La notte dell'assalto al Parlamento

La notte dell'assalto al Parlamento La notte dell'assalto al Parlamento Guerriglia dopo il corteo. Un agente uccide tre giovani BUENOS AIRES Una manifestazione pacifica, la terza al suono di casseruole e coper¬ chi percossi, al ritmo di slogan questa volta anche contro il nuovo governo peronista di Rodriguez Saà, è degenerata l'altra notte in duri scontri davanti al palazzo del Congresso. Dopo cinque ore di pro¬ testa in Plaza de Mayo è partito l'attacco di alcune centinaia di giovani alla Casa Rosada: la polizia in assetto antisommossa ha dovuto sparare lacrimogeni e pallottole di gomma per respingere i dunostran- ti che tentavano di scavalcare i cancelli dopo aver rotto i vetri del palazzo con una fitta sassaiola. Mentre alcuni gruppi tenevano impegnata la polizia, gli altri si dirigevano verso il Parlamento, distante un chilometro e mezzo. Qui alcune decine di giovani sono riusciti ad entrare nel Salone Azzur¬ ro distruggendo suppellettili e ap¬ piccando il fuoco alle tende. La polizia ha faticato ad arginare l'as¬ salto. Dopo ripetute cariche dodici agenti sono rimasti feriti, trentatre r giovani arrestati. Altri .piccoli gruppi di giovani distruggevano intanto le vetrine di sei banche e due fastfood (McDonalds e Burger King). Erano ormai le quattro del mat¬ tino quando gli scontri finivano con un'appendice tragica. Un agen¬ te di polizia in una stazione di servizio uccideva tre giovani tra i venti e i venticinque anni con i quali aveva litigato per la sanguino¬ sa repressione dei primi moti di piazza. L'episodio scatenava nuovi incidenti: la folla ha cercato di linciare l'agente e dare l'assalto al commissariato dov'era stato porta¬ to. L'assedio al commissariato è durato ore: duecento giovani licea¬ li, ex compagni di scuola delle vittime, resistono davanti alla pa¬ lazzina. Eppure, la protesta delle pento¬ le, («cacerolazo» lo chiamano) si era svolta in modo pacifico. «Pagi¬ na 12», imo dei media più attenti della capitale argentina, ha trascrit¬ to i tanti rivoli che hanno finito per riempire la Plaza de Mayo fino all'una dopo mezzanotte. Prima cioè, che si scatenasse l'assalto dei più giovani al palazzo del Congres¬ so. Se le ragioni dei trentamila era¬ no le più diverse, scrive «Pagina 12», tre i comuni denominatori: la contestazione di alcune nomine di politici corrotti nel governo di Ro¬ driguez Saà; il cosiddetto «corrali- to» - cioè il blocco dei depositi bancari e dei salari, deciso da Caval¬ lo e confermato dal nuovo governo peronista - e infine, ultimo obietti¬ vo, la Corte suprema, ormai scredi¬ tata. Era la protesta contro le tre «C»: corruzione, corralito e Corte supre¬ ma. La prima «C» era rappresenta¬ ta da Carlos Grosso, ex-sindaco di Buenos Aires, scelto da Rodriguez Saà come consighere alla Casa Ro¬ sada. Al momento di insediarsi. Grosso aveva dichiarato: «Rodri¬ guez Saà non mi ha chiamato per la mia fedina penale ma per la mia intelligenza». Per dieci anni sinda¬ co di Baires, Grosso è divenuto il simbolo del gattopardismo peroni¬ sta: ha cavalcato tutte le fronde interne al partito, da destra a sini¬ stra, ottenendo sempre un posto di potere. A mezzanotte dunque, Plaza de Mayo era piena di intere famighe con pentole e casseruole, mentre migliaia di automobilisti davano fiato ai clacson. Non c'erano «ordi¬ ni di scuderia». La fiumana di gente, partita come le altre volte dal quartiere Belgrano, ingrossata nel quartiere Palermo, arrivava e si sedeva, gridava