Il violino di Suwanai la bacchetta di Schneider di Leonardo Osella

Il violino di Suwanai la bacchetta di Schneider CONCERTI RAI UN PAGANINI ORIENTALE Il violino di Suwanai la bacchetta di Schneider OUANDO si è presentata per la prima volta a Torino, nella stagione scorsa della Rai, eseguendo il «Concerto» di Bruch, la giovane violinista giap�ponese Akiko Suwanai ha suscita�to vivi consensi. Ora la ragazza, vincitrice del Concorso Ciaikovskij, torna sul palco del Lingotto gioved�II gennaio alle 20,30 e venerd�12 alle 21 (nonché all'Au�ditorium La Serra di Ivrea sabato 13) con un'altro cavallo di batta�glia come il «Concerto n. 1 in re maggiore op. 6» di Nicolò Pagani�ni. Con l'Orchestra Sinfonica Na�zionale Rai ci sarà sul podio Peter Schneider, che ha sempre lascia�to di sé positivi ricordi. Il «Primo Concerto» di Pagani�ni è, come i successivi d'altronde, un «proclama» dell'arte violinisti�ca. I solista è mattatore assoluto, con l'orchestra come elegante e servizievole sfondo. Anzi, se si seguisse la volontà originale del�l'autore, la tonalità base sarebbe il mi bemolle per l'orchestra, con la parte del vioUno in re; si avrebbe quindi l'obbligo di accor�dare il violino stesso mezzo tono sopra, conferendogli un tono più stridulo e dunque più perentorio. Inutile ricordare che la parte solistica è irta di difficoltà tecni�che tremende, all'epoca di Pagani�ni assolutamente inaudite, specie nell'Allegro Spiritoso finale. Prima però, in apertura delia serata, si ascolterà l'Ouverture della «Semiramide» di Gioacchi�no Rossini. E', tra tutte, forse la più completa sotto il profilo for�male e denota il raggiungimento di una maturità stilistica ammire�vole. E' anche l'ultima opera che il compositore pesarese scrisse in Italia, prima di lasciare definiti�vamente la patria per i fasti inglesi e francesi. Dulcis in fundo, ecco la «Sinfo�nia n. 8 in fa maggiore op. 93» di Ludwig van Beethoven. Lo stesso autore la defin�«piccola» e forse proprio le ridotte dimensioni del avoro hanno finito per nuocere alla sua fortuna, schiacciata lette�ralmente dalle consorelle. In real�tà si tratta di un capolavoro, anche se non mostra quella scultoreità espressiva e formale cui il genio di Bonn ha abituato il pubblico. La partitura è giocata in chiave arguta e di simpatia in un'atmosfera che richiama espli�citamente a Mozart e Haydn: manca un tempo lento, poiché segnerebbe d'ombra una sinfonia che al contrario vuol essere tutta solare. Leonardo Osella. Il direttore Peter Schneider e Akiko Suwanai

Luoghi citati: Bonn, Italia, Ivrea, Torino