�tori di banca, di ospedaM, di scuole, rettori dell'università, pressioni fisiche e psicologiche. La paura .è diventata fattore poli�tico, per far andare le cose secon�do gli interessi di chi la scatena�va. E dura tutt'oggi». Fino agli accordi di Dayton l'Occidente guardava a lei come al solo fattore di sta�bilità nei Balcani: che cos'è successo dopo? «I Paesi occidentah meglio, i loro governi mi hanno appoggia�to finché gli andava bene la stabilità neiBalcani. Nel momen�to in cui hanno cominciato a considerare interessante l'insta�bilità ho perduto il loro appoggio. Non cambiava la mia politica, né il ruolo della Serbia, ma gli inte�ressi delle grandi potenze». Lo ha detto anche lei: la Serbia non è tm grande Paese... «Però è importante per la stabili�tà dell'area. Mi sono adoperato per dieci anni per una politica di indipendenza: per un certo perio�do è andata bene all'Occidente, poi non più. In me avevano un alleato finché accettavano un orientamento del genere: quan�do ho cominciato a dar loro fasti�dio, mi hanno trasformato in un avversario». Che cos'hanno rappresen�tato le guerre jugoslave de�gli ultimi dieci anni? «L'Europa occidentale, in partico�lare la Germania, inebriata dalla vittoria nella Guerra fredda, dal�l'unificazione tedesca, dalla di�struzione dell'Unione Sovietica, ha iniziato la spediziorie per met�tere l'Est sotto un totale control�lo economico e pohtico. Tutte le istituzioni produttive dei Paesi dell'Est sono state smontate, cau�sando un vertiginoso impoveri�mento e le facili acquisizioni di un'industria distrutta. Nessuno dei Paesi dell'Est è riuscito a recuperare il livello economico di dieci anni fa». Ma la Jugoslavia non era un Paese dell'Est. «Non lo era e non era membro del Patto di Varsavia: era un Paese che andava costruendo un sistema tutto suo, basato sull'economia di mercato e sul�la parità nazionale. La sua eco�nomia diventava sempre più fruttuosa. Era il modello per un futuro federalismo europeo». La Jugoslavia era dunque un'esperienza pericolosa? «Era un "brutto" esempio, per i protagonisti dei nuovi equilibri nel vecchio continente. Ed è per questo che la sua spartizione era sostenuta da fuori, giocando la carta delle tensioni tra etnie e repubbliche dell'ex federazione. In quel momento s'è iniziata la satanizzazione della Serbia, men�tre in Croazia si cantava "Dàrike Deutschland", grati per la costitu�zione dello "Stato croato"». Lei crede che tutto si possa ridurre a una prospettiva storicista? «Non sono ancora arrivato alla fine della storia. La Repubblica Federale di Jugoslavia, soprav�vissuta nel 1992 attraverso Ser�bia e Montenegro, a un certo momento era diventata il nuovo obiettivo. Tutto il decennio è trascorso nel segno della lotta per la libertà, l'indipendenza, la pace e la dignità nazionale. I protagonisti del nuovo ordine mondiale non hanno potuto ac�cettare questo precedente: l'op�posizione di un piccolo Paese balcanico all'onda del nuovo colo�nialismo. Alla fine hanno inventa�to i motivi del Kosovo per inizia�re, nel 1999, una guerra illegale e criminale. E quando la guerra non ha dato quanto si aspettava, sono stati usati tutti i mezzi. Oggi abbiamo sulla scena le tendenze separatiste nel Montenegro, la premura di far realizzare in Koso�vo l'indipendenza, incitando cos�la crisi in Vojvodina e nella regio�ne di Raska e Polimlje». Possibile che in questo di�sastro, la nazione serba non abbia alcuna responsa�bilità? «La responsabilità dei serbi è mol�to minore della responsabilità dei croati, degh sloveni e di chi ha partecipato alla spartizione del Paese. I serbi hanno tentato di salvare la repubblica federale, forse perché vivevano in tutto il territorio. E' ingiusto che proprio i serbi, che più tenevano alla Jugoslavia, siaxio accusati dall'Oc�cidente per latua spartizione». Non riconosce neanche ima colpa? «Le accuse ingiuste sono rivolte all'indirizzo sbagUato, sia quan�do si tratta del popolo, sia quando si tratta di me. Davanti a certe manipolazioni della veri�tà si rimane impotenti. I mezzi d'informazione trasformati in armi sono, come tutte le armi, nelle mani dei ricchi e dei potenti. Grazie alla loro ricchez�za ed al loro potere sarà onesto, coraggioso, intelligente e buono solo chi loro decidono. E sarà disonesto, vigliacco, stupido, cattivo chi decidono loro». Lei, personalmente, ha fat�to tutto il possibile? «Ho fatto tutto ciò che potevo da uomo e da guida di una delle repubbliche, parte del Paese. Il mio ruolo negli avvenimenti lega�ti alla spartizione dell'ex Jugosla�via, è tema di cui si occupa contìnuamente la cosiddetta co�munità intemazionale. Dovrebbe stupire che le stesse domande non vengano rivolte