Pampaloni, la critica come dialogo tra uomini

Pampaloni, la critica come dialogo tra uomini Pampaloni, la critica come dialogo tra uomini IL PROFILO Bruno Quaranta LA critica è il criti�co. Il critico è Ge�no Pampaloni, fra le maiuscole son�de del Novecento. La sua bussola pulsa in una pagina di Pavese, il prediletto Pavese, «respirato» a Torino, la città vocata ai giuramenti e agli addii. Là dove (pulsa la bussola) il signore del vizio assurdo ricorda innanzitutto a se stesso, al lettore che è in lui: «L'arte, come si dice, è una cosa seria. E' almeno tanto seria quanto la morale o la pohtica. Ma se abbiamo il dovere di acco�starci a queste ultime con quella modestia che è ricerca di chiarezza carità verso gli altri e durezza per noi non si vede con che diritto, davanti a una pagina scritta, dimen�tichiamo di esser uomini e che un uomo ci parla». La testimonianza letteraria di Geno Pampaloni, scomparso la set�timana scorsa a Firenze, l'amatissi�ma città d'adozione, è un ininterrot�to dialogò tra uomini. Acceso dalla volontà di capire, fino ad abbando�nare la via del cestino. Quando accosta nel 1948 «La parte difficile» di Oreste del Buono non nasconde subito, di primo acchito, la tentazione di «dime male», quin�di di stroncarlo, salvo decidere un supplemento di riflessione (la pavesiana «carità verso gli altri»): «Tut�tavia non si può sbarazzarci di questo libro (...): e al di sotto di tutto rimane qualcosa di vivo». E' un esempio fra gli altri del IL PRBrQua FILO no nta magistero di Pampalo�ni, critico senza catte�dra universitaria. Una fra le pagine raccolte nel volume «Sul Ponte tra Novecento e Due�mila», l'ultimo uscito lui vivo (mentre postu�mi, nei mesi a venire, saranno pubblicati da Bollati Boringhieri gli «Scritti letterari» e da Nino Aragno gli «Scritti etico-civi11»). «Il Ponte», la stagione aurea della rivista di Piero Calamandrei, a cavallo fra Anni Quaranta e Anni Cinquanta. Otto gli studi e quindici le divagazioni di Pampaloni sottrat�te alla polvere. In primis, il ritratto di Pietro ' Pancrazi, un modello, come Cecchi, come Debenedetti. Notazioni affettuose e esatte, di sicuro un contributo all'identifica�zione di Geno («Il cuore di Agenore, il nome di mio padre»). «Se dovessi riassumere con una formula qual è la "teorica" di Pietro Pancrazi osservava nel 1953 -, direi: la critica è il critico. Essa trova la sua origine e la sua ragione profonda nella coscienza che egli aveva di vivere in un tempo di insicurezza e di transizione, in un tempo di difficile misura umana, nel quale il filo che lega tradizione e avvenire è un filo sottile ma tremendamente importante». E' il filo su cui Pampaloni sta sapientemente in equilibrio. Tra Novecento e Duemila, non dimenti�cando l'Ottocento (Manzoni, e Nievo). Tra i maggiori e i minori di ieri e le nuove energie. «Questo compi�to di ascoltare il passato con l'orec�chio del presente (...); questo compi�to di interrogare il presente senza dimenticarsi del passato». Sono nu�merosi gii «artisti giovani» che riconobbe, dotandoli di un passa�porto mai definitivo, sempre da rinnovare, libro dopo libro («Si può scommettere su Baricco? D'istinto direi subito di sì. Ma è già troppo bravo, e non si sa mai» annotò quando apparve «Castelli di rab�bia»). Quel «Ponte» tra gusto estetico e gusto morale (sì, Pampaloni ha onorato la critica del «gusto»). Ma anche quell'arco tra pensiero e azione, tra cultura e pohtica, la pohtica che è cultura. Una tensione che conduce al Piemonte di Adria�no Olivetti, al Movimento Comuni�tà, naturale approdo dopo la stagio�ne azionista («Ho collaborato alla presentazione del Piano regolatore disegnato da Ludovico Quaroni. Ho scritto qualche discorso per Adria�no Olivetti memorabile il passag�gio, da lui molto apprezzato, sul "sole caldo e materno" che illumina i bambini che giocano. Ho seguito tutta una notte, sfibrante, Ip stillici�dio dei risultati del Movimento Comunità che delusione!»). Fedelissimo ai ricordi, Pampalo�ni, fedelissimo alle amicizie, fedelis�simo, in particolare, alla scrittura: «La mia ambizione è di essere scrittore di scrittura. La mia scrittu�ra vorrei che fosse di un'eleganza impervia, inattaccabile, e al tempo stesso segretamente porosa, capa�ce di assorbire il sentimento altrui che intende provocare; autosufficiente e disponibile, disincarnata e invitante». Quanta civiltà della scrittura nella «valigia leggera» che accompa�gna Pampaloni oltre il tenue muro di poetica, caproniana memoria. Negli studi e nelle divagazioni a cavallo ra Anni Quaranta e Anni Cinquanta per «Il Ponte», l'intellettuale da poco scomparso annunciava la sua teorica: tra gusto etico e gusto estetico Geno Pampaloni è scomparso all'età di 82 anni. Sono in preparazione, del critico, gli «Scritti letterari» e gli «Scritti etico-civili» N&S^ Geno Pampaloni Sul Ponte tra Novecento e Duemila a cura di Vittorio Vettori, Giubbe Rosse, pp. 110, L 20.000 STUDI E DIVAGAZION

Luoghi citati: Adria, Firenze, Novecento, Olivetti, Piemonte, Torino