«Sempre pronti a negoziare purché tornino i prohighi»

«Sempre pronti a negoziare purché tornino i prohighi» -————* -t-—'" — :—^—,— — — .: —~ :—-—~—-—■■~ '—~—~FEISAL HUSSEIN! MINISTRO DEI PALESTINESI PER GERUSALEMME «Sempre pronti a negoziare purché tornino i prohighi» Fiamma Nlrenstein GERUSALEMME FEISAL Husseini è il ministro di Arafat per Gerusalemme: la sua classe e il suo aplomb bri�tannico sono classiche delle fami�glie arabe aristocratiche della Città Santa. Fra queste, quella Husseini è una famiglia guerriera: il padre di Feisal, Abd al Kadr, era il comandan�te ucciso nella mitica battagha del Castel, sulla via di Gerusalemme, nell'aprile del 1948. Il ritratto del padre col fucile in mano campeggia nella casa di Feisal a Gerusalemme Est, per gh arabi Al Quds, e si può immaginare che proprio dalla scon�fitta del suo glorioso padre Feisal tragga la sua inflessibile determina�zione all'affermazione dei diritti pa�lestinesi. E' il fondatore della Orient House, lo stratega della politica per Gerusalemme, un capo riconosciu�to, una personalità piuttosto unica nel mondo palestinese: pacato e duro. Appare piuttosto soddisfatto della nuova apertura verso un even�tuale processo di pace, e mostra un insolito buon umore. Dopo tanti scontri la via del negoziato è di nuovo aperta, o è un'illusione da cui presto dovremo risvegliarci? «Siamo sempre stati pronti a un negoziato sulla base di un ritiro degli israeliani dalla West Bank entro le linee del '67, compresa Gerusalemme che è la nostra capita�le...» Questi temi sono sul tavolo delle trattative. La proposta Clinton non corrisponde esat�tamente a questo slogan, tutta�vìa Arafat ha dato un assenso di massima. E' un vero assen�so? «Per ora è un segnale di volontà di pace, un assenso condizionato. Ab�biamo presentato tutte le nostre obiezioni». Che sono numerosissime. «Le obiezioni sono quelle che devo�no essere, sono i punti per noi importanti, indispensabih, quello che serve perché si possa giungere un accordo. Comunque, si spera di entrare presto in negoziati». C'è un punto che per gli israe�liani non è negoziabile: quello che afferma il diritto al ritor�no dei profughi. I ministri de�gli esteri arabi riuniti al Cairo lo hanno chiamato «un diritto sacro», ma è il tema che più di Gerusalemme può scatenare la guerra. ((Anche per i profughi noi chiediamo di restare nella legalità intemazio�nale, stabilita dalla risoluzione 194 dell'Onu». Si tratterebbe tuttavia di una contraddizione: fondate lo Sta�to con capitale Gerusalemme, e invitate i profughi ad andare a stare in Israele. «Prima di tutto chiediamo il ricono�scimento del loro diritto al ritomo: è indispensabile capire che queste persone hanno tanto sofferto e devo�no godere della possibilità di una libera scelta. Quanto alla realizza�zione pratica del riconoscimento, essa è un argomento di dibattito, una questione di cui conosciamo la delicatezza rispetto ai tempi e ai modi della sua realizzazione prati�ca». In realtà dunque lei dà segno di una maggiore negoziabihtà. «Non per il diritto, ma per la realiz�zazione». Un grande problema che avete di fronte è il consenso del vostro stesso popolo. Arafat non si troverà di fronte una popolazione infuriata, nel mo�mento in cui dovesse annun�ciare di aver raggiunto un ac�cordo col nemico? «Non credo che il popolo sia contro Arafat. Al contrario: nel momento in cui saremo in grado di portare degli eventuali risultati concreti, la gente sarà certamente disposta ad apprezzare la pace». Non crede che occorra un ces�sate il fuoco, per trattare? E' la base di ogni manuale di strate�gia. Non si tratta sotto il fuoco. «Le attività sul terreno potranno cessare solo nel momento in cui saranno stati raggiunti risultati tan�gibili. La situazione è molto tesa, non dimentichi che abbiamo soffer�to molte perdite, molte violenze». Ma se non ponete un freno alla violenza prenderanno sempre più forza i movimenti come Hamas, gli integralisti islami�ci, che di certo spingeranno alla continuazione del conflit�to con gh attentati terroristi�ci. ((Anche Hamas, quando vedrà che abbiamo saputo difendere anche i suoi diritti, sarà con noi». Lei, in questa fase, è soddisfat�to di come avete condotto il conflitto? Non le sembra che vi scappi di mano? ('Abbiamo pagato un prezzo molto alto in termini di morti e feriti, ma direi che adesso ciò che occorre per giungere a una pace reale appaia più realisticamente al mondo inte�ro. La nostra forza è la nostra detenninazione nel sostenere un'eventuale trattativa. Anche que�sto è frutto di questa Intifada». «Quello del nostro presidente è un segnale di volontà di pace, un assenso condizionato Le obiezioni sono i punti per noi indispensabili perché ci sia un accordo»

Persone citate: Arafat, Clinton, Fiamma Nlrenstein, Husseini