Dostum: «Qui adesso comando io»

Dostum: «Qui adesso comando io» NOMINATO VICE MINISTRO DELLA DIFESA IL SANGUINARIO SIGNORE DELLA GUERRA NEGA DI AVER COMMESSO ATROCITÀ' Dostum: «Qui adesso comando io» Il generale uzbeko ai suoi: «Mi ammirate? Fate bene» personaggio Sophie Shihab SHEBERGHAN SEDUTO nel giardino del suo «palazzo», tra pavoni che fanno la ruota, Abdul Rashid Dostum riceve le delegazioni venute a felicitarsi per la sua promozione, tre giorni prima, alla carica di vice ministro af¬ ghano della Difesa. Tre giornali¬ sti stranieri si sono infiltrati fra i suoi cortigiani. Senza grandi problemi: l'etichetta, alla corte del «padiscià» - «il più venerabi¬ le degh scià» - è ancora rudimen¬ tale. Le sedie portate dalla servi¬ tù comprendono poltrone Luigi XV sfondate e complete di pog¬ giapiedi in plastica. Tre anni di occupazione tale¬ ban hanno lasciato una patina di desolazione a Sheberghan, città natale di Dostum, il genera¬ le che ha fatto il suo apprendista¬ to al tempo della lotta contro i sovietici prima di diventare l'uo¬ mo forte del Nord Ovest afgha¬ no. Vestito in tuta mimetica, il generale del fisico d'orso riceve ulema in turbante, il rettore dell'università di Mazar-i-Sha- rif (la grande città a due ore d'auto da qui) e delegazioni di anziani in caffetano con orli di pelliccia, che abbracciano il fi¬ ghe del paese. «Noi ti ammiria¬ mo» gli dice uno. «Sì, lo so che voi mi ammirate» risponde lui. Dostum tiene loro un breve discorso in uzbeko, concluso da una promessa: «Entro sei mesi si terranno le elezioni e allora sapremo se da queste parti gh uzbeki sono la maggioranza op¬ pure no». Sottinteso: «Io lo so già e so che sarò eletto». Il nuovo vice ministro afgha¬ no non pretende di dare voce a tutte le etnie rappresentate nel¬ la sua regione. Conta solamente su quella dei suoi fratelli uzbeki per essere confermato nel suo ruolo di capo. Le elezioni, per lui, equivalgo¬ no a un semplice censimento. Pragmatico, rustico, imper¬ meabile alle sottighezze di lin¬ guaggio di quelli di Kabul, sa che la sua comunità, ancora larga¬ mente contadina, vede in lui il rappresentante che potrà infine far sentire la voce degh uzbeki nella capitale. Cosa che non è mai successa nella Storia. Le altre etnie minoritarie di origine turca o mongola - gh hazara sciiti o ismailiti, i turk¬ meni, gh aymak eccetera - reagi¬ scono allo stesso modo e si rallegrano deUe vittorie che han¬ no ottenuto a Kabul. La prima, per Dostum, è il fatto stesso che i suoi hanno potuto tornare nella capitale, in cui avevano lasciato un ricordo di saccheggi, stupri e massacri. Tutto questo adesso è dimen¬ ticato. Anche i tagiki, che non avevano esitato a criticare in pubblico la mancanza di istru¬ zione, o per dir meglio l'analfa¬ betismo, del generale, sono stati obbligati a riconoscerlo, fa nota¬ re lui ai giornalisti, come «vice¬ capo politico-militare del Nord dell'Afghanistan», ivi compresa la sua parte Est, a maggioranza tagika. «Se non credete che i capi tagiki mi obbediranno, an¬ date a domandarglielo», rispon¬ de con un piccolo scatto di umore. La sua nomina, dice, è il risultato della «sua» vittoria con¬ tro i taleban (mentre i capi tagiki sottolineano che Dostum ha aspettato tre anni per aderire al «loro» fronte anti-taleban). Rashid Dostum pretende inoltre di «controllare» le numerose uni¬ tà armate del Nord. «In 24 ore posso adunare 40 mila uomini», si vanta. Intanto «è necessario disarmare quelli che non voglio¬ no obbedire, gh stupratori e i terroristi». Sulle voci relative a un recen¬ te disanno un po' brutale di un villaggio pashtun nella provin¬ cia occidentale di Faryab ad opera di un piccolo capo uzbeko, il generale elude la domanda e dice che «quelli erano colpevoli di aver aiutato i taleban e dove¬ vano essere puniti». Poi addita uno dei suoi ufficia- li, che dichiara: «Erano dei fug¬ giaschi, dei banditi. Abbiamo sequestrato 500 armi e durante l'operazione ci sono state delle uccisioni». Impossibile sapere di più. Ma Dostum aggiunge: «En¬ tro in giorno o due, riunirò tutti i comandanti della regione per vedere come evitare che i convo¬ gli degh aiuti umanitari venga¬ no saccheggiati». Ventiquattro ore prima aveva garantito che «in un giorno o due» i comandan¬ ti riuniti avrebbero deciso come condurre il disarmo generale. Interrogato ancora sul massa¬ cro di 240 prigionieri, un mese fa, nel carcere di Mazar-i-Sharif da parte degh uzbeki, Dostum scarica la responsabilità sui suoi subordinati. Gh americani che lo attornia¬ no in permanenza (quattro sol¬ dati della forze speciah lo aspet¬ tano in fondo al giardino) defini¬ scono Dostum «un buon guerrie¬ ro». Uno dei loro ufficiah ha affermato che «non è colpevole dei massacri che gh vengono attribuiti». Copyright «Le Monde» Il comandante Rashid Dostum viene accolto da un gruppo di suoi combattenti e sostenitori a Sheberghan

Luoghi citati: Afghanistan, Kabul