Quella carezza con le stimmate

Quella carezza con le stimmate NEL CONVENTO DEI CAPPUCCINI Quella carezza con le stimmate IL 9 di dicembre, seconda domenica dell'Avvento, ho fi¬ nalmente avuto un incontro con Giovanni Paolo II, cui ane¬ lavo da tempo. Durante dodici minuti l'ho ascoltato (con «stu¬ pore») rispondere pazientemen¬ te alle mie domande. Scrivendo¬ ne il giorno dopo ho detto che non avrei parlato di quel discor¬ so a tu per tu. Non per egoismo bensì per rispetto. Ma ora che la notizia è ufficiale, della pro¬ clamazione di Padre Pio santo, dico, mi ritengo sciolto da ogni obbligo, ancorché spontaneo, di riservatezza: almeno su que¬ sto argomento, su Padre Pio «ufficialmente» santo. «Ufficial¬ mente» poiché lo sconfinato esercito dei suoi devoti lo ha già santificato: oltre mezzo se¬ colo fa. La mattina del 9 di dicembre scorso ho posato sul¬ le mani del Papa il mio «regali¬ no di Natale», da mettere ideal¬ mente sotto l'albero come acca¬ deva quando sua madre era viva. Il mio regalino al Papa è un disegno che coglie Padre Pio "di profilo, pensoso, nel remoto 10 di febbraio del 1949. Quan¬ do il disegno sguscia dalla carta natalizia nella quale l'ha avvol¬ to devotamente mia moglie, il Papa: «Oh», sorride, e sfiora con la mano il disegno. Teneris¬ simamente. A modo di carezza. Gli dico del mio incontro «col san Francesco del Terzo Millen¬ nio», e lui, Giovanni Paolo II, quasi con pudore, bisbiglia: «Anch'io l'ho incontrato...». E qui, sconsideratamente, gli di¬ co: «Certo, quel vostro incontro è famoso: Padre Pio predisse al Cardinale Wojtyla che sarebbe diventato Papa...». Sconsolato: «Oh no», sospira il Papa e fa un gesto che, col senno eh poi, cioè adesso capisco esprimeva un sentimento a metà tra il compa¬ timento e il fastidio. Ora che scrivo queste note, comprendo che l'emozione m'ha portato fuori strada. Questa storia del «pronostico azzeccato» va avan¬ ti da almeno ventiquattro anni, da quando il cardinale di Craco¬ via andò, appunto, a trovare il Monaco con le Stigmate, attrat¬ to dalla sua aura di misticismo. Perché anche allora che era un atleta, Giovanni Paolo II vive¬ va la sua mistica personale, dolorosamente liberatrice. Wojtyla era un giovine opera¬ io, orfano, viveva in casa del suo maestro di recitazione, Mie- czyslaw Kotlarczyk, quando, ima sera, venne investito da un camion tedesco. L'incidente lo tenne a lungo tra la vita e la morte, gli lasciò una spalla più bassa dell'altra, lo costrinse a lasciare il lavoro. In quel perio¬ do, verosimilmente, il giovine Karol visse la sua prima stagio¬ ne di mistico. Scopri e recitò i testi di san Giovanni della Cro¬ ce e di santa Teresa d'Avila. Fu, quello, il periodo «delle lunghe meditazioni, prostrato sul pavi¬ mento. (...). Nacque allora in lui una vocazione monastica che quasi lo portò alle soglie d'un convento di Carmelitani scalzi. E fu proprio allora che decise di farsi sacerdote» (cfr. J. Arias: «Giovanni Paolo II»). Detto che anche Padre Pio, giovine frate, soffrì dolori non solo spirituali, trascorrendo notti e notti sul nudo pavimen¬ to della cella, per essere infine trafitto dalle stigmate, ecco un primo segno del tropismo spiri¬ tuale che porta il volitivo cardi¬ nale polacco a San Giovanni Rotondo. Per confessarsi con Padre Pio, per ragionare insie¬ me con lui sulla vita, sulla morte, «sulla grazia del dolore, anche fisico». Il 10 di febbraio del 1949, fu Padre Pio a prendermi per il braccio, portandomi con sé in clausura, tra il silenzio stupe¬ fatto dei divoti