«Cooperazione e integrazione per un'Europa più forte»

«Cooperazione e integrazione per un'Europa più forte» «Cooperazione e integrazione per un'Europa più forte» In occasione del vertice italo-francese che si svolgerà oggi a Torino. l'Avvocato Giovanni Agnelli presidente d'onore della Fiat ha scritto questo articolo per «Le Figaro» e per «La Stampa». Giovanni Agnelli Mi è capitato sovente di sentir�mi domandare quali sono i miei legami con a Francia e che cosa pensi del ruolo e dell'importan�za di questo grande Paese in Europa e nel mondo. Devo dire che mi è sempre stato difficile, nel rispondere, indossa�re i panni dell'osservatore neutrale, del cittadino di un altro Paese che sa guardare in casa altrui con curiosità e al tempo stesso con distacco. La Francia è una parte di me, come lo è da sempre per qualsiasi persona che sia nata nelle province occidentali del Piemonte. E' una questione di affinità spirituale che ha radici, nono�stante l'apparente ostacolo delle Alpi, nella prossimità geografica, nelle inten�se relazioni umane e commerciali, nel�la secolare storia politica che lega Torino a Chambéry. Su un piano più personale, è una questione di fascino e di attrazione che esercitano 0 mondo culturale francese, le bellezze naturali e artistiche, la forza delle istituzioni, il sentimento di appar�tenenza nazionale, lo spirito diservizio dell'ainministrazione pubblica e, non ultima, quella stabilità politica che non teme la coabitazipne. Naturalmente, per me è anche uria questione di forti legami economici: non c'è Paese, dopo l'Italia, in cui maggiore sia il mio impegno imprenditoriale. Sento l'orgo�glio di aver aiutato il Gruppo Fiat a diventare la prima multinazionale este�ra in Francia, con una presenza che è quasi raddoppiata negli ultimi 2 anni, e provo la soddisfazione di accompagna�re, attraverso l'Ifil e il Gruppo Exor, l'espansione di imprese come il gruppo Worms Er Cie e di marchi famosi nel mondo come il Club Mediterranée e Chàteaux Margaux. Da amante della Francia e da im�prenditore guardo con grande attenzio�ne e molte attese a tutto ciò che può rafforzare le relazioni italo-francesi. E dunque mi auguro che il vertice che si terrà oggi nella mia città, Torino, possa segnare importanti passi avanti tanto sul piano delle iniziative più squisita�mente politiche, quanto su quello dei gesti concreti. Tra questi ultimi metto la decisione finale sulla realizzazione del nuovo collegamento ferroviario ad alta capacità tra Torino e Lione. Pensando a questa grande opera infrastnitturale non si può fare a meno di ricordame un'altra, che ebbe a suo tempo importanza straordinaria per la sua rilevanza economica e per il suo valore simbolico: il traforo del Frejus. Fu, quella, una coraggiosa decisione di Camillo di Cavour, l'artefice dell'unità d'Italia, convinto che l'integrazione continentale e l'apertura economica della giovane nazione dovessero passa�re da uno stretto rapporto con la Francia. Sono convinto che non diverse e non meno forti siano oggi le ragioni ideali e materiali che ci devono spinge�re a porre mano rapidamente al nuovo progetto. Che non andrebbe a beneficio solo dei nostri due Paesi. Ho avuto la fortuna di assistere ai progressi dell'idea unitaria eurapea fin dai tempi di Schuman, Monnet e De Gasperi. So quale contributo Francia e Italia insieme vi hanno dato. So quanto talvolta sia stato faticoso rinunciare, nel nome di un superiore e comune interesse europeo, a certe prerogative nazionali. Ma come qualunque cittadi�no della mia generazione può fare, constato che la grande scommessa di 50 anni fa che era una scommessa di sviluppo nella pace si sta dimostran�do vincente. Dobbiamo andare avanti in questa logica di cooperazione e integrazione, l'unica che ci può permettere di costrui�re un'Europa più forte. Dobbiamo anda�re avanti, consapevoli anche di quelle specifiche missioni che la storia e la posizione geografica ci assegnano. Francia e Italia sono Paesi europei, ma sono anche Paesi mediterranei. E' nel loro interesse lavorare perché si creino le condizioni per un maggior sviluppo economico della spónda Sud: perché