e batteva le pentole. Molti i giovani in bermuda e t-shirt o cannottiere. «Ladri, ladri...» urlava un grup¬ po che innalzava una bandiera argentina, unico simbolo sulla piaz¬ za. «Questo è per Menem», gridava un altro, mentre un uomo, fermato davanti alla Casa Rosada, inalbera¬ va un piccolo cartello con su scrit¬ to: «Ho messo i miei soldi in banca perché me li conservino, non per¬ ché me li rubino». Un altro gruppet- tolì vicino scandiva: «Se ne vadano tutti». «Abbasso la Corte Suprema» faceva eco un altro. Le grida contro la corte si erano già sentite nella seconda manifesta¬ zione spontanea. Eccone alcuni mo¬ tivi raccolti tra la gente: «E' la corte che ha scarcerato Menem», «Non possiamo aver fiducia nella giustizia con una corte come que¬ sta, e senza fiducia nella giustizia non c'è repubblica», «E' la corte che ha vietato lo sblocco dei conti correnti». E questa era una ragione immediata: infatti i supremi giudi¬ ci avevano appena respinto l'ordi¬ nanza di un tribunale che avrebbe permesso il prelievo dei risparmi a un ricorrente. In sostanza: la corte aveva convalidato l'odiata legge Cavallo sul blocco dei conti. E ancora Cavallo al centro delle proteste. Marcela, psicoanalista: «E' la terza volta che scendo in strada. Cavallo era il peggiore. Ora, io non ce l'ho con Rodriguez Saà, ma contro certe nomine che ha fatto. Non posso rivedermi davanti Grosso che vanta la sua intelligen¬ za dopo quello che ha fatto come sindaco e poi vedermi pagata con «patacones» (buoni federali di in¬ certo valore, ndr)». E una professo¬ ressa che si occupa di piccoU handi¬ cappati rincara: «Non solo non voglio Grosso, ma non voglio nes¬ sun pohtico». Alla Recoleta, davanti al mini¬ stero che occupa attualmente Ro¬ driguez Saà, una signora esclama: «Non debbono saccheggiare i no¬ stri depositi. Stamattina ero davan¬ ti alla mia banca, in Avenida Callao e l'ambulanza è venuta tre volte a prendere gente che si sentiva male nella coda». «Stiamo diventando come Cuba, cara mia» - commenta¬ va la vicina di casa senza spiegare perché.- E un tassista bloccato nel traffico: «Debbono sapere i politici che non possono fare quello che voghono: io da stamattina non ho visto un cliente». Più in là. Lidia, maestra, in via Coronai Diaz, diceva che protesta¬ va «contro Grosso, Menem e Matil¬ de Menendez»: «Rodriguez Saà ha fatto bene ad abbassarsi lo stipen¬ dio e vendere le auto blu, ma i corrotti sono tornati lo stesso». Nel Banio Norte, una professoressa è scesa in strada con il figlioletto di dieci mesi e il quartiere l'ha segui¬ ta. Perché? «Perché al governo si fanno gli affari loro mentre il paese s'incendia». E alla fine, in Plaza de Mayo, il lamento di chi dice «non ho lavoro», «ho un figlio handicap¬ pato e non so cosa dargli da mangia¬ re», «che Menem se ne vada in Cile». Alla Casa Rosada, nel buio, una sola luce ad un balcone alto. Non c'erano né De la Rua, né Cavallo, né il nuovo presidente, Rodriguez Saà. Ecco: una protesta dal tono antipohtico, difficile da interpreta¬ re in un solo modo, che non ascolta una voce sola, se non la propria: quella smarrita dei senza speran¬ za. Ma con schegge che possono farla impazzire di violenza. E che intanto ha prodotto le dimissioni, oltre che di Carlos Grosso, di tutti i ministri di Rodriguez Saà. [e. st.] Gli scontri nella capitale argentina, quando decine di dimostranti hanno assediato la Casa Rosada e assalito il palazzo del «Congreso»

Luoghi citati: Buenos Aires, Cile, Cuba, Grosso