Sotto il saio, sorella mafia di Oreste Del Buono

Sotto il saio, sorella mafia LUOGHI COMUNI Personaggi e memorie dell'Unità d'Italia di Oreste del Buono e Giorgio Boatti (gboatti@venus.it) Sotto il saio, sorella mafia Anni Cinquanta, Sicilia: i frati del convento di Mazzarino prima assolti poi condannati per estorsione NON sempre l'abito - si dice - fa il monaco. Di questo luogo comune gli italiani ebbero, a cavallo degli Anni Sessanta, un'emblema¬ tica illustrazione col caso dei «fra¬ ti di Mazzarino». La vicenda - in cui si intreccia¬ no omicidi, estorsioni, suicidi di imputati detenuti in attesa di processo - è stata ricostruita una dozzina di anni fa da Giorgio frasca Polara in un libretto edito da Sellerio che dovrebbe entrare di rigore in una biblioteca ideale di «storie civili» da far leggere non solo ai più giovani ma a tutti coloro che stentano ancora ad accettare il sacrosanto principio dell'eguaglianza dei cittadini, qualsiasi sia l'abito che portano e il ruolo che svolgono, davanti alla legge. Che qualcosa non vada per il meglio dalle parti del convento di Mazzarino lo comprende anche il padre provinciale dell'ordine quando alla fine dell'aprile 1957 - in visita pastorale ai suoi fraticelli - due di questi lo avvicinano e gli spiegano che qualcuno vuole ve¬ derlo morto. C'è un solo modo per salvare la pelle: pagare. Seicento¬ mila lire (che allora non sono pochissime). Loro sanno a chi. E' la prima di ulteriori somme cbe il provinciale - avvicinato sempre dai due frati per conto di una misteriosa congrega delin¬ quenziale di cui loro, asseriscono, non sarebbero che i terrorizzati ambasciatori - deve pagare. Que¬ sto è il primo capitolo e, in un certo senso, la sperimentazione di un copione che si evolverà. La vittima successiva è il far¬ macista Ernesto Colajanni che si vede bruciare il massiccio porto¬ ne di quercia della sua abitazione. Il solerte masciallo De Stefano, della Benemerita, non può ignora¬ re l'episodio che appare chiara¬ mente come un'intimidazione. Con tatto avvicina il fannacista. Si trova davanti un uomo terroriz¬ zato che oppone il silenzio. Non parla di una lettera ricevuta tem¬ po addietro: «Carissimo dottore, la nostra società anonima non permette che sia fatto del male a Vossia e prega a lei di voler saldare la somma di un milione entro questo termine del giorno di San Giuseppe e dal giorno in cui lei salderà questo conto nessuno molesterà a lei e alla sua fami¬ glia». Dopo' un meeting famigliare è la sorella del fannacista a venire a capo della situazione. Va al con¬ vento. Uno dei fraticelli le ha detto di recarsi immediamente al confessionale. Lì c'è frate Agrippi¬ no che dietro le grate sussurra: «Ci sono pericolosi malfattori, as- sassini anche, che mi hanno in¬ giunto di chiedere alla vostra fami- glia di pagare tre milioni pena terribili ritorsioni..». Seguono convulse trattative tra il farmacista e il decano dei frati, padre Venanzio che - davan¬ ti alle proteste del professionista per l'entità della somma - si dimo¬ stra assai informato sui suoi cespi¬ ti. Comunque s'impegna ad inter¬ cedere presso i malavitosi. E' un compito che svolge in sveltezza: come racconta Frasca Polara pa¬ dre Venanzio «ricomparve in casa Colajanni appena due giorni dopo. Dalla soglia levò in alto la mano destra e drizzò indice e medio, ma non era una benedizione: "Due, quelli vogbono almeno due mibo- ni"». Alla fine l'estorsione ai Co¬ lajanni si conclude con un esbor- so, affidato sempre ai frati, di mezzo milione. L'anno dopo, siamo nel 1958, s'arriva alla nuova vittima. Il pro¬ prietario Angelo Cannada di ritor¬ no dalle sue proprietà, viene af¬ frontato al tramonto da quattro uomini armati che - davanti all'au¬ tista, alla moglie e al figboletto - gb sparano alle gambe. Sopravvie¬ ne un'emorragia e il poveruomo muore. Anche a lui erano giunte lettere che chiedevano soldi: dieci milioni. La cosa impressionante è che la macchina estorsiva non si ferma neppure col morto di mez¬ zo. Un altro fraticello, padre Car- melo avvicina i famigbari e bussa a soldi per stornare ulteriori rap- presagbe. Sentendo che frastorna¬ ti dall'uccisione del loro caro i Cannata intendono cristianamen¬ te affidarsi alla Provvidenza il frate perde le staffe: «e Provviden¬ za e Provvidenza! Ci avimu a pinzali nuautri, no Diul», affer¬ ma. E i Cannata pagheranno. Non è qui possibile ricostruire in dettagbo l'evoluzione della vi¬ cenda che, alla fine, culmina con l'arresto da parte della procura di Caltanisetta di quattro frati e di alcuni «laici», tra cui l'ortolano del convento di Mazzarino, che costi¬ tuivano il commando assassino. L'ortolano sarà poi trovato impic¬ cato in carcere. Ad un cappio legato ad un metro di altezza. S'apre a Caltanisetta un proces¬ so che calamita l'attenzione nazio¬ nale. Per chi è vicino al cardinale Ruffini, arcivescovo di Palermo, i frati sono vittime di ima strumen¬ talizzazione anticlericale. E' una tesi sostenuta anche da «L'Avveni¬ re». Sui banchi della difesa siedo¬ no l'onorevole Alessi, figura di spicco della DC sicibana, e il grande Francesco Camelutti che chiede il trasferimento del proces¬ so ad altra città. Sostenendo altre¬ sì la non colpevolezza dei frati che, asserisce, hanno agito in sta¬ to di necessità. Minacciati a loro volta. Una tesi che fa a pugni con i cospicui conti bancari - assai poco rispettosi del voto di povertà - che hanno aperto e alimentato dopo ogni estorsione. Si riprende a Mes¬ sina. Parte civile per la famigba del possidente ucciso sono i com¬ battivi avvocati Bellavista, Maret¬ ta e Sorgi. Alla cinquantaduesima. udienza questi coraggiosi legab vengono scaricati dalla famiglia delle vittima, evidentemente sot¬ toposta a immani pressioni. Alla fine la corte condanna i «laici» e assolve i frati, accogbendo la tesi di Camelutti dello «stato di neces¬ sità», in quanto minacciati dalla mafia. E qui, bisogna ricordare ima beUissima pagina scritta da Gio¬ vanni Leone. Il grande penalista è allora presidente della Camera. Sa dunque valutare benissimo il va¬ sto fronte e non solo siciliano che vuole sedare lo scandalo, sopime l'impatto. Utibzzando solo argo¬ mentazioni giuridiche, in un me¬ morabile intervento su «Epoca», non solo contesta la tesi dello stato di necessità in cui avrebbero agito i frati ma indica la strada che ogni galantuomo, qualsiasi sia il suo abito, deve percorrere per non convivere con la mafia. Più tardi, in appello a Perugia, i giudi- L'ci riconosceranno la colpevolezza' dei frati, condannandob. Una sen¬ tenza passata in giudicato. DA LEGGERE Giorgio Frasca Polara La terribile stona dei frati di Mazzarino Sellerio Quattro frati del convento di Mazzarino furono arrestati nel 1958

Luoghi citati: Mazzarino, Mes, Perugia, Sicilia