«Qui il mare è tutto nero» di Carlo Grande

«Qui il mare è tutto nero» IL RACCONTO DI UN ECOLOGISTA DEL WWF IMPEGNATO PER ARGINARE IL DISASTRO «Qui il mare è tutto nero» Galapagos, dilaga la chiazza di petrolio Carlo Grande Dei 600.000 litri di carburante diesel e dei 350.000 litri di «bunker» che la (Jessica» aveva nella pancia (una so�stanza più densa, di bassa qualità, molto pericolosa), due terzi sono già finiti nel mare delle Galapagos. Prima hanno formato un'unica enorme mac�chia, poi il vento li ha frastagliati in mille chiazze nerastre che hanno rag�giunto le spiagge delle isole di San Cristóbal e Santa Fé. Secondo Fernan�do Espinosa, direttore della Fondazio�ne Charles Darwin, «nessuno può dire dove e quando la marea nera toccherà terra, visto che parhamo di una zona marina contaminata di 1.200 chilome�tri quadrati). «La notte scorsa ha aggiunto Espinosa è stata terribile, per il vento». All'inizio il carburante si era fermato al largo della «Baia del naufrago», dove si è incagliata la nave. Poi si è mosso, a una velocità di 1 chilometro e mezzo all'ora, verso San�ta Cruz e verso le isole di Floreana e La Espahola, gioielli naturali descritti a metà del secolo scorso da Herman Melville, in «Encantadas» e nei ((Rac�conti della veranda». Una squadra di tecnici statunitensi sta cercando di aspirare il combustibi�le dai serbatoi lesionati, per trasferirlo ad altri, della stessa imbarcazione, che sono vuoti e integri. Ma le forti onde e le pressioni cui sarà sottoposto lo scafo rischiano di spezzare in due la nave. Poche decine di ore per salvare un santuario della natura: Nelson Paredes, portavoce dell'Istituto oceanogra�fico della marina ecuadoriana (Inocar) ha detto che il mare è a «forza 2», ma che tra pochi giorni sono previste intense mareggiate. Il govemo ecuado�riano ha rivolto un nuovo accorato appello alla comunità intemazionale, affinché si unisca agli sforzi del Paese per salvare l'ecosistema delle Galapa�gos: ((Abbiamo bisogno di aiuto ha confessato alla stampa il ministro dell' Ambiente Rodolfo Rendon, che segue dall'isola di San Cristóbal le operazioni di disinquinamento perché da soli non ce la facciamo. Dobbiamo urgente�mente ricevere solventi chimici per frenare la marea nera». Carlos Valle, imo dei coordinatori del Wwf nella gestione del Centro Charles Darwin delle Galapagos, parla addirittura di una macchia che misura 5 mila chilometri quadrati. Carlos ha 40 anni e vive a Quito. Sta facendo la spola dall'Ecuador all'arcipelago. Com'è la situazione? «Ho visto l'enonne macchia di petrolio uscire dalla nave, ho provato una rabbia immensa. Dobbiamo fareìnolto in fretta, finora aveva raggiunto una ventina tra leoni di mare e pellicani, ma si muove rapidamente, se non facciamo qualcosa in un paio di giorni.arriverà, dopo Santa Fé, all'isola di Santa Cruz. Non voglio nemmeno immaginare cosa succede�rebbe in caso di impatto con la vita selvatica. Laggiù vivono vastissime colonie di leoni marini, iguane, uccel�li di mare...». Ha vistola nave? «Certo, è inclinata nella baia di San Cristóbal, ha colpito le rocce, si è piegata di lato. Durante i primi due giorni abbiamo cercato di raddrizzar�la, ci abbiamo provato con tutte le nostre forze. Adesso stiamo ancora combattendo ma dobbiamo preoccu�parci della macchia di petrolio. La Jessica ha cominciato a perdere ' giovedì». La comunicazione si interrompe spesso, ma ogni volta Carlos ripren�de a parlare con calma, scandendo le parole, cercando di dominare l'emo�zione. Ripete i concetti come se dovesse imprimerseli egli stesso nel�la testa. Forse nemmeno lui, che ce l'ha sotto gli occhi, riesce a credere a tanto disastro. Quanti siete a lavorare? «Intorno alla nave c'è moltissima gente: addetti del Parco nazionale delle Galapagos, del Centro Charles Darwin (ci vivono in media 200 persone, tra volontari e addetti all'amministrazione), gli equipaggi di alcune navi ecuadoriane, decine di tecnici americani e altri della guar�dia costiera. Più naturalmente gli esperti del ministero dell'Ambiente dell'Ecuador». Quanto tempo avete per scon�giurare un disastro? «Dobbiamo fare molto in fretta. Il massimo sforzo, adesso, è protegge�re le coste di San Cristóbal, e poi le altre isole. E poi dobbiamo pensare a lungo termine, per regolamentare il transito delle navi tra le isole, non è possibile che ci passino migliaia di barche da turismo, di cargo che portano prodotti alimentari, carbu�rante, macchinari...». Conosce bene le Galapagos? «Ci vado in media due o tre volte il mese, fino a due o tre anni fa erano schiacciate dal turismo. Adesso c'è la legge speciale, prima l'impatto era tremendo. Però si può ancora mighorare, ad esempio servono alternative energetiche eh lungo termine, pulite. Bisogna controllare l'immigrazione illegale dall'Ecuador, perché ogni anno arrivano 200 clandestini che si insediano nelle isole, vivendo di turismo e di pesca». «Questo disastro è una lezione per tutti ripete non deve succedere più. Bisogna preveni�re, prevenire». Il govemo ecuadoregno non sem�bra aver fatto molto in questa dire�zione: la (Jessica» è di proprietà dell'((Acotramar», impresa già coin�volta, pochi anni fa, in un'indagine della «Comisión anticorrupción» go�vernativa (è la «Manos Limpias» ecuadoregna) sulle licenze di cabo�taggio. L'((Acotramar», indagata an�che per evasione fiscale, non aveva alcuna assicurazione contro even�tuali danni ambientali: i regolamen�ti ecuadoriani non lo richiedono per navi di ridotte dimensioni. Quanto al capitano della «Jessi�ca», cui dobbiamo la manovra che ha causato l'incidente e la fuoriuscita del carburante, pare sia in libertà e senza alcuna denuncia sull'isola di San Cristóbal. «Sono a rischio le colonie degli animali Minacciata anche l'isola di Santa Cruz» «Abbiamo provato a raddrizzare la petroliera Ma è stato inutile» -mtDue immagini del disastro in corso alle isole Galapagos minacciate da un mare di petrolio

Luoghi citati: Quito