Celati La vera Hollywood è la nostra mente

Celati La vera Hollywood è la nostra mente Celati La vera Hollywood è la nostra mente Uscirà a metà gennaio «Cinema naturale», un nuovo libro di racconti tra comicità e melanconia: lo scrittore proietta un mondo di apparenze, in cui dominano la paura di perdersi, o smarrimento e la sempre più difficile ricerca di una normalità IL RITRATTO Marco Beipoliti NEL 1968 a Urbino, durante un convegno, Italo Calvino conosce Gianni Celati. Tra 1 due scatta la scintilla di un'amicizia intellettuale. Celati ha poco più di trent'anni ed è già una firma nota sui giornali e le riviste del Gruppo 63. Tre anni dopo un suo romanzo. Comiche, esce da Einaudi accompagnato da una nota di Calvino. Nella lettera in cui spiega all'amico il proprio "romanzo sperimentale". Celati scrive: "Tutto quello che scrivo lo faccio con la voglia di correr dietro o preparare la bagarre: niente m'interessa come la bagar�re, quando tutti si picchiano, tut�to scoppia, crolla, i ruoli si confon�dono, il mondo si mostra per quello che è, cioè isterico e para�noico, e insomma si'ha l'effetto dell'impazzimento generale". La lingua che racconta i misteriosi personaggi di quella storia, am�bientata non si sa bene se in im collegio, ospedale psichiatrico, pensione per villeggianti, è quella "che non si parla con nessuno tranne quando si va in vacca o si impazzisce". Nei libri successivi, tutti usciti negli Anni Settanta, Celati narra le storie di personaggi bislacchi: Dauci delle Avventure di Guizzardi è un senza-famiglia, un po' Pinocchio, un po' Harpo Marx; Garibaldi, della Banda dei sospiri, è un ragazzo che corre sempre, con a fianco un "padre sbraitone e nevrastenico". Sono libri che por�tano in primo piano il tema del corpo, la "ribelle sgrammatica" del parlato quotidiano, e scandagliano quella zona in cui la norma�lità della vita si rovescia nel suo opposto: folha, paranoia, sovver�sione spontanea. Il disadattamento dei suoi per�sonaggi è anche il disadattamento a una lingua normativa e imperio�sa, autoritaria e scolastica. Nessu�no scrittore italiano ha cos�ben rappresentato le spinte sovversi�ve e anarcoidi di quel caotico e vitale decennio che sono stati gli Anni Settanta. Poi, dopo aver dato alle stampe Lunario del paradiso, nel 1978, il libro che fa da batti�strada alla generazione dei "nuovi narratori" (Tondelli, Palandri, Piersanti, De Carlo vengono da lì). Celati tace per sette anni. Inquie�to, curioso, eternamente nomade, in viaggio tra un punto e l'altro dell'Europa e degli Usa, si dimette dall'insegnamento universitario e si dedica a silenziose ricerche, tra antropologia e sociologia, etnolo�gia e linguistica. ANico Orengo, che nel 1985 va a incontrarlo a Bologna, alla vigi�lia dell'uscita del suo nuovo libro. Narratori delle pianure, spiega che per anni ha "inseguito la danza delle parole" e che i racconti li ha raccolti sul "campo": "Sono storie naturali, ricche di.un lin�guaggio di senso comune". Il libro, e quello che lo segue, Quattro novelle sulle apparenze (Feltrinel�li), presentano un narratore com�pletamente diverso: paratattico, essenziale, al limite del naif, dedi�to alla ricerca della "normalità", tanto quanto il precedente scritto�re era teso all'incontinenza affabulatoria, alla disarticolazione della lingua. E' un cambio d'epoca. Siamo entrati negli anni del riflusso, del ritomo all'ordine. In verità, Celati non è poi cos�cam�biato. Se prima esercitava ima pressione fortissima sulla lingua )er mandarla in frantumi con 'aggressione, la smorfia, lo scat�to, la risata, adesso, lavora per sottrazione, diminuzione, elisio�ne. Prima era sopra la linea della "normalità", adesso viaggia sotto questo limite. I maestri, più o meno dichiara�ti, di questo nuovo narratore sono Peter Handke, Robert Walser, Franz Kafka. Le storie che raccon�ta sono storie