Dal cielo, semina di morte di Giorgio Boatti

Dal cielo, semina di morte Dal cielo, semina di morte Dalla Grande Guerra a oggi: come bombe, mine e gas hanno devastato uomini e terre d'Italia QUANTO dura lo scoppio di una bomba? 0 meglio per chi non s'accontenta delle risposte fomite dai manua�li di artiglieria in che misura e per quanto tempo sofferenza e distruzione possono permanere sulle vite e sui territori raggiunti dai proiettih scagliati nel corso di un conflitto? Sono domande che vicende recenti le conse�guenze delle bombe all'uranio impoverito sui componenti del corpo di pace mandati in missio�ne nei Balcani stanno ponendo. Evidenziando un aspetto doloro�so, quello dei militari contamina�ti, che tuttavia non può essere disgiunto dalla considerazione troppe volte scordata che i territori investiti da questi pro�iettili non erano e non sono disabitati. Al contrario: sono po�polati da esseri umani presumi�bilmente sensibili quanto i mili�tari, impegnati nelle operazioni di peace-keeping, agli effetti sul breve e sul lungo periodo di queste sostanze mortifere. D'al�tra parte soprattutto a partire dalla Grande Guerra la bonifica dei territori precedentemente in�vestiti dalle operazioni belliche ha rappresentato un capitolo rile�vante, anche se poco rammenta�to, della vita quotidiana di molte nostre popolazioni. Si pensi ai contadini che, a conclusione del primo conflitto mondiale, tornano ad occupare le località dislocate sul settore centrale del fronte dell'Isonzo, là, tanto per fare riferimento alla concretezza dei numeri, in un sol giorno, il 12 maggio 1917 la cosiddetta decima battaglia dell' Isonzo a cominciare dall'alba, dal Tolmino all'Isonzo, 2300 can�noni e 1000 bombarde comincia�rono a sparare con ritmo martel�lante. In quarantotto ore furono impiegati un milione di proietti�li. Molti di questi, tra quelli non esplosi, finirono sepolti tra terre che solo con immensa fatica e grandissimi rischi furono restitu�ite al lavoro dei contadini. Per anni le cronache dei giornali locali andarono avanti a registra�re morti e i feriti provocati dall' improvvisa deflagrazione di ordi�gni portati alla luce durante i lavori di aratura o di erpicatura. Ma su quegli scacchieri è tutta la natura a portare i segni della violenza bellica che si è scatena�ta su determinate aree. Decine di anni dopo la conclu�sione della guerra 1915-1918 co�s�Mario Rigoni Stem descrive una foresta dell'Altopiano di Asia�go investita dalla Grande Guer�ra: «Anche il bosco non si era ancora ripreso dai danni della Grande Guerra. Tra gli alberi antichi si era nascosta una batte�ria austriaca di sei obici da dieci, ma poi, nell'estate del 1918, un fuoco di controbatteria di centi�naia di cannoni aveva distrutto obici, alberi e uomini. Si raccon�tava che avevano sparato anche a gas e che per questo il bosco non si riprendeva, e gli alberi seccavano e morivano. Oui, poco lontano, cento metri, ci sono ancora i ruderi dei ripari, dei camminamenti, e i segni di infini�te esplosioni di bombe di ogni calibro. Dovettero lavorare mol�to per spianare il terreno, levare ceppi, reticolati, cespugli. Dalla terra appena smossa uscivano pezzi di granate, palle di piombo, cartucce. Anche ossa...». Mentre il primo conflitto mon�diale aveva investito con estrema violenza il confine nord�orientale la seconda guerra mon�diale aveva disseminato il suo impatto su buona parte della penisola: bombardamenti aerei, artigherie pesanti, campi minati erano stati pane quotidiano, lun�go diversi anni, per la stragrande maggioranza della popolazione italiana. Se al primo posto nell'es�sere colpiti erano stati centri industriali e portuali, nodi ferro�viari e ubicazioni militari non per questo erano state risparmia�te dal procedere delle operazio�ni belliche e dall'andirivieni de�gli eserciti su e giù per la peniso�la località isolate della carapagna, dell'Appennino, delle monta�gne. Apparentemente a risultare impressionanti erano i danni inferti dai bombardamenti e dalle artiglierie al tessuto produttivo del Paese. E tuttavia, secondo uno studio di Pasquale Saraceno, da noi si era stati molto più fortunati che altrove: «Contraria�mente a quanto da molti si era creduto scrive l'economista nel 1947 la realtà non era affatto disperata, specialmente in con�fronto con altri Paesi. Secondo i calcoli della Banca d'Italia, i dan�ni di guerra sofferti dall'indu�stria italiana potevano considerarsi in media IW/o per valore degli impianti. Danni maggiori aveva riportato il sistema dei trasporti...». Più perduranti era�no invece le ferite alla produzio�ne agricola soprattutto nelle zo�ne dell'Italia centrale coinvolte dalla linea del fronte. Altrettanto insidiose e presenti per un bel numero di anni erano state so�prattutto le insidie delle mine, delle bombe inesplose, degli ordi�gni giocattolo disseminati da gen�tiluomini guerrieri lungo città e paesi cos�da colpire civili e soprattutto bambini. Camuffati spesso da oggetti di uso comune penne, scatole colorate, trottole, calamai le illustrazioni di que�ste bombe che colpivano ancora quando ogni guerra era finita da tempo stavano stampate su ma�nifesti colorati diffusi in ogni aula scolastica cos�che il loro aspetto venisse memorizzato da�gli scolari. Ma nonostante que�sta vasta campagna di prevenzio�ne protrattasi per almeno una decina di anni dopo la conclusio�ne del conflitto non passava mese senza che in qualche locali�tà italiana venissero registrate vittime provocate dagli ordigni mimetizzati sotto qualche forma gentile e lasciati dietro di sé dagli eserciti in transito. Bombe e ordigni che perdura�no nell'infliggere sofferenza al di là dell'immediatezza dello scop�pio sono anche quelli della chimi�ca. Dopo le prime sperimentazio�ni tedesche sul fronte occidenta�le e le migliaia di morti inglesi e francesi si cominciarono a regi�strare attacchi a gas sul fronte italiano. Il 30 giugno 1916, sul Carso, seimila fanti italiani furo�no uccisi dal cloro sfiatato da bombole. Il gas, sotto forma di belle nubi color giallo-verde spin�te da un gentile refolo di vento, in pochi minuti era arrivato silen�zioso sulle trincee. Negli anni a venire i sopravvissuti, dai polmo�ni devastati, avrebbero ricorda�to, ad ogni respiro, il giungere di quel vento colorato. Fin dalla Grande Guerra, le bombe hanno contaminato il nostro Paese DA LEGGERE Mario Rigoni Stern Il bosco degli urogalli Einaudi 1962 Pasquale Saraceno La ricostruzione industriale italiana in Ricostruzione e pianificazione Laterza, 7969 LUOGHI COMUNI Personaggi e memorie dell'Unità d'Italia di Oreste del Buono e Giorgio Boatti (gboatti@venus.it)

Persone citate: Einaudi, Mario Rigoni, Mario Rigoni Stern, Oreste Del Buono, Pasquale Saraceno

Luoghi citati: Italia, Tolmino