anche ai capi delle altre repubbliche dell'ex Ju�goslavia. Il presidente della Croa�zia, per esempio, pone in rilievo i propri "meriti" per la rottura del Paese. Perché allora la cosiddetta comunità intemazionale li sotto�valuta tanto e dedica tutta la sua attenzione a me? E' offensivo per i miei colleghi...». Non crede di aver sbagUato neppure nella questione Kosovo? «Non ero in ritardo. In senso pohtico, morale e nazionale ho smosso la questione del Kosovo nel 1986, quando non ero il presi�dente della Serbia. Consideravo la situazione in Kosovo imo dei problemi principali della Jugosla�via, e in particolare della Serbia. Quanto ai bombardamenti e al�l'uranio, non sono rimasto sorpre�so. Direi amareggiato: come lei, spero. Come ogni uomo normale di questo pianeta, spero». In quel caso non serv�nep�pure l'antica amicizia con l'ambasciatore americano Richard Holbrooke. «Con Holbrooke abbiamo collabo�rato con successo fino agli accor�di di Dayton. Lui contribu�in modo decisivo alla tregua quan�do le forze serbe si trovarono in una situazione critica. Gli dissi categoricamente che avremmo interrotto i colloqui, e lui fermò l'esercito croato davanti a Prijedor, che stava per cadere come Banja Luka. Dopo Dayton e la promessa di togliere le sanzioni, però, non hanno mantenuto la parola. Non hanno introdotto il cosiddetto "muro estemo", han�no continuato con le pressioni. Nel 1998, quando si apr�in modo infondato, e assai costruito, la questione del Kosovo, dissi a Holbrooke: "A voi gli albanesi non interessano affatto, voi ave�te un altro scopo". "Ouale?" mi chiese. Gh risposi: "Accertare il vostro molo di leader in Europa". "E^ vero, noi siamo un superpo�tenza e abbiamo questo interes�se", concluse Holbrooke. Mi pia�cerebbe che la nuova amministra�zione americana (i repubblicani di George Bush; ndr) chiedesse alla precedente (i democratici di Clinton; ndr): "In che modo avete servito gli interessi nazionali americani entrando in alleanza cori la narco-mafia albanese, con trafficanti di esseri umani, assas�sini e terroristi?"». E fra i problemi del suo Paese non pensa possa esser�ci il fatto di non aver mai gestito ima democrazia? «Durante il mio govemo "antidemocratico" ho proposto nel '93 la costituzione di un gover�no di unità popolare che è durato fino all'ottobre del 2000. Oggi in Serbia c'è il governo di un solo partito. Durante il mio govemo "antidemocratico" il 950Zo della stampa era nelle mani dell'opposi�zione, come quasi tutte le tv locali, circa 500. In quei media, finanziati dall'estero, io e la mia famiglia eravamo insultati con le parole più volgari, accusati di tutti i crimini di questo mondo. Mai ci sono state risposte a quelle accuse infondate. Non ci sono stati libri, spettacoli o film proibi�ti. Le porte del Paese erano aperte a migbaia di giomahsti stranieri, anche a quelli che venivano con gh articoli già scritti. A tutti i diplomatici, anche a quelli che si comportavano in modo non diplo�matico. Incontravo l'opposizione e loro evitavano i comunicati stampa». E la censura imposta ai giornali? «Una sporca invenzione. Solo in Kosovo c'erano più di 40 giomali in lingua albanese, completa�mente dedicati in modo offensi�vo a me ed alla mia famiglia. E cos�tutto un decennio. Forse la mia responsabilità è opposta: ho lasciato che i media dell'op�posizione abbassassero il senso etico nazionale». Lei ha incontrato il presi�dente Kostunica nella not�te del 6 ottobre. Che cosa può raccontarci? «Kostunica mi ha informato che la Corte Costituzionale conferma�va la sua vittoria. Ho accettato l'informazione. Però non mi aspettavo che le violenze e l'anar�chia sarebbero continuate. C'era uno scenario per provocare lo spargimento di sangue che per fortuna abbiamo evitato. Si sa bene chi ne sarebbe stato accusa�to. Nella mia città natale, Pozarevac, hanno saccheggiato e incen�diato i beni di mio figho. E' ovvio che tutto ciò era programmato». Siamo arrivati a un punto deUcato: il peso della sua famiglia negli affari di Stato. «Tutto ciò che è stato scritto di noi è ima bugia. Adesso il nuovo govemo minaccia processi per i crimini che si inventano dentro i loro uffici. Questa prassi di montaggio dei processi appar�tiene alle esperienze degh anni più neri del nazismo, stalini�smo o maccartismo». Kostunica respinge l'ipotesi di consegnarla al tribunale dell'Aia, anche se persone co�me Biljana Plavsic si sono consegnate «spontaneamen�te». «Non ho ancora un'opinione sul nuovo presidente, ci vuole un po' di tempo per poter valutare. Ho sempre considerato invece il Tribunale dell'Aia un'istitu�zione amorale e illegale, inven�tata come rappresaglia per rap�presentanti disubbidienti di