Ne sappiamo meno di prima

Ne sappiamo meno di prima U CARICA DEGLI ESPERTI Ne sappiamo meno di prima Mina -. -. DI questo passo la pazzia la ri�schiamo noi, non la muc�ca. Frastorna�ti da dichiara�zioni contrad�dittorie e sbal�lottati da annunci ondivaghi, non ci raccapezziamo più. Dopo essere stati trafitti dall'enfasi dei titoloni in pri�ma pagina o dello speaker in tv, ci rassegniamo alla vaga sensazione, dopo tutto, di sa�perne meno di prima. Anche la scheda scientifica nelle pa�gine interne dei giornali, che in modo discreto ci dà infor�mazioni controllate, può va�riare da un giorno all'altro. A seconda dell'ultima sentenza di qualche centro di ricerca o laboratorio. E tutto questo con l'ovvio corollario di politi�ci di ogni partito che non perdono l'occasione per vomi�tare sul popolo lo stillicidio delle proprie opinioni. Se un ministro non mette la sua mano sul fuoco a proposito della sicurezza del latte, un altro gli replica che tutto è sotto controllo. Si sa, in un Paese dove ci sono cinquanta milioni di et della Nazionale, ognuno si sente in dovere di deliziarci con i propri sproloqui. E nel rincorrersi frenetico dell'opinionismo, che si ammanta di autorevolezza solo in forza della carica ricoperta, vengo�no soffocate le certezze. Questo film è uno di quelli già visti. Nel 1985 facemmo la conoscenza con un nuovo morbo, l'Aids. All'inizio ci fu presentato come una varian�te particolare di qualche ma�lattia venerea, che riguarda�va solo omosessuali e drogati. Poi si scatenò il terrore: l'Aids poteva colpire tutti, addirittura attraverso il ba�cio. La gente si portava da casa la tazzina per il caffè del bar e andavano a ruba le mascherine per proteggersi da casuali starnuti. Poi non ne abbiamo saputo più nien�te. E ancora oggi brancoliamo abbastanza nel buio. Tre anni fa, proprio a gennaio, non si parlava d'altro che del «caso Di Bella». L'Italia era spacca�ta in due e la Bindi fu costret�ta, a furor di popola, ad istituire una commissione d'inchiesta. Ma, anche in quel caso, tutto è finito nel dimenticatoio. Lo stesso sce�nario, da quiete dopo la tem�pesta, si è ripetuto dopo il bombardamento sui cibi tran�sgenici, sui rischi del fumo passivo, sul doping nello sport, sulle radiazioni dei tele�fonini. Capiterà lo stesso, questo è certo, anche per l'uranio im�poverito, per il plutonio e pol�la mucca pazza. L'unica veri�tà scientifica che potremo conoscere sarà il silenzio che calerà impietoso su questi, come sui prossimi, casi. Non c'è mai stata epoca della sto�ria cos�ricca di mezzi e, nello stesso tempo, cos�povera di certezze. Non mi riferisco solo a quelle che, radicate nel cuore, rendono la vita più degna dell'uomo, ma anche alle semplici verità scientifi�che. Siamo figli del criterio di falsificabilità, cos�come del�la teoria della conoscenza anarchica, secondo cui nessu�na lettura metodica dei «fat�ti» può giustificare una teoria piuttosto che un'altra, poiché i «fatti» sono sempre tali solo in relazione all'analisi che se ne fa in una data teoria. Ma abbiamo bisogno di certezze. Sant'Agostino scris�se: «Che cosa desidera l'uomo più potentemente del vero?». Anche nell'ambito delle que�stioni scientifiche che riguar�dano la vita reale, sentiamo l'esigenza che qualcuno ci dica qualcosa di definitivo. Parli uno, con chiarezza, e gli daremo retta. A costo di tomare all'epoca più ingenua, ma più certa, dell'«ipse dixit». -. -.

Persone citate: Bindi, Di Bella

Luoghi citati: Italia