che assediava¬ no la sacrestia. Non appena l'uscio si richiuse dietro le no¬ stre spalle, vidi Padre Pio mu¬ tar espressione. Non più alle¬ gramente ironico ma mortal¬ mente stanco, pallido. «Ma tu che vuoi da me? Ecchè stu luntanu che vai», disse. - Vado vicino ma è lontano: nel lebbro¬ sario di Acquaviva delle Fonti, risposi. «Tu si 'nu giornalista, newero?». - Sì. «Io coi giornali¬ sti è meglio che non ci parlo. I giornalisti mi inguaiano perché scrive.te.che faccio miracoli. Su questa terra miracoli non ne fa nessuno. Capito? Il tempo dei miracoli passò». E poiché, con¬ fuso, tacevo: «Tu che vuoi da me?», disse ancora ma questa volta con una qualche dolcez¬ za. - Non lo so, padre. Avevo preparato tante domande, non ne ricordo una, risposi. Poi, maldestramente: - E le ferite, le fanno male le ferite?, doman¬ dai. «Figlio mio, perché mi chiedi questo?». La sua mano carezza la mia spalla. La strin¬ go piano e incredulo, quasi inorridito, sento il pollice affon¬ dare nel palmo della mano del frate. Violenta, una vertigine improvvisa mi sconvolge, ma per fortuna è un attimo. «Dio ti benedica, guagliò, salutami i lebbrosi e felice proseguimento di vita», mi congeda. La sua cella portava il numero 5. Sul¬ l'architrave: «La gloria terrena ha per compagna la tristezza», era scritto. La tristezza. Il Papa, come del resto Padre Pio, sa esser gaio, specie coi giovani; ha un alto senso dell'umorismo, del¬ l'autocritica, assapora l'ironia ma nel profondo dell'anima è irrimediabilmente triste. An¬ che Padre Pio che tabaccava allegro e motteggiava coi suoi divoti in sagrestia, subiva una profonda tristezza interiore. Il Papa e il Santo han sempre sofferto ia cognizione del dolo¬ re, e il loro misticismo limpida¬ mente si rivela nell'impegno di tradurre la pietas verso l'infer¬ mo, verso il sottoproletariato del Terzo Mondo, in opere di carità. E poiché i mistici sono pragmatici, ecco il Cappuccino dalle stigmate adoperarsi per concretizzare la pietas verso i suoi amici-fedeli-amici, cittadi¬ ni di un'Italia depressa, pove¬ ra, senza servizi socia i, in un'opera di carità straordina¬ ria: l'ospedale, anzi la Casa Sollievo dalla Sofferenza, una struttura eh'è stata una gemma solitaria nel profondo Sud e oggi ancora si adopera a solleva¬ re dalla sofferenza legioni di malati. In maggioranza, gente del profondo Meridione. Che esiste, anche se non ne parlia¬ mo mai, scoprendolo quando la disgrazia piomba addosso agli innocenti: vedi l'incendio di San Gregorio. Io ho visto il Papa a Santiago del Cile, nella miseria di Victo¬ ria, andar fra i poveri con quei sacerdoti-operai in jeans, impe¬ gnato a raccogliere dati e pro¬ getti, e la sua carezza sul capo dei bambini, felici per un atti¬ mo solo, era guidata da una pena profonda coniugata con la ribellione. E quando volle anda¬ re, in San Salvador, a pregare sulla tomba di Padre Romero, ammazzato all'Elevazione, da¬ gli squadristi bianchi, quella preghiera che il protocollo vole¬ va clandestina si trasformò in una spinta poderosa alle riven¬ dicazioni di Napoleon Duarte, leader di una De salvadorena fatta di contadini cotti dal sole, scavati dal pauperismo, decisi tuttavia a riscattarsi in nome di Dio. E' dunque banale crede¬ re alla storiella (mai conferma¬ ta del resto) del Cappuccino che «pronostica» il papato a Wojty¬ la. Mentre è altissimo l'incon¬ tro fra i due mistici, tra il polacco che guarda alla Croce e il frate con le stigmate, appa¬ rentemente rozzo, ma in verità ricco di «arditezze teologiche», come