Papà Mao di Francesco Sisci

Papà Mao Politica, gelosie e drammi famigliari: esce in Cina una biografìa del leader scritta dalla figlia Li Min Papà Mao Francesco Sisci PECHINO AMAVA Mao Zedong, ma non come altri, e lo ricorda jn maniera struggente: quel�la volta che era andata a vederla pattinare sul ghiaccio, quando passeggiava con lei sulla spiaggia di Beidahe, quando prendeva il fresco sulle Colline Profumate. Per Li Min, oggi sessantaquattrenne, Mao era proprio speciale perché era suo padre, e lo raccon�ta in un libro rivelazione uscito senza alcuna fanfara, anzi quasi clandestinamente, in questi gior�ni a Pechino. Alla casa editrice dicono che è impossibile parlare con l'autrice, ci vuole un permesso del Politburo del Partito. I suoi ricordi non sono semplice affare personale, ma patrimonio del Paese, e del resto tutto lo è di lei, a comincia�re dal suo cognome che oggi è Li, seguendo il poco conosciuto no�me di battaglia del genitore: Li Desheng, Li il vittorioso. La storia di Li Min in Mio padre Mao Zedong vale forse una nota a pie di pagina nei libri di storia. Non ci sono grandi rivela�zioni sull'uomo che, nel bene o nel male, ha lasciato la sua gran�de impronta sulla Cina moderna. Tutto è come vuole la storiografia ufficiale. La matrigna Jiang Qing era buona all'inizio ma poi è diventa�ta cattiva e alla fine «ha fatto la fine che meritava»; Mao era un buon padre ma la rivoluzione culturale e anche il Grande Balzo in avanti non gli diedero lustro e la figlia commenta: «i limiti delle sue idee lo portarono a creare un altro decennio di sofferenze al Paese, ma gli uomini non possono andare al di là della storia o di se stessi»... Tutto come era già scrit�to nei tomi del partito. Quello che non c'è nella gran�de storia è però l'adorazione della figlia per questo padre che era anche il padrone del Paese. Ci racconta di come Mao si prendesse cura di insegnarle il cinese che aveva quasi dimentica�to dopo il suo lungo esilio in Russia. Ricorda il suo affetto per il fratello maggiore Anying, figlio della prima moglie di Mao, che sarebbe morto, quasi per disgra�zia, in un bombardamento ameri�cano durante la guerra di Corea. Sentiamo la spina della gelosia quando Li Min parla della sorella minore Li Na, figlia di Jiang Qing. Per lei il padre chiese un consesso clinico per assicurarsi che la sua appendicite non andasse a male. Lei, Li Na, soprattutto, rimase a Zhongnanhai, la reggia imperiale trasformata in residenza del par�tito, quando Li Min ne fu cacciata nel 1963. E questo è uno dei tanti punti interrogativi del libro: perché Li Min dovette lasciare Zhon�gnanhai e perché potè vedere Mao solo 13 anni più tardi, alla sua morte? Li Min scrive che alcune forze oscure (forse la matrigna Jiang Qing?), la tennero lontana dal padre. Ma è impossibile che Mao, signore dei destini di milioni di cinesi, non avesse la libertà di incontrare la figlia. Più probabile invece che lui stesso non l'avesse più voluta incontrare, ma poi perché? La domanda si riverbera nel�l'orrore della vita di questo uomo che ha visto la sua famiglia massa�crata, i suoi fratelli uccisi, e il suo unico figlio maschio sopravvissu�to alle persecuzioni nazionaliste, perso in un manicomio. Morte e follia perseguitano del resto an�che le sue mogli: la prima Yang Kaihui è fucilata, dopo essere stata probabilmente torturata, dai nazionalisti, la seconda mo�glie He Zizhen, madre di Li Min e sorella di un maresciallo della Cina rivoluzionaria, deperisce in un ospedale psichiatrico russo prima, e in uno cinese dopo. Del resto quest'aria di morte e follia aleggia intorno a Mao per tutto il libro, come la tradizione cinese vuole che sia per gli impe�ratori, terribili come draghi. Li Min si sforza di darci l'aspetto umano, bonario, affettuoso del�l'uomo, che si cura dei figli, che adora scherzare, che si attarda a presentare i rispetti confuciani alla