minime, ma invece di restituirci una visione del mon�do perfettamente normale, gli uo�mini e le donne di questi racconti implodono nella normalità, o me�glio ancora nell'ovvietà, nell'abi�tuale. Se la normalità non è nient' altro che la verifica di una regola o norma determinata a priori. Celati procede a raccontare storie che scavano dentro questa norma con l'intenzione di coghere ciò che di non-consueto c'è nel consueto,se solo lo si osserva da vicino, lo si porta al limite estremo. Baratto, il protagonista dell' omonimo racconto di Quattro no�vene sulle apparenze, smette sem�plicemente eh parlare, diventando una sorta di idiota toccato dalla grazia, a cui gli altri i vicini di casa, il preside della sua scuola, gli amici attribuiscono una mi�steriosa santità o saggezza. Come ha scritto in un lungo saggio ancora medito Marco Sironi (Geografie del narrare). Celati oppone alla categoria della "consa�pevolezza" quella della "contem�plazione", "il riconoscimento di un quieto fluire, venato d'idiozia, di solhevo e di altre sensazioni anco�ra"; la normalità è questo: "Un ordine riconoscibile dentro un mi�te fluire". Ciò che ci salva, ripeto�no i suoi personaggi, sempre con�dotti con mano ferma dal loro narratore, è solo la ripetitività delle nostre abitudini. Nel corso degli Anni Ottanta lo scrittore emiliano è andato dietro a un gruppo di fotografi che cartografano con i loro apparecchi visivi il paesaggio italiano, in particolare Luigi Ghirri. In lui, Celati ha trovato una feheità di sguardo che consiste nel porta�re le attese al livello più basso. Le sue immagini hanno la capacità di sospendere le definizioni del mon�do: "È un momento di attesa, di silenzio". Nel 1989 esce Verso la foce (Feltrinelli) che è un diario di viaggio, di sicuro uno dei testi più importanti della narrazione del "mondo estemo" dell'ultimo tren�tennio. Dopo segue un nuovo peri�odo di silenzio, altri sette anni, interrotto da alcuni interventi, traduzioni, viaggi, una rivista. E' un altro diario. Avventure in Afri�ca (1998) che impone Celati all'at�tenzione, insieme a un testo tea�trale. E adesso sta per arrivare Cinema naturale, un libro di nove racconti, che raccoglie una produ�zione che va dal 1978 al 1998, più volte riscritta (in uscita a metà gennaio da Feltrinelli, pp. 208, L. 30.000). Il "cinema naturale" è quello che forma nella mente scrivendo e leggendo, composto di paesaggi, figure, voci, sostituisce i film di Hollywood. Il nuovo libro contie�ne due dei più bei testi di Celati, "Paralitico nel deserto" e "Novella dei due studenti". Rispetto ai racconti degli Anni Ottanta, qui la voce dell'autore si è fatta più presente, più moraleg�giante, interviene con sottolinea�ture al limite del grottesco, ironiz�za su se stessa, si fa più presente quell'ombra di malinconia che ine�vitabilmente si mescola al comi�co. E ritoma anche il tema della sessualità, uno dei temi sotterra�nei della scrittura di Celati, come ricorda Rebecca West in un bel volume appena apparso: Gianni Celati. The Craft of Everyday Storytelling (University of Toron�to Press, pp. 340): follia e sessuali�tà sono strettamente legate. In cosa consiste in definitiva l'importanza di questi racconti, come dei precedenti? Nel fatto che Celati prova a misurarsi con le pretese del nostro io, sia nella sopra-normalità della pazzia, co�me nella sotto-normalità dell'ov�vio e dell'abitudine: abbassare le pretese dell'io, rendendolo perdu�to o disperso in un mondo domina�to dalle apparenze, ha scritto Gui�do Fmk. Cos�si sentono gli studenti di nome Enrico nella "Novella dei due studenti", giunti a Ginevra per studiare con un famoso mae�stro, che vanno quasi ogni giorno a sedersi in un bar di fronte a un monumento dove si vedono le statue di esseri umani colti nei loro gesti quotidiani. Li rasserena�no quelle sculture di bronzo "pure