« Un tumore dal Kosovo »

« Un tumore dal Kosovo » « Un tumore dal Kosovo » Militare passò 4 mesi nei Balcani Maria Corbi ROMA Ventitré anni sono pochi per morire e Alberto (il nome è di fantasia) lolla con tutta la forza della sua giovinezza per combat�tere il linfoma di Hodgkin, un tumore del sangue diagnosticato tre mesi dopo il suo rientro dalla missione in Macedonia. A 30 chilometri dal confine con il Kosovo, con il grado di caporalmaggiore dal marzo al giugno del '99, si è occupalo di materiali logistici. «Intorno a me esplode�vano le bombe americane, forse il mio male è arrivalo dalle polveri rimaste nell'aria». Forse. Alberto anche lui sardo, di Cagliari, come alcuni dei ragazzi ammalali non ha certezze su quello che è accaduto: «Nessuno ci ha mai avvertito del pericolo anche perchè un'informativa è uscita solo dopo la morte di Salvatore Vacca, il primo milita�re colpito da tumore al ritorno dai Balcani. Io non posso dire che la mia malattia è stala causata dall'uranio impoverito, ma so che può esserne stata accelerala l'insorgenza. E infatti tutti noi ci siamo ammalati al ritorno dalla missione». «Ma quello che le sto dicendo, continua Alberto, l'ho sapulo leggendo "L'Unione Sarda", non certo dai miei superiori che non mi hanno mai chiamato, mai chiesto se avevo bisogno di qual�cosa. E quel che è più doloroso non mi hanno mai rassicurato sul mio futuro. Ho una gran paura di perdere il lavoro e questo succederà se, come è probabile, non verrà riconosciu�ta la causa di servizio». L'altra notte è stala lunga per questo ragazzo dai modi franchi e gentili che fino all'alba ha pensato a Salvatore Carbonaro, il ragazzo di Siracusa morto di leucemia che aveva prestato ser�vizio in Bosnia. «Mi è dispiaciu�to tantissimo. Ed è impossibile non riflettere sul fatto che si è curalo un anno, più o meno il percorso che ho fallo io. Mi sforzo di pensare alle persone che sono guarite, ma nello slesso tempo vedo che ci sono persone che non ce la fanno e allora mi assalgono la rabbia e i dubbi. Torse, se al ritorno della missio�ne, sia a me che a questo ragazzo scomparso avessero fatto dei controlli si sarebbe potuto fare qualcosa di più». Ad Alberto non è mai stata fatta una visita né durante né al ritorno dalla Macedonia. «Mi sono accorto di stare male a ottobre», racconta. «Avevo un linfonodo infiammato e cos�so�no andato all'infermeria della mia caserma (si trova in Piemon�te, ndr), dove mi hanno fatto capire che poteva essere una sciocchezza come una cosa gra�ve. Sono corso a Napoli, dove ho parte della famiglia, e al pronto soccorso di un ospedale hanno capilo che i miei sintomi sudori notturni, formicolìi alla gamba, stanchezza sono quelli tipici del linfoma di Hodgkin. Io non potevo sospettare nulla di simile perchè ero un po' stanco, ma attribuivo questo stato allo stress visto che avevo appena fatto un corso di alpinismo». «Cos�rientro a casa, in Sarde�gna continua a raccontare Alberto e a Cagliari mi ricovero al Santissima Trinità. Al reparto infettivi mi fanno le analisi e da una lastra scoprono che ho una massa di sette centimetri di lunghezza e tre di diametro nel�la zona mediaslica. Ma è al Businco che mi operano e mi tolgono il linfonodo». Purtroppo l'esame istologico non lascia dubbi, si tratta di un linfoma di Hodgkin, maligno e in uno stato avanzato. «Mi si stava già lesionando un femore spie�ga Alberto e, se non si interveni�va subito, il male poteva conti�nuare a svilupparsi nelle ossa». Inizia cos�l'incubo della che�mioterapia. Alberto combatte, vuole guarire. Ripete a se stesso e agli altri: «Sono sicuro che tornerò quello di prima», ma ha paura perchè sa che potrebbero congedarlo se l'assenza per ma�lattia si protraesse oltre i due anni. Nessuno a quel punto si è ancora fatto vivo. «Non ho più avuto contatto con i militari, se non quando vado all'ospedale militare per il rinnovo della convalescenza. Sono io che infor�mo gli organi militari di come sta andando e non sono loro che si interessano. Ma, nonostante tutto, aspetto sempre quella ma�no che si tende per offrirti un appoggio. Ne ho bisogno». Non c'è rancore, non c'è rasse�gnazione nelle parole di questo caporalmaggiore. Le sue giorna�le sono scandite dalle cure e dalla speranza. Per adesso è a Napoli, dove ha vicino la fidanza�ta. «Speravo di guarire in un anno confida ma purtroppo non è andata così». Ci vorrà più tempo, ma Alberto è sicuro che tornerà a indossare la divisa: «Ci tengo molto a questo lavoro, ho fatto bellissime esperienze so�prattutto nell'aiutare chi aveva bisogno. Ho visto tanti bambini disperati. La prima cosa che facevi era dargli un posto ripara�lo, del cibo caldo e le medicine. Sono cose che rimangono den�tro. E nonostante quello che è successo non vorrei che finisse�ro queste missioni perchè quan�do si può si deve dare sempre un aiuto». A 23 anni un caporalmaggiore sardo lotta contro un linfoma: «Mi sono ammalato appena ritornato dalla missione» «Intorno a me esplodevano bombe americane e forse il mio male è arrivato dalle polveri rimaste sospese nell'aria»

Persone citate: Hodgkin, Salvatore Carbonaro, Salvatore Vacca

Luoghi citati: Cagliari, Kosovo, Macedonia, Napoli, Siracusa