Albertini, uno show aspettando Berlusconi

Albertini, uno show aspettando Berlusconi Albertini, uno show aspettando Berlusconi «Io ho riacceso la luce». Amato: evitiamo lo scontro Fabio Paletti MILANO Ammette il paragone azzardato quan�do dice «sia la luce», per accendere quel monumento alto trenta metri e farcito di 1200 chilometri di fibre ottiche che sembra un'asse da bucato, innalzato a fianco della stazione Cen�trale. Quindi deve essere quest'asse high-tech progettata dall'architetto inglese lan Ritchie il simbolo del «nuovo Rinascimento», di «una luce che si è riaccesa a Milano» di cui parla Gabriele Albertini nella prima giorna�ta degli Stati generali di Milano, tra gh spifferi e le botte di riscaldamento in questo tempio di cartone, plastica e tubi Innocenti dove una volta c'era la fabbrica Om. Albertini promette che se sarà ancora sindaco, chiederà al prossimo governo poteri di commissario straor�dinario per far fronte all'emergenza traffico. Per adesso si accontenta di omaggiare Giuliano Amato in video�conferenza. E incassa il suo ringrazia�mento tiepidino, l'unico che arriva da un governo che ha disertato in massa questi Stati generah, perché ritenuti troppo ad immagine e somighanza del sindaco e della sua giunta di centrodestra. «Grazie presidente per quello che hafatto per Milano...», sorride Alberti�ni ricordando i cantieri per il depura�tore e il trasferimento in città dell'Authority per il Volontariato. Amato ringrazia e parte con il suo spot: «Possiamo realizzare molte cose met�tendo in primo pianò la collaborazio�ne fra le istituzioni, tenendo da parte le partigianerie». Ricorda quanto han�no fatto in tema di sicurezza il suo governo e quelli che lo hanno precedu�to «perché Milano è una città aperta, ma non alla clandestinità». Albertini gh chiede di non trasferire a Roma il questore Finazzo, «che non vive la cosa come una promozione». In sala battono le mani per campanilismo, Amato dice che farà sapere e se ne va a collegamento ancora aperto. Eppure questi tre giorni non sono solo un gigantesco show in vista delle elezioni che Albertini combatterà con�tro un candidato per ora fantasma del centrosinistra. C'è spazio per il cardi�nale Martini in videocassetta: «Il futuro della città è multirazziale, multirehgioso, multiculturale. Ci vo�gliono amicizia e giustizia, l'accoglien�za dell'altro e la cura sollecita e' intelligente soprattutto dei più piccoli e dei più deboli». Un po' meno spazio lo ha Antonio Panzeri, segretario della Camera del lavoro, presente in carne e ossa. Un pugno di irriducibili gh tuia dalla platea «Vai in Russia» e «Vai a lavora�re», dimostrando di non gradire quel suo invito a un tavolo di concertazio�ne, a uno sviluppo sostenibile che tenga conto delie fasce più deboli criticando le privatizzazioni «discuti�bili», la nuova imprenditoria che «pre�ferisce Francoforte e Barcellona» e una classe pohtica locale «priva di qualsiasi visione strategica». In difesa di Panzeri si schiera il moderatore Emesto Auci, direttore del Sole 24 Ore: «Dobbiamo imparare ad ascoltare». Albertini e gh altri assessori applaudono. Panzeri, incas�sa amaro: «L'idea della tolleranza zero ha fatte prosehti». Tanto lo hanno già dimenticato, sopra e sotto al palco. Parla Stefano Parisi, diretto�re generale di Confindustria: «Il tem�po è importante, non è pensabile progettare lo sviluppo di Milano par�tendo da strategie di concertazioni da affidare a soggetti vari». Anche lui chiede più poteri per Albertini: «Per certe cose ne ha meno di un funzionà�rio ministeriale». Nel sindaco e neUe sue capacità crede pure Cesare Romiti, presidente della Rcs. Che sogna per Milano «un progetto capace di stupire, la città deve preservare la sua efficienza e la sua passione per l'impegno». Dei pohtici in genere si fida un po' meno Marco Tronchetti Provera, presiden�te della Pirelli: «Milano va asseconda�ta nello sviluppo. Il messaggio deve arrivare forte e chiaro a chi in campa�gna elettorale promette tutto». Silvio Scaglia di e.Biscom è convin�to che Milano sia «la capitale morale del Paese e il motore dell'economia nazionale». Giuseppe Guzzetti, presi�dente della Fondazione Cariplo assicu�ra invece che il sistema bancario «non ha la competitività necessaria per mettere fuori il naso dal cortile». Sfumature, alla fine. Che i due del partito Umanista che si alzano in piedi per contestare nemmeno raccol�gono. Mentre parla il sindaco lancia�no volantini arancione contro questi «Stati generah che sono un matrimo�nio tra profitto e ingiustizia». E qual�cuno dalla sala, invoca per loro le manette. Il sindaco Albertini agli Stati Generali di Milano