po�poli disubbidienti, come un tem�po esistevano campi di concen�tramento per popoli superflui e ;ente superflua. Questo tribunae esiste prima di. tutto per i serbi. E' la stessa forma di intimidazione che i nazisti usa�rono prima verso gli ebrei e poi verso tutti i popoli slavi». E la Plavsic? «Con la sua decisione di andare "volontariamente" all'Aia, Biljana Plavsic ha voluto di�mostrare fi�ducia nel tribunale e nell'amministrazio�ne che ha appena abbandonato la scena politica americana. Da fero�ce nazionalista, Biljana Plavsic si è trasformata in collaboratrice del�l'ex amministrazione americana. Non so se spen di poter essere amnistiata dalla loro furia». E se dovessero processarla a Belgrado? «Potrei capire all'Aia: l�le accu�se sono inventate. Ma a Belgra�do, a meno che non vi si s'instal�li una filiale del tribunale...». L'accusano di avere espor�tato capitali all'estero. «Li stanno cercando da anni. Una volta dissi a Holbrooke, che mi�nacciava di bloccarli: "Non fac�cia una fatica simile. Semplice�mente, prenda tutto quel che riesce a trovare". Io non ho nes�sun conto all'estero, non l'ho mai avuto, per tutta la vita ho avuto solo il mio stipendio. E adesso non ho nemmeno più quello». Si sente in pericolo? «Le regole dicono che la condizio�ne di un capo dello Stato uscente è questione d'onore e di morale per il nuovo capo dello Stato. Forse però qualche onore e una certa morale ci saranno anche da parte degh altri, di tutto il popo�lo. Quanto alla sicurezza della mia famigha e mia personale, no, non mi sento sicuro. Siamo nei Balcani: non c'è da meravigharsi se l'Europa ci guarda come una parte del continente che vorreb�be non esistesse». E la politica italiana? «E' simile agli italiani: tenta di essere di principio, di rispettare gh altri, badare ai propri interes�si, non entrare in conflitto con l'Europa, ma contare. Il ministro Dini ha avuto in molte occasioni ' im atteggiamento di buone inten�zioni, giusto e cordiale verso il nostro Paese negli anni difficili e particolamiente durante la guer�ra con la Nato. Purtroppo l'Italia non ha avuto la forza di opporsi a questo crimine insensato contro il nostro popolo nel '99». Che cosa vorrebbe dire infi�ne al pùbblico italiano? «Nessuno può fare grande un uomo piccolo. Né onesto uno disonesto. Né vigliacco uno corag�gioso. Né cattivo imo buono. Anche se in questo si investe un grande sforzo: finanziario, tecno�logico, mediatico, diplomatico e psicologico». «Il tribunale dell'Aia è un'istituzione immorale e illegale inventata come rappresaglia nei confronti dei capi disubbidienti dei popoli disubbidienti» «Non ho nessun conto all'estero Solo il mio stipendio e ora neppure quello Nessuno può fare grande un uomo piccolo né cattivo uno buono» I Paesi occidentali mmm mi hanno appoggiato I finché gli andava bene 1 la stabilità nei Balcani Nel momento in cui hanno incominciato a considerare interessante l'instabilità io ho perduto il loro appoggio Non cambiava la mia politica ma cambiavano gli interessi delle potenze nella regione Durante il mio governo "antidemocratico" ho proposto la costituzione di un governo di unità nazionale Oggi in Serbia c'è il governo di un solo partito Il novantacinque per cento della stampa era in mano all'opposizione e insultava me e la mia famiglia senza censura Quella notte del sei | ottobre ho incontrato l Kostunica che mi ha annunciato la decisione Èli della Corte Costituzionale di confermare la sua vittoria f5*^ Ho accettato quella scelta ma non mi aspettavo che Jf violenza e anarchia ' sarebbero continuate | Evidentemente tutto era programmato verno " le ito to un an�ti�un n�de�co�lla al�di�ca, et�ol�e le esi au�eri�i di uno o a o di era bro Quella notte del sei | ottobre ho incontrato l Kostunica che mi ha annunciato la decisione Èli della Corte Costituzionale di confermare la sua vittoria f5*^ Ho accettato quella scelta ma non mi aspettavo che Jf violenza e anarchia ' sarebbero continuate | Evidentemente tutto era programmato consegnate «spontaneamen�te». «Non ho ancora un'opinione sul nuovo presidente, ci vuole un po' di tempo per poter valutare. Ho sempre considerato invece il Tribunale dell'Aia un'istitu�zione amorale e illegale, inven�tata come rappresaglia per rap�presentanti disubbidienti di po�poli disubbidienti, come un tem�po esistevano campi di concen�tramento per popoli superflui e ;ente superflua. Questo tribunae esiste prima di. tutto per i serbi. E' la stessa forma di intimidazione che i nazisti usa�rono prima verso gli ebrei e poi verso tutti i popoli slavi». E la Plavsic? «Con la sua decisione di andare "volontariamente" all'Aia, Biljana Plavsic ha voluto di�mostrare fi�ducia