Gli italiani ieri a Kabul Oggi apre l'ambasciata

Gli italiani ieri a Kabul Oggi apre l'ambasciata UN BLINDATO E UN'AUTO BLU PER GLI UNDICI MILITARI NELLA CAPITALE, AVANGUARDIA DEL NOSTRO CONTINGENTE Gli italiani ieri a Kabul Oggi apre l'ambasciata Dopo l'avaria del C-130, anche il minibus li ha traditi negli ultimi chilometri. L'ambasciatore Giorgi: «Si può cominciare ad avere speranza». Sgarbi: «Una nazione rinasce anche con la cultura» reportage Pierangelo Sapegno Inviato a KABUL SUL far deUa sera arrivano grli italiani. U blindato si impiglia sul filo spinato che sovrasta il canceho deU'amba- sciata di Kabul, scatenando i quattro afghani che fanno da sentinehe aUa guardiola. Undi¬ ci soldati, U nuovo ambasciato¬ re Domenico Giorgi, e Vittorio Sgarbi con il suo piccolo segui¬ to: la nostra missione comin¬ cia così. Dietro U blindato, c'è il carreUo con le razioni K, viveri per 15 giorni. Davanti, c'è un'auto blu tipo ministeria¬ le, con facce affrante: il pull¬ man che li portava si è spento suUa strada da Baghram, cir¬ condata daUe mine, quattro sussulti e poi più niente, pro¬ prio davanti a un casermotto di mvgaheddin che guardava¬ no senza agitarsi troppo, sorri¬ dendo dietro i mitra. Succede. Solo che dopo l'avaria deU'Her- cules CI30 bloccato in Oman, sembra che succeda un po' spesso. La vecchia bandiera è stata ammainata, queUa nuo¬ va verrà issata stamattina. Tre afghani hanno finito di pulire U cortile. Il nuovo ambasciato¬ re ha l'aria stanca, e semb/a un po' spaesato mentre racco¬ glie microfoni sotto i fari deha tv, per le dichiarazioni di rito: «Si può cominciare i ad avere speranza. La situazióne non è facile. Ma noi siamo qui per questo». Poi chiede a qualcuno se ha una sigaretta. L accende sospirando: «Finalmente». Fuori, nei colori vespertini del¬ la sera, Vittorio Sgarbi vorreb¬ be farsi un giro in città: «Dov'è il centro?». Davanti a lui, il viale è una lunga spianata di lampioni spenti percorsa da qualche ombra furtiva. Il mare¬ sciallo Napoh ascolta e guarda con apprensione, in sUenzio. Quando Sgarbi desiste, tira un sospiro di sollievo. Dentro, l'ambasciata ha un volto nuovo. Serafino Piacere, l'addetto arrivato da Islama¬ bad, ha fatto un buon lavoro: poltrone, tavolini, stufe e persi¬ no U fuoco d'un camino, accan¬ to al cui tepore Sgarbi improv¬ visa la prima conferenza stam¬ pa. «Io credo che quando una nazione rinasce le ragioni del¬ la cultura non siano meno significative di altre. La cosa più terribUe dopo l'attentato alle due Torri è stato U disa¬ stro di Bamiyan. Adesso voghe andare a vedere. Penso che qualcosa si possa essere fatto, senza rifare i Buddha come ha sostenuto qualche giappone¬ se». E il restauratore svizzero incaricato daU'Unesco? «Non - so se l'Unesco è l'istituto più autorizzato per U restauro, visto queUo che ha fatto neUo Yemen. Io credo che non va bene». L'impegno deU'Itaha ri¬ guarderà sia i due Buddha distrutti dai talebani, sia U museo di Kabul. «Ho parlato con Berlusconi, che ha promes¬ so a Karzai una rete radiotele¬ visiva, tanto per aumentare U suo conflitto di interessi. Gh ho chiesto un fondo. Credo che l'Itaha può dare un contributo per far rinascere almeno quel¬ lo cbe è stato uno dei musei più importanti deU'Asia». Accanto a lui, neU'ambascia¬ ta rimessa quasi a nuovo, c'è un po' di trambusto. Piacere si inalbera: «Sopra ho preparato tutto per cinque camere. Se tutti accendono le stufette, salta la corrente». Dopo l'aereo e il pullman, ci mancherebbe anche questo. Il colonnello Giorgio Battisti, capo del nu¬ cleo spedito in avanscoperta a Kabul, spiega la missione: «Aprire l'ambasciata in sicu¬ rezza. Approfondire le infor¬ mazioni e creare le premesse per U nostro contingente che arriverà entro gennaio». Il co¬ lonnello forse è ottimista: en¬ tro gennaio potrebbe significa¬ re la fine del mese. I numeri? «Trecento, forse 400, anche 600». Dove si insedieranno? «Ritengo che staremo a Kabul, ma la