«Le prove della contaminazione nei documeirti serbi e dell'Onu» di Giuseppe Zaccaria

«Le prove della contaminazione nei documeirti serbi e dell'Onu» LA DENUNCIA: «FURONO LANCIATI 50 MILA ORDIGNI» «Le prove della contaminazione nei documeirti serbi e dell'Onu» retroscena Giuseppe Zaccaria ) t,^^, LE particelle di uranio impo�verito ("Du") sono invisibili, prive di sapore e di odore, per scoprire la loro esistenza sono necessarie attrezzature par�ticolari e personale molto esper�to. Una volta individuate, è ne�cessario esaminare il terreno e marcare i luoghi contaminati. Le munizioni al "Du" rappresenta un rischio di danni a lungo termi�ne per il genoma umano e per l'umanità». Per maggiori ragguagli sull'ar�gomento ci si può rivolgere alla professoressa Catherine Euler, docente a Manchester, autrice di queste righe e relatrice alla cin�quantunesima sessione della sub�commissione Onu per la difesa e promozione dei Diritti Umani. Queste cose venivano dette e scritte nell'agosto di due anni fa, proprio mentre cominciava a cir�colare la prima relazione delle Nazioni Unite sugli effetti della campagna di bombardamenti su Serbia e Kosovo. Negli stessi giorni a Belgrado, a cura del ministero degli Esteri, stava per essere pubblicato un libretto dal�la copertina nera che porta il titolo: «Fatti conseguenti all'uso dell'uranio impoverito nell'ag�gressione Nato contro la Repub�blica Federale di Jugoslavia». In quei documenti c'era già tutto, bastava aver voglia di leggere. Nel rapporto dell'Onu, steso poco dopo, la fine della guerra, l'effetto dei condiziona�menti è ancora molto forte e certe previsioni vengono rese dunque il forma ellittica. Nel «libretto nero» jugoslavo i disa�stri, com'è ovvio, vengono enun�ciati in modo molto più netto ma facendo sempre ricorso a fonti scientifiche occidentali, preferi�bilmente americane. Per chi avesse voglia di consul�tarle le pubblicazioni sono le seguenti: «The Kosovo Conflict, Consequences for the Environment and Human Settlements» (pubblicato in Svizzera a cura dell'United Nation Environment Programme e dell'Un Centra for Human Settlements) e «Facts on consequences of the use of depleted uranium in the Nato aggression against Frj» (Belgrado, ago�sto '99). Primo punto: le bombe. Quan�te ne sono state sganciate e dove? Su questo punto il rapporto dell'Onu è forzatamente evasi�vo: la missione esplorativa in Serbia e Kosovo si è svolta subito dopo la fine delle ostilità ed il capo missione, Pekka Haavisto, già ministro dell'Ambiente in Finlandia, può solo far notare come «in mancanza di ogni infor�mazione su tipo, quantità e loca�lizzazione delle bombe "Du" sgan�ciate, si può solo far ricorso al buonsenso». Il buon senso dei commissari (due professori svedesi, due au�striaci, uno svizzero; un olande�se) spinge il documento a qual�che acrobazia logica. Per esem�pio: «Anche se al momento non è stata trovata alcuna prova di contaminazione da "Du", ciò non esclude la possibilità che in Koso�vo vi siano aree contaminate». Anzi, gli scienziati ritengono che, «durante ed immediatamen�te dopo ogni attacco con uso di "Du", persone nelle immediate vicinanze possono essere state esposte violentemente all'uranio impoverito attraverso la respira�zione. L'ampiezza di questo pos�sibile problema dovrebbe essere studiata con speciali esami, e ciò è applicabile anche su individui potenzialmente infetti che risie�dono a lungo in quelle aree». Ed ancora (pagina 63): «I risul�tati di queste analisi sono genera�li ed applicabili non soltanto in Kosovo, ma anche nelle altre aree colpite durante il conflitto». Ecco: le «altre aree». E qui conviene esaminare il «libretto nero» jugoslavo, il cui principale torto è quello di essere stato pubblicato in un momento in cui Milosevic era ancora presidente e di conseguenza i serbi ancora «cattivi». Nel «j'accuse» di Belgrado due elementi balzano all'occhio. Se attraverso il segretario Robert�son, la Nato aveva ammesso l'uso di 31 