«Saldare in pesos i debiti privati contratti in dollari» di Stefano Lepri

«Saldare in pesos i debiti privati contratti in dollari» «Saldare in pesos i debiti privati contratti in dollari» La ricetta estrema dell'economista Hausmann: se il paese non regge il cambio, deve svalutare Stefano Lepri ROMA Era sembrato audacissimo, az¬ zardato, il piano proposto 50 giorni fa da uno dei mighori economisti del Sud America, il venezuelano Ricardo Hau- smann. Ora pare a quasi tutti l'unica via di uscita da una situazione disperata. Magari senza darghene il merito, il partito giustizialista (peronista) tomato al potere userà quei suggerimenti per disfare del tutto, ironia della storia, quan¬ to esso stesso aveva fatto dieci anni fa, con l'aggancio unilate¬ rale del peso al dollaro Usa. Allora era parsa una ricetta magica, si è rivelato un vicolo cieco; per trarsi fuori dal quale occorre infilarsi in pertugi ine¬ splorati. «Si tratta di stabilire che i debiti privati, anche se denomi¬ nati in dollari, possono essere ripagati in pesos - pesos svaluta¬ ti, a un cambio reso fluttuante - spiega l'economista americano Paul Krugman, favorevole al provvedimento -. Una mistura drastica, ma non più drastica delle ultime misure prese dal governo De La Rua». Quando un Paese non ce la fa più a reggere il cambio, deve svalutare, con la controindicazione che gh di¬ verrà più pesante, o impossibi¬ le, pagare il debito estero. In Argentina, c'è un problema an¬ cora più grave: è in dollari anche la maggior parte dei debi¬ ti e crediti interni, circa due terzi. L'aggancio al dollaro non reg¬ geva più, tra disoccupazione alle stelle e fuga di capitali; sganciandosi, si rischia di scate¬ nare una valanga di insolvenze e falhmenti, che finirebbe per mettere a terra l'economia ar¬ gentina. A meno di non de-dolla- rizzare: ovvero la «pesifica- ciòn» che si sta studiando a Buenos Aires. Rispetto alle con¬ suetudini della finanza mondia¬ le sarebbe uno shock, un tradi¬ mento dei patti sottoscritti. Ma secondo Hausmann, «anche gli investitori stranieri dovrebbe¬ ro preferire questa soluzione alla tradizionale rinuncia a una parte del valore facciale del loro debito. Il peso svalutato potrà anche rivalutarsi nel tempo, se lasciato fluttuare sui mercati; il tempo c'è, dato che la maturità media del debito argentino è di circa otto anni». L'aggancio rigido al dollaro, secondo il sistema che si chia¬ ma «currency board» in inglese, «convertibilidad» in spagnolo, mentre in itahano non ha un nome preciso, è stato qualcosa di simile alla soluzione di legar¬ si al tavolo per studiare, vanta¬ ta da Vittorio Alfieri nelle sue memorie. Se imo ha la volontà di ferro di Alfieri, studia davve¬ ro; altrimenti è possibile che dia di matto. In un Paese priva¬ to di ogni margine di manovra della pohtica monetaria, la sfi¬ da della pohtica economica di¬ venta durissima: o la va, o la spacca. In Argentina è andata bene per i primi cinque anni, con la scomparsa dell'inflazione; nei successivi si è sviluppato il disastro. Da una parte, chi non aveva più fiducia nella solidità dell'aggancio passava al dolla¬ ro; dall'altra, i governi regiona¬ li con ie casse vuote stampava¬ no monete parallele come il «patacòn» (in spagnolo non fa ridere, è il nome di una antica moneta) o il «Lecop». Steve Hanke, professore alla Johns Hopkins University e membro del Centro studi con¬ servatore Cato Institute, nell'ul¬ timo decennio ha propugnato e contribuito ad applicare il «cur¬ rency board» in tutto il mondo (si vanta che anche il primo governo Berlusconi, nel 1994, gh chiese un consiglio in mate¬ ria) ma ora o^-*-- m;ìC 01 uovrenne passare alla dollariz- zazione piena, cioè adottare il dollaro e basta, con l'aggiunta di riforme ultraliberiste che re¬ staurino la fiducia. Ma, hanno ribattuto molti altri economi¬ sti, prima di introdurre il dolla¬ ro si dovrebbe comunque s valu¬ tare; procurandosi così una gran parte degli inconvenienti addebitati all'altra soluzione. «La proposta Hausmann è l'unica alternativa al caos» so¬ stiene un'altra voce autorevole, quella di Michael Mussa, già capo ufficio studi del Fondo monetario intemazionale. Solo i debiti verso le organizzazioni multilaterali, come il Fmi, reste¬ rebbero espressi in dollari. A una svalutazione si dichiara favorevole perfino Hemando Cardoso, il sociologo ed econo¬ mista presidente del Brasile, Paese che nell'immediato subi¬ rebbe danni commerciali: me¬ glio quelli che un'Argentina an¬ cora più giù nel caos. Tutti sanno che in un modo o nell'altro l'Argentina non onore¬ rà rnrv^ietamente i suoi 132 miliardi di dollari di debito estero. Balza all'ordine del gior¬ no la proposta di stabilire una sorta di procedura finanziaria fallimentare intemazionale per gli Stati insolventi: il G-7 l'ha messa allo studio su proposta canadese, sta a cuore (seppure ih forme diverse) alla Casa Bian¬ ca e alle organizzazioni non governative tipo «Drop the debt», sarebbe stato megho averla già pronta. Sulla ripartizione intema dei sacrifici necessari ad andare avanti deciderà il nuovo gover¬ no di Buenos Aires; ma sulla ripartizione dei sacrifici tra la popolazione argentina e le ban¬ che intemazionah si discuterà a lungo. Dieci anni fa era stato il partito peronista a volere l'aggancio con la moneta americana. E adesso deve disfare ciò che aveva fatto Svalutare o no: questo il dilemma, mentre si discute sulla ripartizione interna e bancaria dei sacrifici per andare avanti

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