TREMONTI contro l' EUROretorica di Aldo Cazzullo

TREMONTI contro l' EUROretorica IL WmSTRO DgUf&CONOfitiSA E IL FUTURO DEL VECCHIO CONTINENTE TREMONTI contro l' EUROretorica Aldo Cazzullo ROMA ffl INISTRO Tremonti, parlia¬ mo dell'euro? «Volentieri. Ma non al tempo presente; al "futuro anteriore". Non vorrei parlare di moneta, ma di Costituzione. Non di economia, ma di politica. Ho qualche ritrosia a mettermi su ima strada che pare la via delle maschere di Lévi-Strauss, frequentata da primati con le inse¬ gne, guaritori, "sciamani, tàùniatur- glii, bancari». L'Europa è di fronte a; una svolta storica, che giunge al termine di un anno drammati¬ co. Non trova normale che ven¬ ga celebrata? «In effetti la liturgia viene celebrata con saggi che occupano metri qua¬ drati di giornale, e la materia è trattata nella forma della simbolo¬ gia salvifica: l'euro come un super- talismano. Segno peculiare è l'idea che l'euro porti la pace, la "finis belli". Ma le guerre finiscono con il prevalere del consumismo sul ro¬ manticismo: dove consumismo non è solo McDonald's e romanticismo non è gentil comportamento, bensì l'infernale cocktail di stati maggio¬ ri, inni, patrie e divise che ha insan- guinato l'Europa. Trovo un po' ec¬ cessiva l'idea di Kohl secondo cui l'euro porta la pace; la pace la portano la fine delle masse, la fine del romanticismo, la fine delle "tem¬ peste d'acciaio". La pace in Europa c'era già con il Mec, quasi mezzo secolo prima dell'euro. Al posto dell'Arbeiter c'è il Computer. Siamo nello Zeitgeist, nello spirito dei tem¬ pi. Una cosa che mi impressiona è che quelli che parlano dell'euro in questi giorni hanno tutti più di sessant'anni...». Be', lei va per i cinquantacin- que... «Certo. Ma quand'ero un po' più liovane, nel bicentenario della Rivo- uzione francese, scrissi sul Corrie¬ re della Sera che, come il 1789 aveva segnato la costruzione della macchina politica giacobina, così 0 1989 avrebbe segnato la fine di quella macchina. La crisi dello Stato nazione. Eravamo a luglio, prima del crollo del Muro». L'euro sema il culmine di un processo di desovranizzazione che ha disinnescato i nazionali¬ smi. E' un processo che deve proseguire? «Parlai di desovranizzazione, e mi accusarono di volerla. Ora la Costi¬ tuzione europea non deve distrugge¬ re sovranità, ma oiganizzare funzio¬ ni. L'Europa ha impiegato tre secoli, dalla pace di Westfalia alla seconda guerra mondiale, a equilibrare l'idea di sovranità. Incidere su quel¬ l'equilibrio sarebbe un rischio. Te¬ mo la piena della retorica e dell'enfa¬ si, perché conduce all'insufficienza per eccesso». La sua freddezza sembra con¬ fermare due critiche rivolte da più parti al centrodestra: scetticismo verso l'Europa, e mancanza di generosità verso il centrosinistra. Dopo le rifor¬ me di scuola e sanità, mettere¬ te in discussione anche l'euro? «Le ricordo che l'euro nasce a caval¬ lo tra gh Anni 80 e 90, con governi conservatori. Nel '94 ho firmato una finanziaria da 50 mila miliardi | innomedeU'euro:lasecondamano- vra per entità dopo quella di Prodi nel '96, anzi la prima; perché i nostri tagli erano veri. Tra luglio e settembre ho firmato una correzio¬ ne finanziaria di 37 mila miliardi - altro che polemiche su buco o non buco -, in nome del patto di stabih- tà. E, a proposito di destra impresen¬ tabile, all'Ecofin mi trovo benissi¬ mo». E' anche disposto a riconosce¬ re i meriti del centrosinistra per l'ingresso dell'Itaha nella moneta unica? «Sarebbe sleale negare che la sini¬ stra ebbia avuto un ruolo. Intendia¬ moci: non è che l'Italia ha fatto il 3 per cento, quindi è entrata nell'eu¬ ro; è stata compiuta la scelta politi¬ ca di far entrare l'Italia nell'euro, e per questo l'Italia ha fatto il 3 per cento. I conti pubblici