mila «proiettili» ad uranio impoverito, l'esercito ju�goslavo valuta gli ordigi al «Du» in «quasi 50 mila, lanciati su oltre 100 zone densamente popo�late in Kosovo e Metohja, ed in otto zone al di fuori della provin�cia». Fra le otto zone ci sono la Bosnia, i confini del Montenegro, )a Valle del Presevo. Secondo i primi rilievi, la contaminazione nelle aree più colpite era «supe�riore di 1100 volte al livelli di radioattività ammessi». Ma è davvero cos�pericoloso il «Du»? «La dispersione delle particel�le di "Du" non può essere control�lata o prevenuta e può estendersi agli Stati ed alle regioni vicine. Nell'aria la polvere fine e radioat�tiva dell'uranio impoverito può spostarsi fino a 40 chilometri di distanza. In base alle condizioni metereologiche, il «fall-out» del "Du" è virtualmente illimitato». Lo scrivono ancora i òerbi ma citando Léonard Dietz, fisico nu�cleare del «Knolls Atomic Laboratory». Lo specialista americano si era occupato nel giugno '96 della «Sindrome del Golfo» che av^va colpito migliaia di soldati ameri�cani. Secondo il «libretto nero» di Belgrado, perfino in Grecia oggi si registrano livelli di radioattivi�tà del 25 per cento superiori al normale quando il vento spira da Nord. ((A causa del ben noto effetto mutagenico del "Du" scrivono gli esperti militari di Belgrado per ogni 100 mila persone è lecito attendersi un incremento di tumori o leucemie che andrà dai 3 mila ai 21 mila casi». Negli Stati Uniti la «Sindrome del Golfo» e la necessità di com�battere l'uso di armi all'uranio aveva dato vita ad un'organizza�zione denominata National Gulf War Resouces Centes (Ngwrc). Mei marzo del '94 fu pubblicato in America uno studio dell'asso�ciazione sulle famiglie di 251 veterani del Golfo nello Stato del Mississipi. Il 67 per cento dei bambini nati dopo la guerra pre�sentavano deformità congenite. Forse i nostri generali potran�no ritenersi parzialmente assolti dall'annotazione che compare a pagina 13 del documento: «Nei fatti, gli Stati Uniti hanno conta�minato il territorio e adesso nelle aree più infette sono schierati uomini di altri Paesi. Le armate ed i governi dei Paesi Nato sono informate dei rischi derivanti del "Du". Qualche governo ha delibe�ratamente esposto i propri solda�ti e poliziotti nelle province del Kosovo, mentre altri hanno adot�tato alcune misure». «Il governo olandese ha forni�to i suoi soldati di tute protettive ed il 30 giugno scorso li ha ritirati dal Kosovo; i soldati italia�ni e tedeschi usano acqua e cibi importati, anche se nessuno può evitare gli effetti della respirazio�ne...». Gli stessi serbi, fino a qualche tempo fa e soprattutto sotto il regime di Milosevic, in fondo temevano di diffondere dati trop�po allarmistici (o troppo realisti�ci) sulla «Sindrome del Kosovo». Accusare la Nato (anzi, gli Stati Uniti) di aver «deliberatamente minato l'esistenza ed il futuro di un'intera regione» significava an�che gettare la popolazione nel panico. Forse anche per questo nel�l'agosto scorso il «libretto nero» di Belgrado fin�con l'avere una circolazione alquanto limitata. E fu davvero un peccato perchè avrebbe potuto fornire indicazio�ni preziose soprattutto a noi italiani. In copertina si vedono soldati coperti come astronauti che con un «detector» sondano il territo�rio jugoslavo. Sulla mappa la presenza di uranio impoverito è segnata da quella sorta di mar�gherite gialle e nere che rappre�sentano il simbolo intemaziona�le dell'inquinamento radioatti�vo. In una zona del Kosovo quelle margherite si infittiscono fino a diventare un orrido prato che avvolge Pec, Djakovica, Klina. Proprio la zona assegnata ai soldati italiani. Già due anni fa uno studio presentato al Palazzo di Vetro metteva in guardia sui gravi rischi di radioattività delle particelle di uranio impoverito» Il caricamento sugli aerei delle bombe all'uranio impoverito durante la guerra del Kosovo

Persone citate: Catherine Euler, Dietz, Mei, Milosevic, Pekka Haavisto, Quan