Tre incognite per lo sviluppo globale di Ugo Bertone

Tre incognite per lo sviluppo globale Tre incognite per lo sviluppo globale Anche lo staffai Bush ammette le difficoltà scenario Ugo Bertone ANCHE i «guru», ai tempi della finanza globale, pos�sono essere colti in con�tropiede dalla rapidità del cam�biamento. Ad ottobre, meno di cento giorni fa, il bollettino di Goldman Sachs, per autorevo�lezza secondo solo alla Federai Reserve, prevedeva una cresci�ta superiore al 40Zo per gli Stati Uniti. A dicembre la stima si era ridotta al 2,507o. L'ultima pubblicazione, la prima del 2001, porta un titolo funesto: «L'economia americana sta en�trando in recessione?». Per ora, almeno per scara�manzia, gli economisti Usa riuniti a inizio gennaio, com'è consuetudine, per il loro con�gresso annuale rispondono in coro di no. Ma i tempi e i modi dell'azione di Greenspan (solo in altre due occasioni, nei 13 anni del suo lungo mandato, il banchiere non aveva atteso la riunione del board della Fed per agire sui tassi) hanno scos�so anche i più ottimisti. «I dati che abbiamo avuto questa set�timana commenta Lawrence Lindsey cancellano qualsiasi incertezza: l'economia ha dei problemi, qualcuno deve darsi da fare». Lindsey, ex membro della Fed, è il consigliere eco�nomico di George W. Bush, il teorico degli sgravi fiscali pre�sto e tanti per impedire che l'economia Usa interrompa bruscamente il suo lungo volo. E' questa la situazione, nuo�va ed inquietante, con cui i Grandi, Europa in testa, si dovranno misurare nei prossi�mi mesi al momento di scelte cruciali. Già questa settimana, archiviato il vertice di Basilea, ci sarà da affrontare l'ultimo round di negoziati per l'ammis�sione della Cina nel Wto, un appuntamento cruciale per scacciare tentazioni protezio�nistiche e per rilanciare, un anno dopo Seattle, il tema della globalizzazione. Poi, in attesa degli appuntamenti mo�netari di fine mese (il vertice della Bce e quello della Fed), ci sarà il meeting dell'Opec di Vienna, chiamato a ratificare il taglio della produzione di greggio, come invocano i Paesi del cartello di fronte al calo dei prezzi. Dall'esito di questi incontri, facile previsione, si capirà il destino prossimo ven�turo delle economie, compresa quella europea. Guai a sbaglia�re, la paura della recessione, in quel caso rischia di trasfor�marsi in qualcosa di reale. Sullo sfondo il confronto di sempre: Washington sembra decisa a contrastare la minac�cia della recessione o «hard landing» con un'iniezione di liquidità in grado di scongiura�re problemi al sistema del credito (già scricchiola, di fron�te a troppi cattivi pagatori, la Bank of America) e di evitare altre brutte sorprese alla «new economy» (troppe start up in crisi) e alla «old», elettricità in testa. L'Europa, invece, è re�stia a seguire gli Usa sul fronte del denaro meno caro: il ri�schio è quello di sempre, l'in�flazione, ma anche la paura che una politica monetaria troppo generosa freni la ri�strutturazione delle economie e la riforma del «w.elfare». Il rischio, insomma, è che i gover�ni, tornati «ricchi» dopo anni di austerità, non diano spazio agli investimenti e alla «new economy», ma ritornino ai vizi clientelari di un tempo. Ma, obiettano gli Usa, alti tassi in Europa possono favorire una fuga dal dollaro e la creazione di una «bolla» nel Vecchio Continente, che potrebbe gon�fiare i prezzi delle azioni e degli immobili senza beneficio per nessuno ma danni per tutti. Il dato, scomodo, con cui si deve fare i conti è che per la prima volta dopo nove anni l'America minaccia di non po�ter fare da locomotiva per le altre economie. Un bel guaio, non solo per Wall Street per�ché, come fa notare il «New York Times» e ribadiranno senza troppi complimenti gli uomini della Federai Reserve, nel mondo non ci sono alterna�tive al motore Usa. Gli Stati Uniti, infatti, assor�bono da soli il 200Zn dell'export dell'Asia, e sono un cliente insostituibile per r«hi tech» del Sud Est asiatico, della Corea, dell'America del Sud. Per non parlare del Giappone che minaccia, sottolinea il pro�fessor David Tarullo della Georgetown University (già a capo dello staff dei consiglieri di economia internazionale di Clinton), di trasformarsi nel problema numero uno. Per tre volte negli ultimi anni le autorità di Tokyo han�no annunciato l'uscita dalla recessione. Per tre volte i nu�meri li hanno smentiti. Finora, grazie alla tenuta del mercato Usa, l'export ha salvato l'eco�nomia giapponese. Ma adesso? Ridare ossigeno al motore di Washington è un buon investi�mento per tutti, predicano gli uomini della Fed. E non è difficile credere che il nuovo segretario al Tesoro, Paul 0' Nelli, la pensi come Green�span, il banchiere che, a suo tempo, quando faceva parte del «board» dell'Alcoa, nume�ro uno dell'alluminio, sugger�proprio O'Neill come nuovo amministratore delegato... La crisi giapponese, il prezzo del greggio e i rapporti Cina-Wto pesano sul futuro Il presidente degli Stati Uniti George W.Bush

Persone citate: Bush, Clinton, David Tarullo, George W. Bush, George W.bush, Green, Greenspan, Lawrence Lindsey, Nelli, O'neill