Lockerbie, la sentenza non chiude il mistero di Enrico Singer
Lockerbie, la sentenza non chiude il mistero Lockerbie, la sentenza non chiude il mistero Una condanna e un 'assoluzione al processo di Camp Zeist Enrico Singer Inviato a CAMP ZEIST Jim Swire è un medico di quasi settant'anni che in quella maledet�ta vigilia di Natale del 1988 perse la figlia Flora sul Jumbo della PanAm ridotto in pezzi da una bomba. Flora aveva 25 anni e lui l'aveva accompagnata all'aeropor�to di Londra. Le aveva dato un bacio e le aveva detto: «Chiamami quando arrivi a New York, anche se sarà tardi». Il volo 103 fin�pochi minuti dopo sul villaggio scozzese di Lockerbie. Una strage: 270 i morti. Le 259 persone che erano sull'aereo eli che erano nelle case investite dai rottami. Adesso Jim Swire è tra il pubbUco che segue l'ultima udienza del processo ai due libici accusati dell'attentato. Il presidente legge la sentenza: una condanna e una assoluzione. Jim Swire chiude gh occhi. Ha un collasso. Nell'aula costruita a Camp Zeist, una ex base aerea americana alla periferia di Utre�cht, in Olanda, la gente grida. A soccorrerlo si alza anche un medi�co libico che era nelle due file riservate ai parenti degli imputati. Sono secondi drammatici: l'anzia�no simbolo della lotta dei famighari delle vittime inglesi viene porta�to fuori a braccia. Per un attimo l'emozione e il dolore, che sembra�vano congelati da dodici anni d'at�tesa, invadono il tribunale. Ma dall'altra parte di un poderoso schermo di vetri anti-proiettile. Lord Ranald lain Sutherland non s'interrompe e legge il verdetto della corte.. ^, L'ultimo atto di un processo cominciato nel maggio scorso si chiude in otto minuti. Il tempo per dire che Abdel Basset al-Megrahi, uomo dei servizi segreti libici, è condannato all'ergastolo, e che AlAmin Khalifa Fahima, caposcalo della Lybian Airlines a Malta, è innocente. E' una sentenza che demolisce metà dell'impianto accu�satorio e che accoghe l'altra metà. Per i giudici scozzesi, Abdel Basset al-Megrahi preparò effettivamente l'attentato. Girando sotto falso no�me in Europa, comprò la valigia che fu poi spedita sul Jumbo ameri�cano, acquistò anche indumenti che vi furono rinchiusi, ebbe da altri agenti libici il timer «Mts-I3» usato per innescare l'ordigno. E tutto questo porta a sentenziare che «non ci sono ragionevoli dubbi sulla sua colpevolezza». L'altro imputato, forse, non era nemmeno all'aeroporto di Malta quando la valigia fu imbarcata su un altro volo per essere poi carica�ta a Francoforte sul jet della Pa�nAm con destinazione Londra e New York. Non fu, insomma, AlAmin Khalifa Fahima a far partire materialmente la bomba. La tesi dell'accusa, costruita sulle indagi�ni dei servizi segreti inglesi e americani, assegnava a Fahima il ruolo-chiave di esecutóre dell'at�tentato. NeUa sua posizione di caposcalo delle linee aeree libiche a Malta aveva accesso alla spedizio�ne bagagli e poteva facilmente inviare la vahgia senza troppi con�trolli. Ma questo nessun testimone l'ha provato e i giudici hanno assolto il presunto «braccio» della strage. Al-Amin Khalifa Fahima è stato liberato subito. Con l'altro imputa�to, di cui è amico da anni, ha scambiato una sola frase, nient'altro. Già oggi potrebbe tornare a TripoU sotto la scorta di ima delega�zione dell'Onu. Al-Megrhai, inve�ce, dovrà scontare almeno vent'anni prima di poter chiedere una riduzione della sua condanna all'er�gastolo. Ma anche lui lascerà Camp Zeist, dove era recluso con Fahima dal 5 aprile del 1999 in una prigio�ne costruita apposta. Andrà in un carcere della Scozia, anche se i suoi avvocati hanno già annunciato ap�pello. Cos�prevedono i complessi accordi presi allora con il presiden�te libico Gheddafi: i due accusati furono estradati dopo tante polemi�che con l'impegno di un processo di rito scozzese (è a Lockerbie che si consumò la strage), ma su un territorio neutrale come quello olandese. La sentenza di ieri farà tornare Camp Zeist una base militare ab�bandonata col suo piccolo museo dell'aviazione. Ma non ha chiuso il confronto intemazionale che ha segnato tulla la vicenda. Quando cominciò, il 3 maggio 2000, fu definito il «processo del secolo», che avrebbe dovuto chiarire non soltanto un massacro odioso, ma anche le eventuali responsabilità della Libia nel terrorismo e l'oppor�tunità delle sanzioni commerciah decretate dall'Onu su richiesta di Stati Uniti e Inghilterra, i Paesi che ebbero più morti su quel Jumbo. La sentenza di ieri, con le sue due facce, viene già letta in modi oppo�sti. Per la Libia è la prova che Tripoli ha accettato il giudizio, che gli sviluppi della vicenda sono ormai nelle mani della magistratu�ra e che ogni embargo «pohtico» dovrebbe essere tolto. Per Washin�gton e Londra è la dimostrazione di un «coinvolgimento» che dovrebbe spingere a mantenere le sanzioni contro TripoU. Anzi, il premier britannico, Tony Blair, e U presi�dente americano, George Bush, hanno già chiesto che la Libia «riconosca le sue responsabihtà» e versi anche i 700 milioni di dollari che i giudici hanno destinato ai familiari deUe 270 vittime. Ma sul groviglio politico la battaglia si sposta dagU hangar di Camp Zeist al Palazzo di vetro deU'Onu. A12 anni dalla tragedia in cui 270 persone rimasero uccise, e dopo un dibattito durato 9 mesi, i giudici dicono che non ci sono prove contro il presunto esecutore materiale La Libia è convinta che ogni ritorsione politica dovrebbe essere tolta. Bush e Blair ritengono invece che prima di qualsiasi cambiamento di rotta Gheddafi debba risarcirei famigliari Il -. f^lk^-y L. Il tribunale di Camp Zeist mentre pronuncia la sentenza: le macchine fotografiche non erano ammesse, secondo le procedure delle corti scozzesi
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