italiani erano fortemente migliorati a causa della caduta mondiale dei saggi di interes¬ se. La scelta di inclusione nell'euro causò l'ulteriore caduta dello "spread" negativo sulla lira; perché si è capito che la lira non c'era più». Chi fece quella scelta? «Hanno contato fattori intemi ed estemi. La credibilità di Ciampi. La volontà dei tedeschi. E un establish¬ ment italiano che ha condotto il dialogo tra interno ed estemo. La partita iniziò durante il governo Dini, quando si comprese che l'Euro¬ pa a due velocità con l'Italia in orbita estema non avrebbe potuto funzionare, perché presupponeva la stabilità». E in Italia c'era la Lega... «Il mancato ingresso nell'euro avrebbe provocato in alternativa la secessione o comunque una forte scossa federalista, una crisi di stabi¬ lità». Invece vinse l'Ulivo, e fece una politica europeista. «La sinistra preparava una Costitu¬ zione su questa formula basica: la tecnocrazia è la prosecuzione della democrazia con altri mezzi. Era disposta a sostituire la triade rivolu¬ zionaria liberté-egalité-fratemité con globalité-marchais-monnaie. Aveva fatto del mercato il valore assoluto. Anziché a Mosca andava alla City; ricorda quel leader del¬ l'Ulivo che in tv disse: sono stato legittimato dai mercati finanziari? Aveva creato un meccanismo per cui il legislativo cedeva all'esecuti¬ vo, e l'esecutivo alla tecnocrazia; il processo di ritomo al legislativo poteva avvenire in questi termini solo per obbligatoria ac^lamarinne, tipo Carta di Nizza. La loro Costitu¬ zione stava nascendo in modo stri¬ sciante, per Taits accomplis", fatti compiuti: al parlamento non sareb¬ be restato che ratificare. Le faccio un esempio. A Laeken si è discusso della famiglia orizzontale, della standardizzazione del diritto di fa¬ miglia. Se non l'avessimo fermata ci saremmo trovati di fronte a un obbligo assunto. E l'affresco sociale includeva i sindacati, i corpi inter¬ medi, tutto ciò che era meritevole per le zitelle del Nord, l'universo politically correct; le chiese erano finite negli etcetera. All'Ecofin di Liegi si è discusso per un'intera mattina se la fiscalizzazione delle polizze nel trasporto aereo rientras¬ se o no negli aiuti di Stato. La preoccupazione era difendere il libe¬ ro mercato. Sono intervenuto per far notare che gli Stati Uniti già aiutano le loro compagnie; che se c'è vm business globale sono le aerolinee, se c'è un bene pubblico è la pace; per questo è giusto che i costi della pace e della sicurezza competano allo Stato. Mi hanno ascoltato con viva simpatia; compli¬ menti a titolo personale; ma la discussione è continuata come pri¬ ma». Questo rifiuto del dogmatismo di mercato non dovrebbe ri¬ guardare anche il patto di sta- bilità, in una fase in cui Washingtonpersegue unapoh- tica economica espansiva? «Di queste cose non si parla sui giornali; si decide tutti insieme. Comunque, quello era il meccani¬ smo; è stato straordinario scoprirlo. Ora si è inceppato». Perché? «Per due motivi. Le vittorie del centrodestra, da Vienna a Lisbona, da Roma a Copenaghen. E l'il settembre. Le racconto un episodio. Washington, G-7, la notte prima dell'attacco all'Afghanistan. Alla se¬ ra, quando si fanno i discorsi veri, un grande dell'economia mondiale si chiede: "Perché non accettano la globalizzazione?"; poi, più profon¬ do: "Dove abbiamo sbagliato? Edu- cation? Agriculture?". Si è capito che l'umanità non si riduce in un grafico, l'uomo non è il pil; che la globalizzazione in atto è virus, pas¬ sioni, interessi, ideali, sentimenti; che politica e globalizzazione sono due facce della stessa medaglia. Quando il commissario Monti dice che il governo italiano ha un rappor¬ to adolescenziale con l'Europa, non coglie il dato fondamentale. Il tra¬ passo non è tra adolescenza