scopri quel raro intellet¬ tuale che fu Paolo VI. (Addirit¬ tura nel 1929, Padre Pio scrive¬ va e predicava [citiamo Filippo di Giacomo] la pastorale fami¬ liare, l'opzione antropologica, la spiritualità coniugale, il pas¬ saggio dalla beneficenza alla giustizia, l'evangelizzazione mediante il lavoro, lo sviluppo sociale, chiamandolo, «come fa¬ rà Paolo Vi molti anni dopo, con l'enciclica Populorum pro- gressio, con il nome di Pace»). La mattina del 9 di dicem¬ bre, prima dell'incontro con il Papa, ho assistito alla messa privata che Giovanni Paolo II ha celebrato nella cappelletta contigua al suo appartamento. Scrutavo attento il suo volto come già feci con Padre Pio, per cogliere, com'è accaduto, segna¬ li, gesti, comuni ai due mistici. Così come Padre Pio sembrava, in determinati momenti, in trance, anche Papa Wojtyla m'è sembrato non accorgersi, straniarsi da chi era con lui a pregare: il co-celebrante, il ve¬ scovo padre Stanislao, suo fede¬ le segretario, un giovine sacer¬ dote, sette suorine e chi scrive. Ecco, al pari di Padre Pio, Giovanni Paolo II, celebrando la messa, spesso m'è sembrato isolarsi dal mondo, divorato dall'ascesi. La «beata fretta», come qualcuno sussurra in Va¬ ticano, con cui il Papa ha volu¬ to la proclamazione a Santo di Padre Pio, può spiegarsi soltan¬ to con la consonanza spirituale che avvolge i due grandi misti¬ ci. E qui toma utile al laico, per capire una volta per tutte, rifar¬ si al Wojtyla poeta. Ha scritto Giovanni Reale che «il concetto di "persona" che emerge dal¬ l'opera poetica di Wojtyla è in buona misura vicino a quello agostiniano (...). Un altro punto- chiave dell'opera poetica del Papa è quello del dolore, della sofferenza. La Croce è proprio ciò che ciascun individuo-per¬ sona rifugge, che non vorrebbe portare in alcun modo. Per loro, invece, per Padre Pio, per Karol Wojtyla, la Croce è l'albe¬ ro della vita che il tempo ha fatto crescere dal seme della fede. Un seme raro, visibile soltanto ai santi, ai profeti. Ma cos'è, oggi, un Santo? Cosa vuol dire proclamare San¬ to Padre Pio? Gianni Gennari mi dice che facendolo santo, il Papa fa di Padre Pio «un esem¬ pio». Giancarlo Zizola mi spie¬ ga che loro, i Santi, hanno capito che vinceranno perché Dio soltanto può vincerli. Nel¬ la «Peste», Camus scrive che gli interessa sapere come si diventa Santi. «Se è possibile diventar Santi senza' Dio: è questo il solo problema che io conosca». La risposta è (forse) in questi versi del Papa, scritti quando aveva vent'anni: «Un uomo, da solo, non è capace di trasformarne tanti/. Può inne¬ stare. Può gettare il seme /, ma crescerà il seme per volere dell'uomo? 7 Questo è oramai di Dio. Il raccolto è di Dio». Nelle mani 1 del Papa z ho posato il mio regalo di Natale E' un disegno che coglie il santo di profilo e in atteggiamento pensoso. Giovanni Paolo II quasi con pudore bisbiglia: «Anch'io l'ho incontrato». Il Pontefice e il frate hanno un alto senso dell'umorismo ma la stessa tristezza interiore. Hanno sempre sofferto la cognizione del dolore Il 10 febbraio ' del 1949 : mi prese il braccio, portandomi con sé in clausura tra il silenzio stupefatto dei devoti che assediavano la sacrestia Strinsi la sua mano e incredulo sentii il pollice affondare nel palmo. Una vertigine improvvisa mi sconvolse «Dio ti benedica e felice proseguimento di vita» i Padre Pio, con le stimmate, celebra la messa

Luoghi citati: Acquaviva Delle Fonti, Cile, Craco, Italia, Monaco, San Giovanni Rotondo, San Gregorio, San Salvador