tomba dei genitori defunti. Eppure sembra sempre che man�chi qualcosa al ritratto del padre. Jiang Qing, in contrasto, è ima immagine compiuta. In adorazio�ne di Mao, attrice in ogni momen�to della vita domestica. «Mi loda�va davanti a tutti, diceva che avevo talento per disegnare e avevo delle belle gambe che avrebbero meritato un addestra�mento atletico» spiega Li Min e aggiunge che ripete alla figliastra che le avrebbe trovato un mae�stro di disegno, un allenatore. La ragazza sul principio ci crede ma poi il maestro di disegno non appare mai, cos�come non compa�re Tallenatore. È lei Jiang Qing, che Li Min vede tramare dietro il trasferi�mento della madre He Zizhen da Mosca direttamente a Canton, senza passare da Pechino come Mao avrebbe voluto.È contro di lei, che la zia, sorella della madre, la mette in guardia, è lei che negli Anni 40 tesse maglioni per Anying, il figlio prediletto del presidente...forse solo per conqui�starsi un pezzo di cuore del pa�dre. Ed è quella morte che forse più di ogni altra cosa, cementa il risentimento di Mao per il mare�sciallo Peng Dehuai, comandante delle truppe cinesi in Corea. Mao gli aveva affidato il figlio e questi non solo lo fece morire ma gli diede la notizia all'improvviso, convinto, dirà Peng dopo, che altri dal fronte lo avessero avver�tito. Cos�rapporti umani e politici si presentano annodati in manie�ra indipanabile. La politica del resto sembra prevalere su Mao anche nei rapporti familiari più intimi. «Nella mediazione dei nostri litigi [tra Li Min e Li Na, n.d.r.] non chiedeva mai di chi era la colpa o ci rimproverava. La sua tattica migliore era sfumare le differenze tra giusto e ingiusto. Ci diceva spesso: la sorella mag�giore deve occuparsi della sorella minore, e la sorella minore deve ascoltare la sorella maggiore». Questi interventi sembrano rimprendere le linee del saggio di Mao sulla Contraddizione in seno al popolo, e qui vediamo anche vecchi insegnamenti confuciani che tornano a galla in Mao in persona, il filosofo cinese forse più anti confuciano del secolo. Le passioni di Mao, secondo Li Min, sono solo i libri e la storia. La sua celebre furia affiora solo una volta, diretta contro Jiang Qing colpevole di avergli fatto una maglia intema di seta. Mao è di gusti semplici, incurante dei lussi. E cos�dicono oggi che vivono le sue figlie, in case mode�ste, lontane dallo sbarluccichio degli hotel a 5 stelle che ormai punteggiano Pechino e la Cina. Sulla Cina moderna Li Min non dice niente. Ma tra le voci del Paese c'è anche quella che la sorellastra Li Na, oggi sessanten�ne, sia disgustata delle riforme, ogni tanto compare in riunioni di vecchi uomini di sinistra per raccontare che cos�la Cina non va. Anche lei, come la sorella, il padre e la madre, non parla solo di politica ma di vita, ricordi... di quando era bambina ed era figlia dell'imperatore ed ora non è nul�la, non ha nemmeno nome, non può nemmeno andare per strada e gridare «sono figlia del presiden�te Mao». Come la sorella è prigio�niera della storia e di una mancia�ta di ricordi di fatti piccoli, forse minuscoli, ma che 30, 40 anni fa decisero la vita o la morte di milioni di uomini. Tra manicomi, tragedie e guerre aleggia un 'aria di morte e follia secondo la tradizione che vuole gli imperatori terribili come draghi C'è anche tenerezza nel ricordo di un padre che trova il tempo per passeggiare con la figlia sulla spiaggia e sa ascoltare i suoi problemi *te*m^*. Mao con la figlia Li Min quando lei, oggi sessantaquattrenne, era poco più che bambina. A sinistra un ritratto di famiglia del leader cinese, Li Min è la prima da sinistra, accanto al padre. Mao Zedong ebbe una vita famigliare molto travagliata: il figlio prediletto Anying fu ucciso in Corea durante la guerra, la seconda moglie He Zizhen fu torturata dai nazionalisti e passò lunghi anni in ospedali psichiatrici russi e cinesi.