e matu¬ rità; è tra economia e politica. E non riguarda il governo Berlusconi; ri¬ guarda l'Europa». Sta dicendo che finisce l'Euro¬ pa della tecnocrazia e comin¬ cia l'Europa della politica? «Ci sono tre fasi della storia dell'Eu¬ ropa: quella eroica, che parte dal manifesto di Ventotene; quella eco¬ nomica, che si chiude con l'euro; e quella pohtica, che si apre oggi. L'euro è stato necessario, ma non è sufficiente. A lungo c'è stata l'illusio¬ ne che fosse diverso, che cifra mone- tarla e cifra pohtica si identificasse¬ ro in un unico segno. Non è così. I popoh rifiutano il pensiero postmo- demo e neofascista secondo cui la tecnocrazia è con altri mezzi la prosecuzione della pohtica, il bench- mark espresso da una Consulting vale più del voto espresso dai cittadi¬ ni, la govemance la fanno megho i non eletti degli eletti, i cooptati contano più dei votati, ed anzi questi meno per il solo fatto che sono stati sporcati dal voto. Tutto ciò è molto moderno, anzi aristoteh- co. Secondo Aristotele la democra¬ zia non funzionava perché distribui¬ va cose eguali a persone diseguali». Non sta esagerando? «Vada a rivedersi le analogie tra la Convenzione, così come se ne parlò a Nizza, e il Congresso di Vienna: i rappresentanti personah di capi di Stato e di governo, i tecnocrati illuminati... Ora si toma a parlare di democrazia. Di Costituzione. Il tem¬ pio politico del modello Fischer- Humboldt ha conùnciato a sgreto¬ larsi». EsiamoaGiscard. «Ottimo. Una grande scelta. Non conosco invece U peso dei vicepresi¬ denti non previsti». - Non ha fiducia in Amato? «Ha già dato molto con il titolo V della Costituzione itahana, cui ha conferito una configurazione gero¬ glifica. Purtroppo l'impatto della sua riforma non riguarda solo l'ara¬ besco, ma la pohtica. E rischia di produrre l'implosione dello Stato italiano». Quale modello di Europa ha in mente il governo? «Quello Giscard-Delors. Unione de¬ gli Stati con doppia devoluzione, verso l'alto e verso il basso. Un nucleo essenziale: ex multis panca. L'Europa non ha bisogno che siano fissati diritti, che sono già garantiti dalla Carta europea dei diritti del¬ l'uomo, siglata mezzo secolo fa a Roma. L'Europa ha bisogno di fissa¬ re poteri e funzioni. Conta indivi¬ duare il soggetto da cui partire; che dev'essere lo Stato nazione, perché è il container della democrazia. Conosciamo Stati senza democra¬ zia, non ancora democrazie senza Stato». Intende dire che lei non è contro l'Europa, ma contro l'idea di Europa fin qui perse¬ guita? «Proprio perché siamo per l'Eu¬ ropa non ne vogliamo la parali¬ si. Vede, l'idea di Europa era una delle più vissute e discusse nel collegio di Pavia in cui ho studiato. Ora siamo di fronte a un'alternativa paragonabile al referendum su monarchia e re¬ pubblica. Dobbiamo scegliere se voghamo un'unione di Stati, o qualcosa di diverso, che non ha alcun senso accostare al Sacro romano impero. Ha mai fatto caso che le bandiere occi- dentali sono geometriche, e quelle orientali geroglifiche, ba¬ sate sulle circonvoluzioni? Dob¬ biamo sceghere tra il modello cartesiano e il rischio di panto- grafare il titolo V della Costitu¬ zione riscritto dalla sinistra. Proprio per fare l'Europa, la formula è unione di Stati; non cessione di sovranità, ma orga¬ nizzazione di funzioni; non tut¬ to l'immaginario, ma il massi¬ mo possibile. Ex multis pauca». La sinistra aveva fatto del mercato il valore assoluto. Anziché a Mosca andava alla City per farsi legittimare E'finita l'era dei tecnocrati ritorna l'epoca della politica Ottima la scelta diGiscard d'Estaing per la Convenzione Amato? Ha già dato molto con il Titolo V della Costituzione italiana cui ha fornito una configurazione geroglifica Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti