Vivere per strada, un cartone per dormire, raccogliendo stracci

Vivere per strada, un cartone per dormire, raccogliendo stracci Vivere per strada, un cartone per dormire, raccogliendo stracci LA gente si occupa dei barbo¬ ni solo a Natale o durante l'emergenza freddo: così la pensano molti "senza fissa dimora", che avvertono un po' di calore umano solo nei momenti eccezionah. Prima e dopo il Nata¬ le e U grande freddo, tutto rien¬ tra nella norma dell'indifferenza o dello stigma, per persone che abitano da estranei o da strava¬ ganti il nostro stesso mondo. Eppure si tratta di figure che non passano inosservate neha società e che interpellano la co¬ scienza deha gente. Non hanno scelto loro di vivere così? Sono persone costrette ai margini del¬ la società o portatori di ima particolare filosofia di vita? Co¬ me mai il fenomeno si sta diffon¬ dendo tra i giovani? Come fa un essere umano a vivere nel Duemi¬ la senza casa, cohezionando stracci e buste di plastica, rovi¬ stando nei cassonetti di immon¬ dizia, convivendo ogni giorno con parassiti vari? In questo strano mondo si è calato - con il saggio "Il nome del barbone edito da Derive Approdi - Federico Bonadonna, sociologo e consulente per le politiche so¬ ciali del Comune eh Roma, già collaboratore di don Di Liegro, rimpianto animatore deha Cari- tas locale. Per un anno, questo ricercatore ha fatto dell'osserva¬ zione partecipante neha capita¬ le, raccoghendo molte storie di vita col supporto di ima teleca¬ mera e di un registratore, condi¬ videndo con i barboni i giomi e le notti, il gelo e il sole bohente. Di alcuni è diventato amico, men¬ tre altri è riuscito soltanto a sfiorarh. Molti di essi sono già morti. Come si sa, quella degli home¬ less è una condizione assai diffu¬ sa in tutti i paesi occidentali, con punte massime negh Usa. In Itaha si stima che siano più di 50.000, di cui oltre il 100Zo soltan¬ to a Roma. La metà di essi sono stranieri. Ma è sui «barboni» nostrani (in particolare su quelli che rifiutano l'assistenza pubbli¬ ca e privata) che Bonadonna ha puntato la sua telecamera, dan¬ do vita ad un'efficace etnografia deha povertà estrema, che si ahmenta di un continuo intrec¬ cio di storie di vita e di considera¬ zioni di ricerca. Per gli homeless romani (tra cui c'è anche gente del ceto medio, casi sia di povertà mate¬ riale sia di profondo disagio so¬ ciale e psicologico) la strada rap¬ presenta non solo un luogo di marginalità ma anche una fonte di risorse. Scivolare nella vita di strada significa anzitutto vivere senza una casa, con tutte le conseguenze drammatiche che ne derivano; l'impossibilità di trovare un lavoro, di curare nor¬ malmente il proprio corpo, di mantenere una certa igiene fisi¬ ca e morale, di coltivare la pri¬ vacy (affetti, oggetti, se stessi), ecc. E' co¬ me abitare una casa dahe pareti di vetro; ecco il "grande fratel¬ lo" quotidiano dei barboni I Alla lunga però il "sistema del barbo¬ ne" si impone e si finisce per accettare ciò che per tanto tem¬ po si è cercato di evitare. Così la vita da barbone assume il carat¬ tere di una dipendenza, per cui diventa un'abitudine non lavarsi RECENFraGa SIONE co lli per settimane, dormi¬ re su un cartone, con¬ solarsi con l'alcol o la droga, vivere sempre all'erta e in difesa. La vita di strada rende però i barboni esper¬ ti in tecniche di so¬ pravvivenza, costrin- gendoh ad affinare le loro capaci¬ tà di adattamento. Gh homeless hanno tutto un mondo di risorse minime cui ricorrono per garan¬ tirsi la sopravvivenza: i luoghi del sonno (portici, sottoponti. giardini pubblici, auto abbando¬ nate, ecc.), gh spazi di aggregazio¬ ne (bar, piazze, angoli riparati, mense, centri di assistenza), gli scambi e la solidarietà reciproca, i luoghi deha cohetta, ecc. Para¬ dossalmente, quindi, lo stesso habitat cittadino diventa per es¬ si una risorsa. Perché questa gente continua a stazionare a Roma? Perché sono così stabili neha città? Proprio l'assenza di una casa h costringe a radicarsi in un ambiente "che sia il più definito e stabile possibhe". An¬ che la precarietà estrema produ¬ ce le sue forme di stabilità e di identità. Tra i barboni di questa indagi¬ ne e i centri di assistenza sociale non corre buon sangue. Forse perché si tratta di homeless estre¬ mi, più pohticizzati della media o più incattiviti dalla vita. Di fatto spesso rifiutano l'assisten¬ za notturna e anche quella diur¬ na offerta dai vari servizi, anche quelli del volontariato. La critica è globale, tipica di chi percepisce il mondo come nemico, termine che accomuna "la politica" dei preti, gh intrahazzi dello Stato, i dormitori "che sono dei lager", gh ospedah che dicono di non essere dei dormitori, i servizi indecenti, i volontari "che ci imbottiscono solo di panini", il terzo settore che preferisce gh immigrati, ecc. All'osservatore incline al coin- volgimento anche questa gente sfigata appare densa di umanità. C'è una filosofia spicciola e un sapere sociale diffuso in molti discorsi, segno di un modo non banale di stare al mondo e di reagire alle vicende deha vita. Nel gergo locale, molti passano il tempo "spaccando il culo ai pas¬ seri", cioè filosofando "dehe cose ultime o di che cosa ti insegna questa vita di merda. Sullo sfondo non vi è solo la fatica raccontata, in questo caso la fatica di vivere. Vi è anche il disagio dell'osservatore e dello studioso, che pur dichiara che la frequentazione quotidiana dei barboni non lo ha mài esposto a rischi fisici, aggressioni, furti. La fatica dello studioso è di natura diversa. E' il rendersi conto che "l'odore deha strada ti resta dentro anche dopo la doc¬ cia serale"; o che forse non ha più senso dire a un barbone che deve smettere di bere o di drogar¬ si... "E' il confronto con l'altro che ti fa paura", perché lì incon- ' tri la precarietà del vivere. "At¬ trazione del vuoto" Iha definita qualcuno. RECENSIONE Franco Garelli li n viaggio inchiesta tra i barboni: in Italia sono oltre 50 mila, il 10o7o nella sola Roma, la metà stranieri. Storie di povertà e disagio sociale, alcol e droga, malattia mentale. Rifiutano l'assistenza di preti e volontari, vedono nello Stato un «mondo nemico» Federico Bonadonna II nome del barbone pref. dì Mario Pìcchi, DeriveApprodì, pp. 224, L. 26.000 SAGGIO Senza commiserazione, con uno sguardo partecipe, sereno, persino ironico, come fossero, per tutti noi, «modelli» di solidarietà e speranza; così Salvo Galano ha ritratto gli homeless dì New York e ha riunito 63 delle sue fotografie in «Storie dì strada». Il libro edito da Peliti è venduto a 100 mila lire. Galano ha rinunciato ai suoi diritti per devolverli alla Holy Soup Kitchen, la mensa di Manhattan che distribuisce ogni giorno 1500 pasti gratuiti. «Dagli Anni 80 al 2000 II numero dei senzatetto che ogni notte soggiorna a New York nelle strutture di pubblica accoglienza è aumentato di oltre il 750Zo».

Persone citate: Bonadonna, Di Liegro, Federico Bonadonna, Federico Bonadonna Ii, Franco Garelli, Galano, Kitchen, Mario Pìcchi, Peliti, Salvo Galano

Luoghi citati: Italia, Manhattan, New York, Roma, Usa