Cento carcasse sospette

Cento carcasse sospette Cento carcasse sospette Chiuso un allevamento a Vicenza reportage Renalo Rizzo inviato a GENOLA (Cuneo) ERANO mille, nutriti, anche se solo per qualche giorno, con i famigerati mangimi a base di farine animali: cinquecento di questi vitelli «cannibali» ce li siamo ormai mangiati, gli altri sono sotto seque�stro cautelativo in una galassia di stalle del Cuneese. Nel Vicentino e in Sicilia continuano invece i sequestri. Ieri sera cento carcasse di vitelli sono state trovate nell'allevamento Cascina Giuliana, a Camisano Vicen�tino. «Non si esclude dicono i carabi�nieri che si tratti di un traffico di bovini importati clandestinamente, cui venivano attribuiti i contrassegni di quelli morti». Nulla di irregolare, invece, ma solo una circostanza de�terminata proprio dalla vicenda di mucca pazza secondo il titolare Dani�lo Serafin, 35 anni. Le carcasse accu�mulatesi nel tempo ha spiegato Serafin ai giornalisti sarebbero ri�maste accatastate nell'azienda pro�prio perchè nessuno sarebbe dispo�sto a smaltirle per l'allarme diffusosi. Ha riferito di commerciare animali molto giovani, che all'atto dell'acqui�sto hanno 7-8 giorni e che ne hanno 30-40 quando sono rivenduti. Pro�prio per la giovane età, che li esclude�rebbe dal contagio da Bse, i bovini sono soggetti ad alta mortalità, che secondo Serafin sarebbe stata accen�tuata in questo periodo dai rigori del clima. «E con questa storia della mucca pazza ha aggiunto non troviamo aziende specializzate che ci smaltiscano le carcasse, che do�vrebbero essere incenerite». Sul fatto che manchino delle placche di identi�ficazione dei capi morti, Serafin ha detto che «non c'è nulla di anormale, le bestie sono accatastate, buttate una sull'altra: nulla di strano se dei contrassegni si sono staccati e si sono persi in mezzo ai resti degli animali morti». Ieri in un allevamento di Piazza Armerina (Enna) sono stati bloccati 18 capi inferiori ai 24 mesi perchè nella stalla sono stati trovati mangi�mi animali, n foraggio sequestrato proveniva da Ragusa. Quando tutti questi bovini, dal Piemonte alla Siciha, andranno al macello saranno sottoposti al test rapido per l'individuazione del mor�bo: solo allora si saprà se sono rima�sti infettati. E sapremo anche un'al�tra cosa: se noi che li abbiamo taglia�ti a fette nei nostri piatti dovremo provare qualche brivido di paura in più. La storia delle vacche cuneesi è preoccupante. All'inizio c'è un man�gimificio, quello dei fratelli Martini a Genola, uno dei più grandi del Paese con sede in provincia di Forl�e altri 4 stabilimenti in Italia. Secondo la rico�struzione del procuratore Guariniello, l'azienda ad aprile invia a un commerciante di bestiame di Gap, in Francia, Pierre Moynier, 120 quintali di mangime. «L'ho comprato in Piemonte perchè costa meno», rac�conta ricordando quella montagna di sacchi col nome «Peli-Fibra», gonfi di cibo per 1221 vitelli destinati ad allevatori italiani. Una «stalla di passaggio» quella di monsieur Moynier: uguale ai tanti altri centri di smistamento di bovini nati in Francia e venduti in mezza Europa per diventare, via via, carne italiana o spagnola o tedesca a secon�da del Paese in cui vengono messi «all'ingrasso» per alcuni mesi. 11221 animali restano a Gap per 3-4 giorni, quindi sono spediti in fattorie cunee�si, tranne una piccola quota che raggiunge Eraclea e dintorni. E' no�vembre quando i veterinari compio�no un controllo a Gap. Dopo aver raccolto nel silo ormai vuoto qualche pugno di mangime, accertano che il prodotto è contaminato con farine animali. «A me spiega il commerciante francese all'inizio è stato detto che la percentule di prodotto proibito era attorno allo 0,10Zo, poi allo 0,5-0,7 per scendere alla fine allo 0,0230Zo. Non penso che siano quantità pericolose. Comunque se le autorità mi obiette�ranno qualcosa, scaricherò tutto sul�la Martini». La quale va al contrattac�co. Il responsabile di produzione, Matteo Biondo, dice: «La spedizione l'abbiamo fatta ad aprile, la contesta�zione dei veterinari d'Oltralpe è di novèmbre. Sette mesi:, chi ci assicura che il mangime analizzato sia davve�ro il nostro? Non abbiamo copia di documenti del servizio sanitario fran�cese. A quanto ci risulta il prelievo è stato fatto secondo modalità anoma�le: chi ne garantisce l'asetticità?». I servizi sanitari regionali e i Nas hanno visitato la Martini e raccolto campioni di mangimi sui quali si pronunceranno la prossima settima�na. Secondo un'ipotesi la ditta avreb�be potuto produrre alimenti fuorileg�ge proprio grazie alla mancanza im�putata ai tecnici di Gap: carenza di asetticità. Il mangimificio di Genola è uno dei 7, sui 57 del Piemonte, considerato R3: dove «R» sta per «rischio» e «3» per «livello massimo». Perchè, come spiega Gandolfo Barbarino, veterinario della Sanità Regio�nale, «ha una sola linea di produzio�ne con la quale realizza sia mangimi destinati a polli e suini per i quali sino alla fine del 2000 era consentito l'impiego di farine animali sia ali�menti per bovini nei quali tali protei�ne sono vietate dal '94. Se non si puliscono bene i macchinari tra una lavorazione e l'altra restano tracce che poi contaminano». «Lo escludo», ribatte Biondi. Individuati altri 500 bovini a rischio Sono sotto sequestro Il vitellino nato Ieri nell'allevamento di Pontevico che sarà abbattuto con tutti gli altri capi

Persone citate: Cascina Giuliana, Gandolfo Barba, Matteo Biondo, Moynier, Pierre Moynier, Serafin