forme senza gli impacci della sensibilità, perché tutte le emozioni gli facevano orrore e la vita era semplicemente un inferno...". Dalla storia della modella, a quella dei due anziani in Africa, dal mendicante Tugnin, che crede�va di aver parlato con Dio, a quella del detenuto, che scrive il suo poema autobiografico, a Bugli, una specie di Baratto, che vuole diventare santo in un'oasi del deserto, tutti i personaggi di questo nuovo libro fanno i conti con il proprio ingombrante "io", che vorrebbero abolire, ma di cui non riescono a fare a meno, un io che li spinge a desiderare, a bra�mare, li rende furiosi o depressi, scalmanati o abbattuti. Più s'inoltra in quella che Suo�ni chiama la "scrittura della scarsi�tà", più Gianni Celati rincontra le verbalizzazioni dell'io dei suoi pri�mi personaggi, e cos�facendo descrive in modo perfetto il no�stro smarrimento, la paura di essere perduti, e insieme l'incapa�cità di ritrovarci con le sole forze del nostro "ego", di caricarci in spalla il nostro destino. lati Hollywood ètra mente Uscirà a metà gennaio «Cinema naturale», un nuovo libro di racconti tra comicità e melanconia: lo scrittore proietta un mondo di apparenze, in cui dominano la paura di perdersi, o smarrimento e la sempre ù difficile ricerca di una normalità i ha raccolti sul "campo": "Sono rie naturali, ricche di.un lin�aggio di senso comune". Il libro, quello che lo segue, Quattro velle sulle apparenze (Feltrinel�presentano un narratore com�tamente diverso: paratattico, enziale, al limite del naif, dedi�alla ricerca della "normalità", nto quanto il precedente scritto�era teso all'incontinenza affabuoria, alla disarticolazione della gua. E' un cambio d'epoca. Siamo entrati negli anni del usso, del ritomo all'ordine. In rità, Celati non è poi cos�cam�ato. Se prima esercitava ima essione fortissima sulla lingua r mandarla in frantumi con ggressione, la smorfia, lo scat� la risata, adesso, lavora per trazione, diminuzione, elisio� Prima era sopra la linea della ormalità", adesso viaggia sotto esto limite. I maestri, più o meno dichiara�di questo nuovo narratore sono ter Handke, Robert Walser, Franz Kafka. Le storie che raccon�ta sono storie minime, ma invece di restituirci una visione del mon�do perfettamente normale, gli uo�mini e le donne di questi racconti implodono nella normalità, o me�glio ancora nell'ovvietà, nell'abi�tuale. Se la normalità non è nient' altro che la verifica di una regola o norma determinata a priori. Celati procede a raccontare storie che scavano dentro questa norma con l'intenzione di coghere ciò che di non-consueto c'è nel consueto,se solo lo si osserva da vicino, lo si porta al limite estremo. Baratto, il protagonista dell' omonimo racconto di Quattro no�vene sulle apparenze, smette sem�plicemente eh parlare, diventando una sorta di idiota toccato dalla grazia, a cui gli altri i vicini di casa, il preside della sua scuola, gli amici attribuiscono una mi�steriosa santità o saggezza. Come ha scritto in un lungo saggio ancora medito Marco Sironi (Geografie del narrare). Celati oppone alla categoria della "consa�pevolezza" quella della "contem�plazione", "il riconoscimento di un quieto fluire, venato d'idiozia, di solhevo e di altre sensazioni anco�ra"; la normalità è questo: "Un ordine riconoscibile dentro un mi�te fluire". Ciò che ci salva, ripeto�no i suoi personaggi, sempre con�dotti con mano ferma dal loro narratore, è solo la ripetitività delle nostre abitudini. Nel corso degli Anni Ottanta lo scrittore emiliano è andato dietro a un gruppo di fotografi che cartografano con i loro apparecchi visivi il paesaggio italiano, in particolare Luigi Ghirri. In lui, Celati ha trovato una feheità t*?*1 .v™** ■vm ik,. v sm v ■**^ ^^^v ^•' #*: ^ ^jfi tt f y 7 f �ìli 7i i//

Luoghi citati: Africa, Bologna, Bu, Europa, Ginevra, Hollywood, Urbino, Usa