ciò sarà determinante per allentare le pressioni demografiche che alimenta�no i flussi migratori verso l'Europa; perché tale sviluppo potrà contribuire ad arginare l'espansione dei fondamen�talismi, che si stanno rivelando oggi la più seria minaccia per la pace; e perché un maggiore peso dell'area mediterra�nea sarà un fattore di bilanciamento e di riequilihrio per la stessa Europa, che si appresta ad allargarsi alle economie dell'Est. Ma la logica di cooperazione e inte�grazione di cui parlavo ci pone di fronte anche ad un'altra, assai impe�gnativa questione: quella dell'assetto futuro verso il quale deve muovere l'Europa. A guardare le cose in modo realisti�co, nell'arco dei pochi anni che ci separano dalla prima ondata di ingres�si dei Paesi dell'Est è difficile ipotizzare soluzioni diverse da quella che attribui�sce ai Paesi membri dell'Unione la libertà di procedere ad un'integrazione a più velocità. Le differenze economi�che e i diversi orientamenti delle opinio�ni pubbliche rendono utopistiche altre vie d'uscita. Tuttavia, sii un orizzonte più lungo, quello di un'Europa a più velocità o delie i'.q^operazioni rafforzale» non è il traguardofinale che ritengo più auspi�cabile. Alcune decisieni cruciali -come J'armónizzazione fiscale verrebbero vanificate se non fossero estese a tutta l'area comunitaria. Soprattutto, diver�rebbe sempre più forte il rischio di un'Europa non più allargata, ma più ristretta ad un nocciolo duro di Paesi l'esatto contrario di ciò che si vuole e si deve fare. Se dunque in una fase intermedia non si può fare a meno di accettare velocità di crociera diverse, l'obiettivo finale di medio periodo al quale tende�re è quello di un ordinamento federale dell'Unione. Una federazione che attor�no ad un suo presidente, emblema dell'unità, sappia coagulare l'identità collettiva dei cittadini e che dalla molte�plicità delle sue culture sappia trarre motivi di forza unitaria. La mia opinio�ne è che il completamento dell'unifica�zione politica dell'Europa sia la condi�zione indispensabile per poter arrivare a dialogare, un giorno, da pari a pari e con una sola voce con le altre grandi entità continentali del mondo. Quel giorno non è imminente. Oggi come oggi, l'Europa non può permetter�si di rinunciare a una partnership forte con gli Stati Uniti. Non può farlo dal punto di vista della sicurezza, fintanto�ché non disporrà di ima sua struttura di difesa. Non può farlo neppure sotto il profilo economico, dal momento che sono là, negli Stati Uniti, le risorse tecnologiche a cui attingere per dare sostanza alla crescita. Certo, noi tutti abbiamo la legittima aspirazione a far s�che questa sia una vera partnership tra uguali. Ma per arrivarvi dovremo superare alcune pro�ve importanti. La prima è quella di assorbire senza traumi l'allargamento ad Est e di comspondere alle aspettati�ve di sicurezza e di sviluppo dei futuri membri dell'Unione. La seconda, forse ancora più impegnativa, è quella di stabilire rapporti costruttivi con la Russia, attirandola stabilmente nel�l'area della democrazia e del mercato. La terza è quella di accelerare i ritmi dello sviluppo economico, liberando le capacità delle risorse umane, mobili�tando i talenti scientifici, favorendo la competizione in ogni settore, valoriz�zando i punti di forza tipicamente europei.Si tratta, come si vede, di impe�gni gravosi e pressanti che potranno essere assolti solo con solidarietà euro�pea, non con egoismi nazionali. E sem�pre in una prospettiva atlantica. Lo scorso secolo gli Stati Uniti han�no fatto dell'America l'unica superpo�tenza del mondo. Nello stesso secolo noi europei, con due guerre civili e pressati da profonde divisioni ideologi�che, abbiamo distrutto buona parte del potenziale dell'Europa. Oggi stiamo cercando di ricostruirlo. C'è chi pensa di ricostruirlo in antitesi agli Stati Uniti; c'è chi pensa di ricostruirlo in stretta alleanza con gli Stati Uniti. Io appartengo a questi uìtimi e ritengo che chiunque saprà fare passi in quella direzione farà l'interesse dell'avvenire europeo.

Persone citate: Cavour, De Gasperi, Giovanni Agnelli, Monnet, Schuman