Nobili e liberali nelle sale di corte di Aldo Cazzullo

Nobili e liberali nelle sale di corte LE TESTIMONIAMZE DEI CONSIGLIERI TRAMISTOGRAZIA E ANTIFASCISMO Nobili e liberali nelle sale di corte «Era incantevole come una nuvola bionda» analisi Aldo Cazzullo LEI era bella, bellissima, una nuvola bionda, e lui pieno di riguardi, la pre�sentava agli aristocratici pie�montesi, le cingeva la vita, e lasciava che noi giovani ci alternassimo a farla ballare. Io ero suo coetaneo. Ballava bene, soprattutto il valzer e il foxtrot...». Il barone Piero Gasana ha 94 anni, l'età di Maria José. Quando la principessa esordi�va nelle case della nobiltà torinese, ne aveva poco più di venti. «Umberto riceveva a Palazzo, ma più spesso incon�travamo lui e Maria José a casa Compans di Brichanteau, in via Magenta, a palazzo del Carretto, in via della Con�solata, a casa di mio zio Luigi Gasana in via Maria Vittoria, e in via Valeggio, nella resi�denza del conte Marone, che aveva sposato l'infanta di Spa�gna. Facevamo ballare le prin�cipesse, Adelaide di Genova, Bona di Baviera, Iolanda di Savoia. Lei era la più bella, anche se un po', come dire, abbondante. Parlava l'italia�no perfettamente, aveva stu�diato a Firenze. Era affabile e gentile con tutti: elegante, non eccentrica, con un gusto che appariva retro per gli ornamenti liberty. Conversa�vamo di musica e di pittura, era appassionata di arte mo�derna, frequentava il teatro di Torino, conosceva le opere dei pittori protetti da Guati�no. Ma di politica non si parlava mai. Né in lei né in suo marito avvertivamo ostili�tà nei confronti del fascismo. Non spirava aria di fronda, Umberto era riguardoso verso il regime. Poi si stabilirono a Napoli, nacquero i figli. Lui continuava a venire a Torino, ma da solo». Fassa come un'ombra di non detto, nel ricordo degli uomini di corte, sul matrimo�nio tra l'ultima coppia reale. Maria José ama il marito, Umberto no, considera il ma�trimonio una necessità politi�ca, lei si lamenta con re Vitto�rio, che li trasferisce a Napoli. Ma il sabato il principe parte per Torino, e la principessa resta sola, in balia delle mano�vre dei gentiluomini di corte e dei pettegolezzi che insinua�no, come scrive Gianni Oliva nella sua biografia di Umber�to II, «malignità» sull'«amici�zia con i due cugini del ramo Savoia-Aosta, Amedeo e Aimo�ne», e più tardi con gerarchi come Italo Balbo e Galeazzo Ciano. Sono i giorni dei bagni not�turni nel mare di Posillipo, delle serate al San Carlo, e dei primi incontri con intellettua�li antifascisti, come Umberto Zanotti Bianchi, archeologo torinese diventato meridiona�lista, che le presenta Benedet�to Croce. Poi il dramma, la guerra, il fratello re Leopoldo del Belgio fatto prigioniero, il Paese d'origine invaso, quello adottivo in ginocchio. Tra l'au�tunno del '42 e l'estate del '43 i giovani liberali romani, i Martini, i Ruffini, i Benzeni, cercano un aggancio a corte, e lo trovano in Maria José. Tra loro c'è Edgardo Sogno, che racconta di un piano per ucci�dere il Duce, con l'aiuto di un corazziere fidato. Impossibi�le, sostiene Paul Ginsborg. Ma non sarebbe il primo progetto omicida della principessa, se�condo «L'Humanité», che nel '31 aveva scritto di «rivoltella�te sparate contro l'attrice Jeannette MacDonald, aman�te del marito» (un altro giorna�le francese ridimensionerà l'aggressione: non proiettili, ma schiaffi). La principessa antifascista riceve intellettua�li di fronda come Bontempelli e Elio Vittorini nell'apparta�mentino che chiama «la mia gargonnière», scavalca il mari�to sempre più ostile al regime ma sempre più incerto sul da farsi, incontra i grandi vecchi del liberalismo come Ivanoe Bonomi, è in contatto con i professori dell'università di Torino, Luigi Einaudi, Ales�sandro Passerin d'Entrèves. «Mi irritavano le meschinità dei fascisti, certi soprusi stupi�di», racconterà a un altro biografo del marito, Gigi Spe�roni. E' lei, nella primavera del '43, a far incontrare al Quirinale Bonomi e Umberto: nella conversazione, che Bo�nomi racconta nel suo «Diario di un anno», viene fatto il nome di un militare per la successione di Mussolini: «Ca�viglia o Badoglio». Ed ecco la principessa con�vocare entrambi i generali, all'insaputa del suocero e del ministro della Real Casa Ac�quarono che la giudicano «un'intrigante», cercare ab�boccamenti con gli alleati at�traverso il Vaticano, incontra�re monsignor Giovanni Batti�sta Montini e due ambasciato�ri presso la Santa Sede, il britannico sir Percy Osbome e il portoghese Pacheco, con�tattare azionisti come Carlo Antoni, che sulle attività di Maria José scriverà un rap�porto che perverrà a Federico Comandini e forse anche a Ugo La Malfa, e cattolici come Guido Gonella (che dopo la liberazione le restituirà i docu�menti con una lettera che «testimonia le iniziative prese da Vostra Altezza per contri�buire a rompere, ben prima del 25 luglio, la pesante cate�na del nostro servaggio fasci�sta e nazista»). Dopo l'esilio in Svizzera ricomincia a tessere la tela, come ricostruisce Arri�go Petacco in «Regina», ma non crede più alla salvezza della monarchia. Croce le of�fre una soluzione: indurre Umberto ad abdicare a favore del piccolo Vittorio Emanuele IV. Lei, Maria José, sarebbe stata reggente. Per convincer�la don Benedetto cita Mirabeau, che aveva consigliato a Maria Antonietta di affronta�re la Convenzione con il prin�cipino in braccio: «In Italia le donne votano per la prima volta, e se avranno una regina voteranno monarchia». Ma Umberto non ne vuol sapere. Tra i gentiluomini di corte le è prezioso il conte Vittorio Prunas Tola, segretario degli ordini cavallereschi e coman�dante delle guardie di frontie�ra. Suo figtio, il conte Enrico, le sarà vicino nell'esilio. «Ve�stiva in modo molto trascura�to ricorda oggi -, magari le mancava un bottone della giacchetta, non aveva alcun interesse per la mondanità. Era molto colta, si faceva mandare di continuo carte e materiale sulla storia della dinastia che era diventata la sua. Ed era inteUigente, trop�po per essere popolare; né la aiutava la sua timidezza. Mi confidava la sua ansia ad attraversare un salone, la sua angoscia di fronte alle intem�peranze dei figb, in particola�re delle ragazze. La mia fami�glia ospitava a Torino Maria Beatrice, dopo cbe Umberto aveva chiesto a mio padre di occuparsene. Era d'animo buono, ina le piaceva fare scherzi non adatti a una prin�cipessa: i nobili piemontesi si disponevano lungo lo scalone per omaggiarla, e lei li bagna�va con una brocca d'acqua». «Maria José soffriva, però non interveniva. Un giorno una rivista pubblicò una foto di Maria Gabriella che usciva da un night con un vaso in testa; lei rinunciò a rimprove�rarla, fa vinta dall'angoscia e si mise a letto».