Populismo peronista alla Casa Rosada di Vincenzo Tessandori

Populismo peronista alla Casa Rosada IL PRESIDENTE E' SEMPRE RIUSCITO A FARSI PERDONARE I PASSI FALSI MA IL SUO PEGGIOR NEMICO E' FRA LE MURA DOMESTICHE Populismo peronista alla Casa Rosada Rodriguez, lo spregiudicato avvocato venuto da San Luis personaggio Vincenzo Tessandori Cf E' una morale nell'irruzio¬ ne notturna al «Congreso» e nel forfait dei ministri, e l'avvocato Adolfo Rodriguez Saà, peronista da sempre e da una settimana presidente, ne è consapevole: con il nemico non si scherza, e lui il nemico sa di averlo alle frontiere ma pure fra le mura domestiche. Più dei radicali, usciti ammaccati dalle ultime prove politche come po¬ che altre volte, sono quelli del suo gruppo a provocar ombre e, forse, la piazza. Perché lui è uno che ha saputo suscitar ammira¬ zione, con quel suo modo brillan¬ te di governare la provincia felice (fi San Luis, ma non si è fatto molti alleati. Certo non lo è Carlos Menem, che spera di confermare la fama di grande giocatore e di poter calare il quinto asso che gli consentireb¬ be di presentarsi al voto del 3 marzo. Né Carlos Reutemann, governatore di Santa Fé, già asso del volante e arrivato nel- 1"8I con la Ferrari secondo al mondiale di F. I alle spalle del brasiliano Piquet, distanziato di un punto: ora spera che la vita, con questa «carrera» alla Casa Rosada, lo ripaghi della delusio¬ ne. Né lo sono i mihtari, die si sentono fuori gioco, ma fremo¬ no per tornare in partita e vede¬ re un peronista sul trono della repubblica li manda fuori dai - gangheri: in fondo, Peron era uno di loro, ma uno che aveva tradito la casta. E ora, i neo-pe- ronisti tornati a stringere tutti i poteri, sotto gli occhi benevoli di Rodriguez hanno cantato an¬ che quella loro marcia che dice: «Ragazzi peronisti, tutti uniti trionferemo e, come sempre, lanceremo un grido dal profon¬ do del cuore: Viva Peroni», ep- poi hanno ricordato come il vecchio patriarca dei «descami- sados» avesse conquistato il po¬ tere «combattendo il capitale». Questo populismo in salsa argentina è il contesto nel quale si è sempre mosso con disinvol¬ tura l'avvocato Rodriguez Saà. E anche con spregiudicatezza. Così, appena eletto, ha dovuto incassare l'unghiata dell'onore¬ vole Elisa Carriò, una nata radi- cale poi passata a guidare l'Alter¬ nativa per una repubblica di uguali: «Esprime la partet)eggio- re del regime contro cui si è ribellata la gente». E lo hanno capito tutti che la sua era una dichiarazione di guerra. Lui ha ostentato indifferenza, in fondo quelh dell'Ari non sembrano poi così pericolosi. Ha sciorinato il suo programma, una ricetta di molte speranze, altrettante buo¬ ne intenzioni e un pizzico di utopia. L'ingrediente principa¬ le, un piano sociale per la crea¬ zione di un milione di posti di lavoro, che par essere un nume¬ ro magico. Poi, l'austerità: tetto a 3 mila pesos, o dollari, per gli stipendi dei parlamentari e alti burocrati; «forte riduzione» del costo pohtico; lotta contro l'eva¬ sione fiscale e la corruzione; introduzione di una terza moné¬ ta, fluttuante; mantenimento della «convertibilità» fra peso e dollaro; moratoria del debito estero di 132 miliardi di dollari. «Prendiamo il toro per le coma, lo Stato argentino sospenderà il suo pagamento». Questo, aveva chiarito, «non significa un non riconoscimento» ma che «i fondi finora destinati ai rimborsi sa¬ ranno investiti in piani sociah e alimentari». In fondo, aveva ri¬ petuto, l'obiettivo è quello di «alleviare i problemi dei ceti più umili». La gente lo aveva ascolta¬ to col fiato sospeso e lui aveva fatto capire subito di considerar¬ si lui pure un grande comunica¬ tore: «È cominciato in Argenti¬ na quello che vogho definire come uno dei più grandi movi¬ menti della nostra storia, quan¬ do uomini e donne sono scesi in piazza dicendo che non soppor¬ tavano più il caos, la fame, la disoccupazione, l'insicurezza e l'esclusione sociale». Anche se a marzo dovesse andarsene, l'ingresso alla Casa Rosada era, naturalmente, il grande momento della sua vita. E, quasi a dimostrare che il suo peronismo non è di facciata, come, per esempio, molti consi¬ derano quello di Menem, quan¬ do ha varcato la soglia ha quasi gridato ciò che diceva Peron: «Vengo a lavorare». E, quel gran¬ de comunicatore, ripeteva an¬ che: «Da casa al lavoro e dal lavoro a casa». Ora, a 54 anni, l'avvocato Rodriguez è consape¬ vole di trovarsi a un bivio. Come governatore ha riscosso un suc¬ cesso unico per l'Argentina: elet¬ to nel 1983, ha ottenuto cinque volte la conferma e la poltrona di San Luis è sua fino al 2003. Sposato, cinque figli, ha visto piombare un'ombra sulla sua famigha modello il giorno che qualcuno lo filmò in un alber- ghetto con una giovane donna: ma certe cose anche qui vengo¬ no perdonate con facilità, e lui superò la trappola con disinvol¬ tura. Tuttavia, il potere è il potere e sulla ragazza si sono abbattuti 12 anni di galera, per estorsione. Saltato anche un ostacolo più serio: l'accusa, da parte dei sindacati della stam¬ pa, per «costanti pressioni con¬ tro i dipendenti e i proprietari dei mezzi d'informazione». Ma anche a Buenos Aires e dintorni agli uomini di successo si perdo¬ na con facilità. Lui è andato avanti per la sua strada: sgravi fiscali, creatività, intelligenza, la formula per il successo a San Luis è semplice. Anche troppo, forse, e qualcuno lo ha accusato di repentino arricchimento: ma l'eco è stata flebile. Un solo neo, nella lunga scia di successi poli¬ tici: alle ultime elezioni presi¬ denziali non era riuscito a farsi scegliere quale antagonista del radicale Fernando de la Rua. Inequivocabile conferma che i nemici peggiori sono in casa. «Vado a lavorare», ha detto assumendo il potere. Ma ora sa di trovarsi a un bivio Ha saputo suscitare ammirazione, ma non si è fatto molti alleati fra i compagni di partito Il presidente argentino Adolfo Rodriguez Saà, durante una conferenza stampa alla Casa Rosada Un momento dei disordini avvenuti l'altra notte a Buenos Aires, dove la folla ha cercato di dare fuoco al Parlamento

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