LA LEGGENDA DEL FINTO MENDICANTE

LA LEGGENDA DEL FINTO MENDICANTE L'HANDICAP IMMAGINARIO LA LEGGENDA DEL FINTO MENDICANTE Michele Ferriera PALERMO ACCANTO alla storica libreria Flaccovio, sulla strada più levigata di Palermo, siede a terra, ogni mattina, un uomo molto bello. Forse quarantenne. I suoi grandi baffi biondastri emanano insieme ironia ed energia. Non meno dei suoi occhi chiari che splendono, nello stesso tempo, di severità e di noncuranza. Le spal¬ le appoggiate al muro, le gambe incrociate, l'uomo fa del marcia¬ piede il suo tranquillo bivacco. Né manca mai al suo fianco un piccolo cane silenzioso, tutto in¬ tento, si direbbe, in un molto peloso abbandono. L'uomo immancabilmente legge. Non so dire che libri divori via via, ma si tratta quasi sem¬ pre di volumi abbastanza ponde¬ rosi, dai quali solo raramente si distrae. E quando alza lo sguar¬ do, lo fa per osservare lontano o per scrutare, si direbbe, i vezzi del mondo. Mai comunque per osservare la ciotola che - come assorta a sua volta - sta davanti a lui, in solitaria attesa delle offerte dei passanti. Completa¬ mente assorbito nella sua lettu¬ ra, egli non fa nulla per esaltare quello che sembra essere il suo handicap alle gambe né per solle¬ citare l'elemosina che la sua ciotola ipotizza e stimola. Del resto egli né chiede né ringrazia; si lascia semplicemente osserva¬ re nell'atto di nutrire la sua fantasia o la sua scienza. E lascia che l'obolo cada nel suo mondo come la manna dal cielo o le foghe dall'albero. Da anni osservo questo singo¬ lare fenomeno, che sembrerebbe intrecciare, con straordinaria di¬ screzione, esaltazione della cultu¬ ra, amore della natura, orgoglio umanistico e povertà vissuta sen¬ za invadenza e senza patetismo. «Quell'uomo chiede l'elemosina - ho detto un giorno ad un mio amico - come i mighori esseri umani attendono la fortuna, sen¬ za nulla concedere alla viltà e senza nulla temere della propria sciagura. La sua menomazione alle gambe non chiede commise¬ razione. Chiede piuttosto rispet¬ to il suo amore del Sapere». Questo dicevo ammirato e qua¬ si innamorato. Ma non sapevo allora quale sconvolgente sorpre¬ sa mi attendeva. La sorpresa, anzi, il trauma, mi ha raggiunto due giorni fa. Improvvisamente, in una mite mattinata ho visto l'uomo in piedi. Sulle sue gambe, dico; del tutto valide e flessuose. Stava parlando bruscamente con un suo giovane interlocutore, sul quale sembrava far valere facil¬ mente il suo punto di vista. Trase¬ colato, mi sono fermato a guar¬ darlo. Ma allora non aveva un handicap? Sembrava proprio di no, perché le sue gambe si mosse¬ ro con estrema naturalezza, ver¬ so la sua «postazione abituale» ed egli tornò a sedersi a terra, con le gambe incrociate e tomo a dedi¬ carsi alla lettura, accanto al suo piccolo cane, e dietro la sua cioto¬ la solitariamente questuante. Allora? All'immagine dell'uo¬ mo nobile e saggio, bisognava togliere quello che a me (e a tutti i passanti, credo) sembrava costi¬ tuire il suo fondamento dramma¬ tico: egli non era, come si dice, un «portatore di handicap», non chiedeva l'elemosina,- con tanta esibizione di spiritualità - a cau¬ sa del suo dolore. Di fatto, egli si metteva elegantemente in vetri¬ na, lasciando credere che in lui si realizzasse, senza autocommi¬ serazione, ima nobiltà che vales¬ se mi premio. Egli vendeva con sottile abilità la sua stessa im¬ magine di sé che - sincera o insincera, non importa - espone¬ va con distratto sussiego. La¬ sciandomelo alle spalle, mentre sulla ciotola cadevano le offerte dei passanti, mi sono detto: «Ecco cos'è il mondo, oggi. L'ap¬ parenza non è più un modo di nascondere la sostanza. L'appa¬ renza è sostanza. Quanto diven¬ terà stupida la specie umana a forza di scambiare per autentici¬ tà la capacità di rendere produt¬ tivo l'inganno? Ma poi si tratta d'inganno? O di una verità che ha solo il commercio come infio¬ rato e ispirato prestigio?».

Persone citate: Flaccovio, Michele Ferriera

Luoghi citati: Palermo