Pappalardo: la mia verità sul «golpe» di Aldo Cazzullo

Pappalardo: la mia verità sul «golpe» Pappalardo: la mia verità sul «golpe» «Fu Cossiga a costringermi a dare le dimissioni» testimonianza Aldo Cazzullo ROMA AVREBBE voluto consegnar�la ieri nelle mani del Presiden�te della Repubblica, ha dovu�to accontentarsi di un usciere. E' la lettera in cui il colonnello Antonio Pappalardo racconta la sua versio�ne del «finto colpo di Stato», noto comepappogoZpe, con tanto di stra�ne interecettazioni telefoniche e to�ni non propriamente sfumati. Ecco�ne un passo: «Le sembra giusto, signor Presidente Ciampi, che il 31 marzo 2000, alle ore 18, il "presidente" (sic) Cossiga mi abbia fatto convocare, tramite un funzio�nario dei servizi segreti, nella sua abitazione e qui, in presenza di quest'ultimo, che annuiva, prospet�tava mali terribili alla mia persona, alla mia famigUa e all'Arma,«6e non mi fossi immediatamente dimes�so?». Addirittura, colonnello? «Cossi�ga accusa Pappalardo è stato uno dei protagonisti della manovra ordi�ta con Palazzo Chigi per incastrar�mi, per costringermi a dimettere dalla guida del Gocer, il sindacato dei carabinieri». Qualche ragione c'era: lei aveva scritto un documen�to in cui prevedeva per l'Arma un ruolo di supplenza delle forze politi�che. Comunque, che cosa le avrebbe detto Cossiga? «Il Presidente mi avvisò che mi avrebbero arrestato. Che poteva accadere qualcosa di grave a me e alla mia famiglia. Ho pensato a mia moglie, che era stata operata da un anno, le avevano tolto un rene per un tumore. Non ho potuto resister^ a una tale pressio�ne psicologica. Anche perché Cossi�ga mise di mezzo l'interesse dei carabinieri. Era appena stata appro�vata la legge di riordino, e lui diceva che l'Arma era in pericolo, che i decreti di attuazione avrebbero po�tuto essere predisposti in modo tale da ridurne funzioni e poteri. Alla fine dissi che sì, mi sarei dimesso. Ma precisai che lo facevo sotto coartazione. Incassata la mia dispo�nibilità, Cossiga si alzò, telefonò al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Minniti, e lo avvertì: "Marco, è tutto a posto. Pappalardo si dimetterà". Poi si rivolse a me con una promessa: "Caro Pappalardo, non ti preoccupare più, da questo momento la mia casa è la tua casa, per te, tua moglie e la tua famigUa". Invece da quel momento sono co�minciati i guai, nonostante il pro�scioglimento: il mio reggimento affi�dato a un altro e ora addirittura soppresso, io lasciato senza un inca�rico. Come lo chiamano adesso? Mobbing». C'è n'è per tutti. L'Ansa, che nella lettera a Ciampi Pappalardo accusa di aver «tenuto nascosto per 48 ore» il testo del documento «golpista», su pressione di Palazzo Chigi e del comando generale dei carabinie�ri, per dar tempo al Parlamento di approvare la legge di riordino del�l'Arma. «A quel punto scatta il complotto racconta Pappalardo -. La legge è approvata alle 11 e 30 del 30 marzo. Alle 11 e 35 tre carabinie�ri intercettano una telefonata del senatore diessino Ludovico Corrao al collaboratore di un fantomatico "presidente", che è certamente Cos�siga. Corrao dice testualmente: "Metta sul tavolo del Presidente che il colonnello Pappalardo ha dichiara�to: "Lo Stato siamo noi. Il Cocer: fonderemo il nuovo Stato". Non a caso quei tre carabinieri, quegli amici leali che mi hanno passato il verbale dell'intercettazione, sono stati rimproverati duramente per questo. Alle 12 e 30 esce l'Ansa. Mezz'ora dopo Mussi e Spini chiedono già le mie dimissioni. Alle 13 e 23 il comando generale dell'Arma pren�de le distanze da me. Alle 13 e 30 arriva un sottufficiale dei carabinie�ri mandato da Cossiga, con un lette�ra in cui l'ex capo dello Stato mi scongiura di dimettermi. Che cosa devo dedurre? Che era tutto prepa�rato. Che si erano messi d'accordo per incastrarmi. Ma non c'erano ancora riusciti. Alle 14 mi arriva un'altra lettera da cui apprendo che mi hanno tolto il comando del 2" reggimento dei carabinieri. Ma non possono togliermi il Cocer. Quella è ima carica elettiva, non dipende dalle gerarchie. C'è voluto il capola�voro di Cossiga per fregarmi. Mi convoca a casa sua, mi tratta come ho detto, mi strappa le dimissioni». Non che il colonnello le abbia date subito. «Vado a parlare con i miei avvocati, che mi dicono: "Sei matto, ti faranno a pezzi". Ma io avevo dato la mia parola d'onore a un ex Presidente della Repubblica... Che me lo ricorda subito a modo suo: mi fa avere via fax un comuni�cato stampa, preparato da lui, in cui annuncio e mie dimissioni. La lette�ra di dimissioni invece me la porta di persona il funzionario dei servizi segreti che mi aveva convocato a casa Cossiga. La firmo piangendo. E il comando generale mi abbandona. Sono airivati a minacciare di toglier�mi i trenta orchestrali dell'Arma per la mia Mssa Humilis...». Infatti Pappalardo, oltre che ex parlamen�tare Psdi, ex sottosegretario alle Finanze (subito dimissionario), ex sindacalista, è anche compositore. «La Missa doveva andare in scena il 4 aprile. Come avrei fatto senza gli orchestrali dell'Arma?.Ho ceduto anche per questo.. E li ho riavuti. Com'è andato il concerto? Vada a leggersi la recensione del Corriere della Sera». Scrive in effetti France�sco Colombo che «la Missa contiene molta più musica che non la mag�gior parte delle opere di osannatissimi compositori di avanguardia. Se fosse un vero direttore artistico, Mortier organizzerebbe una "saison Pappalardo" prima di abban�donare Salisburgo». Ma è l'unica parola che si leva in favore del colonnello. Marco Minniti rifiuta di commentare. Il senatore Corrao smentisce: «Pappalardo dà i nume�ri. Non ho mai fatto quella telefona�ta, non conosco il colonnello, non mi sono mai occupato del suo caso». Il direttore dell'Ansa, Pierluigi Ma-. gnaschi precisa: «Nessuna pressio�ne di Palazzo Chigi. Anzi, quando mostrai il documento a Minniti e all'addetto militare della presiden�za del Consiglio,' se ne lavarono le mani, dicendo che era roba da procu�ra militare. Non passarono due gior�ni, ma soltanto imo, da quando lo ricevemmo a quando lo pubblicam�mo: il tempo di verificare che non si trattasse di un falso». Infine Cossi�ga. Che legge la sua versione. E commenta: «Temevo che il povero Pappalardo fosse uscito fortemente provato da questa vicenda, ma non in modo tale da fare di lui, ufficiale dei carabinieri, a scelta uno smemo�rato o mi mentitore, in senso mate�riale e non formale. Poveretto...». «Mi convocò a casa sua, e mi fece intendere che potevano anche arrestarmi. Poi telefonò a Minniti» La replica dell'ex Capo dello Stato «Sapevo che era molto provato, ma non da diventare un mentitore...» A sinistra l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, a destra l'ex capo del Cocer Antonio Pappalardo

Luoghi citati: Roma, Salisburgo