decisione dev'essere pre¬ sa in accordo col comando inglese». Ci sarà il genio, ci saranno i militari che bonifi- cheranno i campi daUe mine, le trasmissioni e i Tuscania che faranno anche attività di pattughamento. Precisa: «Non si parla di disarmo. Si parla di vigUanza di alcuni edifici». Poi: «Gh inglesi dopo un primo periodo di stabihzzazione vor¬ rebbero cedere U comando a qualcun altro, che potrebbe anche essere l'Itaha». Il problema, in quel caso, sarebbe rifare i numeri: gh italiani hanno già 10 mUa uo¬ mini sparsi per U mondo, 8 mila nei Balcani, U gruppo navale nel Golfo Persico di 1490 unità, 60 in Libano e tutti i consiglieri e gh osservatori dell'Onu sparpagliati un po' dovunque. Cominciamo dal¬ l'inizio. Undici soldati. Fuori, nel cortUe, troneggia U blinda¬ to, un VM90P, di quasi 5 tonneUate, lungo 4,8 metri, largo 2,4 e alto 2,2, dotato di mitragliatrice leggera e radio di bordo, che ti può scalare salite anche del 60 per cento, là vicino, ultime presentazioni aU'ambasciatore: U falegna¬ me, il giardiniere, U guardiano e l'uomo deUe pulizie. Manca Saftir Ali, la vecchia sentinella deU'ambasciata, denti che rido¬ no e occhi a mandorla: se n'è andato via prima perché abita lontano. Il maresciallo Napoh vigila su tutto come un'ombra. Il difficUe deve ancora arrivare. Kabul non è magari U posto più pericoloso deU'Afghani- stan. Ma è una città sporca e polverosa ancora aggrappata aUa sua disperazione, un luogo di insidie presidiato da soldati senza divisa e qualche volta senza scarpe, una mischia di mitra e turbanti, di pick-up riempiti da straccioni con i kalashnikov puntati al cielo. Per i carabinieri dei Tuscania sarà un'impresa ardua e dehea- ta. Oggi Kabul vive ancora nell'entusiasmo di un sogno, quello che ti accarezza quando una guerra sembra finita, e aUora tutta la gente va al lavoro senza prendere lo sti¬ pendio, e anche se niente fun¬ ziona c'è la parvenza di una vita, come se qualcosa si muo¬ vesse per davvero. Le banche hanno aperto gli sportelli, e vengono gli impiegati e pure i chenti: solo che non c'è una lira e non si può fare nulla, gh impiegati fanno finta di lavora¬ re senza prendere un soldo e i clienti fanno finta di chiedere senza voler far nient'altro che quello. Le Poste sono aperte e qualche volta le lettere arriva¬ no; ma non possono andare da nessuna parte perché non ci sono comunicazioni e non ci sono nemmeno i postini, an¬ che se arrivano tutte le matti¬ ne in ufficio, per pulirlo. Fino a quando reggerà questo teatri¬ no dell'assurdo? In questo mondo onirico, dove la paura della vita è persino più forte di quella della guerra, poi succe¬ de che gli unici uomini non armati di Kabul siano quelh della polizia: una mattina ab¬ biamo fatto un giro di pattu- gha con Said Doarid, per vede¬ re come funziona. Non hanno neanche una pistola. In una settimana nove omicidi, 20 rapine e sei sequestri di perso¬ na. Con chi faranno i conti i nostri Tuscania? Intanto, adesso gh itahani sono arrivati. Oggi apre uffi¬ cialmente l'ambasciata. Ah'ini¬ zio i soldati dormiranno negh uffici al primo piano del gran¬ de edificio di cemento armato sforacchiato dai colpi di ka¬ lashnikov. I sei carabinieri agli ordini del maggiore Stefano lasson dovranno vigUare sul¬ l'ambasciata. Appena messo piede in quésta città, avranno capito subito che queUo deUa sicurezza è im problema solo apparente. Molto più difficUe governare l'assurdo. Lo avran¬ no capito già suUa strada per Kabul, saltando suUe buche tra le pietre rosse che segnala¬ no le mine. Storpiano gh uomi¬ ni, non uccidono sempre: certe volte è peggio la vita deUa morte. Però, bisogna andare. L'edificio rimesso a nuovo, stamane sventolerà la bandiera All'inizio i soldati dormiranno negli uffici del primo piano Per la comitiva cinque camere: «Non accendete insieme tutte le stufette» II sottosegretario Vittorio Sgarbl con un ufficiale dei carabinieri del Battaglione «Tuscania» per le strade di Kabul