Le prigioni colabrodo dei mujaheddin vincitori di Pierangelo Sapegno

Le prigioni colabrodo dei mujaheddin vincitori Gli ARABI DETENUTI LASCIANO INDISTURBATI L'OSPEDALE PI KANDAHAR Le prigioni colabrodo dei mujaheddin vincitori reportage Pierangelo Sapegno inviato a TORKHAN LA battaglia contro i fantasmi ha lasciato l'ospedale di Jalala- bad pieno di bambini, vecchi e pastori. Piangono e protestano, alcuni piccoh sono interamente fasciati e ingessati: «Cosa c'entria¬ mo noi?»: Ha lasciato le monta¬ gne piallate dalle bombe, i boschi inceneriti, gh sguardi appesi ai canocchiah dei soldati con i tur¬ banti, le truppe inglesi che rimon¬ tano i sentieri dietro i mujahed¬ din. Ha lasciato il mondo come prima, con la sua paura del terro¬ re: mancano solo i taleban a Kabul, ma il mullah Omar è spari¬ to, il suo govemo pure. Bin La¬ den, anche. La storia più emble¬ matica di questa guerra è capita¬ ta a Kandahar: nelle camere del¬ l'ospedale erano ricoverati 13 ara¬ bi di AI Qaeda. I giornali avevano scritto che c'era stata una strage nelle corsie, che erano entrati i mujaheddin e avevano fatto fuo¬ co sui miliziani stranieri ricovera¬ ti. Vero niente, come i mille morti dell'aeroporto, come i tremila combattenti di Al Qaeda sulle montagne di Torà Bora. Gli arabi erano curati come pazienti nor¬ mali. Erano armati di tutto pun¬ to, tenevano persino gh esplosivi sotto il letto, e quando hanno deciso che erano stufi o che erano guariti, quattro di loro se ne sono andati come da un albergo. Spari¬ ti nel nulla, come il mullah Omar, come Bin Laden, come gli altri. Anzi, sono spariti così facilmente che il dubbio rimane: e se qualcu¬ no fosse morto? Però, sulle montagne sopra To¬ rà Bora, nessuno lo dice. Domeni¬ ca sera i comandanti dei mujahed¬ din hanno annunciato di aver conquistato tutte le grotte. Nessu¬ na festa, come quando la guerra è finita davvero, o come per la presa di Kabul. Bottino del com¬ battimento: duecento arabi mor¬ ti. E diciassette prigionieri. E le migliaia di combattenti che resi¬ stevano? Saranno cento, dicono adesso gh ufficiah imbacuccati neUe loro coperte, e sono in fuga, verso il Pakistan. Dev'essere per questo che i bombardamenti dal cielo continuano, anche se meno intensi di prima, meno convinti. Sul terreno, la caccia prosegue a marce forzate, lungo le piste del confine. Il giomo dopo, Hadji Zaman non ha smesso di sorride¬ re e quando incontra i giornalisti arrancando su per la sahta spiega nel suo francese un po' elementa¬ re che la «battaglia non è finita», ma che Bin Laden «nessuno può dire con certezza dove sia». Po¬ trebbe voler dire, come dicevano sottovoce alcuni ufficiah del¬ l'esercito americano, che se n'è già andato verso il Pakistan da dieci giomi buoni. Ma potrebbe anche essere che lui o qualcun altro sia rimasto sotto i chili di bombe caduti dal cielo, nelle ca¬ verne stritolate. Oppure, che è ancora in fuga, in qualche zona montuosa e impervia delTAfgani- stan. Siccome tutto è possibile, Zaman e i suoi coheghi sorridono. Infagottati nelle loro coperte, ri¬ scaldati dai pakoi dì lana e tutti con la loro bella barba spessa, gh ufficiah senza spallette deh'arma¬ ta dei mujaheddin si salutano guancia contro guancia e si tengo¬ no per mano come degh scolari, con l'aria di chi ha fatto il suo compito e non ha più niente da chiedere. Adesso, la guerra continua per gh altri. I miliziani afghani com¬ pletano la loro missione, con gran¬ de paura. Lo si vede, quando una telecamera h segue, dentro una grotta. Tredici soldati di Al Qaeda si sono arresi. Erano in 60. E gh altri? «Morti». Ma non ci sono corpi, dentro. Scappati? «Forse», dice uno. «Non sappiamo». Chie¬ de da bere. E' sdraiato su un letto sotto la coperta. I mujaheddin dicono ai giomahsti: «State atten¬ ti a un attacco suicida». I prigio¬ nieri sono pakistani, ceceni, kwai- tiani, sudanesi. Qualcuno dorme tranquillamente sotto l'occhio delle telecamere. C'è poca luce. Attorno a un letto. Come ti chia¬ mi? «Ismail Abdu Rafah». Di dove sei? Silenzio. Vieni dallo Yemen? «Sì». Quanti anni hai? «24». Co¬ minciano a perquisirlo, alzando le coperte. Geme come se avesse dolore al costato. Ha pistole, un fucile, una granata. Osama bin Laden? «Non sappiamo dov'è». Uno di loro ricorda: «L'ho visto all'inizio del Ramadan, a metà novembre». Non era qui? «No». Dopo l'hai mai più visto? «No». Hudaifa, volontario del Qatar, barba a cornice sulle guance, leva la mano: «Ho sete, ho sete». Gh danno un bicchiere. Beve lenta¬ mente. Lo perquisiscono. Anche lui nasconde una granata. I mujaheddin: «State attenti, state attenti». Lui racconta: «Ci spara¬ vano addosso senza interruzioni. Gh americani bombardavano dal ci?lo, e da terra crivellavano di colpi l'uscita della galleria. Per giomi, solo bang bang». A un ceito punto si mettono a pregare tutti insieme. Li spiano da un pertugio oscurato da un velo. L'ultima battagha del Ramadan conserva il suo rito. Alcuni sono seduti, coperte, barbe, e fuchi. I mujaheddin si avvicinano, sfila¬ no i mitra lentamente dalle loro braccia. La paura dei miliziani afghani è palpabile. Ed è la stessa che descrivono oggi dah'ospedale di Kandahar, dove i quattro arabi prigionieri hanno deciso di andar¬ sene via con tanti saluti. Lo rac¬ conta il direttore, Ghulam Mohammed Afghan. Sono fuggiti domenica mattina, alle prime ore del giomo. La cosa incredibile è che vivevano nelle corsie del¬ l'ospedale armati di tutto punto, tenendo persino deU'esplosivo sotto il letto, con i fuchi appoggia¬ ti vicino al cuscino, sempre a portata di mano. AUe loro guardie avevano detto che neUe camere potevano entrare solo i medici. E le guardie avevano ubbidito. Ave¬ vano pure minacciato: «Se qual¬ che soldato degh antitaleban en¬ tra in questa corsia mettiamo tutto a ferro e fuoco, facciamo saltare in aria l'ospedale». Nessu¬ no ha osato contraddirli. Domeni¬ ca mattina, poi, hanno pensato che era megho levar le tende. Adesso spiegano che «sono riusci¬ ti a scappare con la comphcità deUe guardie». Magari un po' di dollari hanno convinto i più re¬ stii. Il Ramadan non c'entra. Ne¬ anche la preghiera. In questa guerra, anche l'odio si può comprare. Uomini di Al Qaeda l'organizzazione di Osama bin Laden catturati dalle forze dell'Alleanza del Nord a Torà Bora

Persone citate: Bin Laden, Hadji Zaman, Osama Bin Laden, Zaman

Luoghi citati: Kabul, Kandahar, Pakistan, Qatar, Torà, Yemen