Bamiyan, la baraccopoli di Buddha

Bamiyan, la baraccopoli di Buddha NEGLI ANFRATTI CHE OSPITAVANO I MONUMENTI TENDE E LAMIERE NASCONDONO RICOVERI Dl FORTUNA Bamiyan, la baraccopoli di Buddha Dove la furia dei taleban ha cancellato 1500 anni di storia dall'inviato a KABUL Dove c'erano i Buddha, nelle rocce di Bamiyan, oggi ci sono delle tende, come trovi nelle catapecchie di tutto 0 mondo, appese a una corda per nascondere una cucina, o un bagno, per dividerlo dai materassi ammas¬ sati nell'unica stanza, sotto una tettoia di lamiera. Quando scostano le tende, dei bambini con gli occhi a mandorla vestiti di pochi stracci giocano attorno a un fornello. A guardare quelle immagini, uno pro¬ va lo stesso effetto che provano loro, i bambini, le mamme e gh uomini che aspettano il sole neUe falesie rosa, quando un giornalista cerca di spiegare che quello era un posto sacro per la beUezza delTumanità, dov'erano custodite le statue più grandi del mondo: una era alta 55 metri e l'altra 38, e le avevano scolpite prima del VI secolo d.C. Le hanno distrutte i taleban dieci mesi fa, in spregio al mondo. Ora, un uomo con la faccia da mongolo risponde come a dei nemici: «Ma questa è casa nostra». Gliel'hanno data, o se la sono presa: cosa c'è da capire? Bamiyan era un centro di preghiera consacrato lungo la via della seta. Adesso che nei resti sacri della distruzione hanno tirato su addirittura una bidonville, lo scan¬ dalo in fondo è solo apparente. Il bello è un'idea che non serve, oggi, in Afghanistan. E c'è chi è ancora convinto che la preghiera invece serva solo per uccidere. Appena i taleban erano scappati da Kabul, avevano cominciato i giap¬ ponesi a interessarsi di quelle statue che dieci mesi fa erano state polve- rizzate e massacrate a colpi di canno¬ ne e fucilate. Avevano promesso: «Forse si possono ricostruire». Il problema, però, è davvero quello di riuscire ad andare su superprotetti, scortati da truppe annate, per fare sopralluoghi, studi e ricerche. Fino¬ ra- nessuno c'è riuscito. Ci vorrà l'esercito, e qualcuno allora dovrà toghere le case ai baraccati. Impresa non facile. Quella regione è abitata dagh Hazara, che sono una popola¬ zione dai tratti somatici simili ai cinesi. I loro capi sono Abdul AU Mazari e Alsbar Anuari. E con loro, si dovrà venire a patti. Fra sei mesi ci saranno le elezioni, e Bamiyan manderà nel Parlamento di Kabul otto rappresentanti. Per Ah Golan, «soltanto dopo si potrà cominciare a mudVere qualcosa». Le statue dei Buddha in fondo hanno già raccontato all'umanità un'agonia durata undici secoli. Ven¬ nero costruite all'incirca tra il n e il VI secolo d.C, durante la dinastia Kushana, quando nella valle di Ba¬ miyan transitavano merci prove¬ nienti da Roma, Siria, Egitto, dirette verso l'Estremo Oriente, mentre le ricchezze della Cina e dell'India facevano il percorso inverso. I mona¬ steri buddhisti e le grandi statue furono poi rispanniati dai dominato- ri Sasanidi e anche dalle orde degh Unni bianchi che cancellarono il buddhismo nella regione, ma non toccarono la parete di Bamiyan. Le devastazioni ebbero inizio verso il IX secolo d.C, quando l'Islam abbat¬ tè il regno che governava il paese. Risalirebbe a questo periodo il di¬ stacco della parte anteriore dei due volti, spezzati segando la pietra dal¬ l'alto in basso. I monumenti erano già stati offe¬ si prima che i taleban procedessero alla loro totale distruzione. E sem¬ pre cominciando dal volto, dal sorri¬ so di Dio, scolpito nella pietra, dalla calma che emanavano quei volti, che avevano attraversato i secoli e davano l'impressione di oltrepassar¬ li. Negli ultimi anni, la via della seta era diventata solo una tormentata prima linea delle milizie che aveva¬ no fatto scempio della regione e che ancora continuano a farlo. Quando i taleban conquistarono Bamiyan nel 1998, i piedi deUe statue erano stati trasformati in un deposito per muni¬ zioni, armi automatiche e razzi, mine anticarro di fabbricazione ira¬ niana, statunitense e italiana, deto¬ natori per mortai, e mine antiuomo pakistane, russe e cinesi. Quelle armi erano ammassate anche nelle 750 cappelle dov'erano custoditi sta¬ tue e dipinti. Gh scultori deU'ahtichi- tà avevano compiuto tutti questi lavori scavando direttamente nella roccia, e le pareti deUe nicchie ven¬ nero intonacate a stucco e affrescate con scene della vita del Buddha. E' qui dentro che adesso vivono le famiglie Hazara. Allora, nel '98, i capi più facinoro¬ si minacciarono subito la demolizio¬ ne. Si divertirono a sparare contro i busti, ricoprendoli eh mitragliate e sfregi. Poi, il 10 marzo di quest'anno il mullah Omar ne sentenziò la fine. I Buddha vennero fatti saltare, a colpi di cannone e mitraglia, comin¬ ciando dalle facce, non solo per accanirsi contro il volto, ma come per colpire davvero il rimprovero del tempo che quei visi emanavano. Spararono anche con i fucili, con i carri armati, fecero esplodere le bombe. Qggi, Bamiyan è un posto dove le rocce si stagliano come padrone, a 230 chilometri da Kabul, tagliato fuori dalle rotte turistiche da oltre vent'anni di guerra e di banditi. Al viaggiatore che arrivava a Bamiyan, i due Buddha apparivano in fondo a un passaggio polveroso, dove adesso si vedono soltanto queste maestose facciate di pietra che rimandano uno strano colore in faccia al sole. Il vuoto che rimane conserva il suo fascino, anche nello squallore del¬ l'immagine che rimanda adesso. La luce taghente dipinge le pietre e la parete di verde, di azzurro, di giallo. Anche le tende lerce, ferme nella nicchia, sono colorate: marroni e verde scuro. E i bambini mangiano del pane posato sulla terra, dove prima c'erano gh stucchi, [p. sap.J Negli anfratti dov'erano le enormi statue sacre » c'è una tribù di Hazara «Questa è casa nostra» I giapponesi pensano a costruire dei simulacri II problema sarà cacciare gli «abusivi» Il luogo dove una volta sorgeva uno dei Buddha di Bamiyan

Persone citate: Golan