Brancusi, Giacometti, Balthus nella galleria del Novecento

Brancusi, Giacometti, Balthus nella galleria del Novecento Brancusi, Giacometti, Balthus nella galleria del Novecento Marco Vallerà m ATELIER di uno sculto- ' re, come il pubblico se lo immagina,e come lo tra- ,mm mandano, tramite lo schermo, quei guardiani dello stere¬ otipo che sono i registi cinemato¬ grafici, è un camposanto pieno di drammatiche statue in marmo di Carrara, violacee e livide come la morte". Così il perfido ambasciato¬ re-dandy Paul Morand iniziava il suo resoconto del periplo intorno all'atelier di Brancusi, oggi ricostru¬ ito un po' forzosamente all'esterno del Centre Pompidou, ma che come si sa, era spesso trasferito nel cortile operaio dell'Impasse Ron- sin, quasi un garage di meccanico, ricolmo di scarti e di òpere manca¬ te. E chi potrebbe immaginare che in quello stesso budello (" Bussai e ribussai più volte e stavo quasi per andarmene quando...") si recasse anche il nostro Montale per un reportage sul Corriere 1953? Tutto questo si trova nel compo¬ sito libro Brancusi. Aforismi, a cura di Paola Mola, che oltre alle battute folgoranti del maestro ru¬ meno e alcune sue fotografie, con¬ tiene appunto i divertenti resocon¬ ti delle visite allo studio, firmate da Man Ray, da Pound o da Henri-Pier¬ re Roche, il divertente personaggio che ispirò tanti film di Truffaut, tra cui Jules et Jim. "Io non credo al tormento creativo. Il fine dell'arte è creare la gioia", annotava Brancu¬ si. Oppure: "Essere furbi serve a qualcosa, ma essere onesti, questo vale la pena". Se si vuol conoscere meglio questo personaggio straordi¬ nario, che ha sconvolto la scultura moderna, con la sua essenzialità, si può disporre anche del volume-rivi¬ sta «Riga» Constantin Brancusi, a cura di Elio Graziosi (Marcos y Marcos, pp.346, L. 33.000), in cui si alternano ricordi e giudizi, da Pound e Arp a Rosalind Krauus e Manlio Brusatin. La visita all'atelier dell'artista è diventato quasi un topos letterario del '900, a partire almeno da quel celebre poemetto in prosa che è l'Atelier di Giacometti del maudit Jean Genet, perennemente ristam¬ pato dal Melangolo. Ma anche chi si rivolge al succoso volume di Scritti di Alberto Giacometti (Ab- scondita, pp. 356, L. 42.000), cura¬ to regalmente dal letterato Michel Leiris e che si compone di scritti già editi ma anche di fogli di taccuino e di pagine sparse, nel momento in cui si trova immerso tra le vivaci pagine di conversazione (con Char- oonnier, Silvester, Parinaud) si ren¬ de conto che non è possibile stacca¬ re Giacometti da quel suo carapa¬ ce, fradicio di scorie e benedetto da ima polvere secolare, che era il suo studio-casa di Bue Hyppolyte- Maindron, in cui era si era avventu¬ rata perfino Marlene Dietrich. Ma non aveva nemmeno potuto espor¬ re le sue mitiche gambe sedendosi su un trespolo, tanto era il disordi¬ ne. Tra parentesi, Giacometti è uno scrittore superbo del perenne scac¬ co dell'arte. Altro visitatore privilegiato dell' antro di Giacometti, Giorgio Soavi non perde l'occasione di penetrare ancora una volta nel quasi-leggen- dario chalet della Rossinière, a curiosare un pochino tra i segreti di casa Balthus [Giorni felici con Balthus). L'Afghanistan, come paradiso li¬ bero e incontaminato in cui ha lavorato e ha voluto fossero disper- se le sue ceneri, è invece imo dei protagonisti sotterranei .d'un affa¬ scinante testo letterario/che è an¬ che documento di critica d'arte e di memoria commossa, tramato (co¬ me un arazzo) dalla sapiente scrit¬ tura di Annemarie Sauzeau, moglie di Alighiero e Boetti, in Shaman- Showman (Allemandi, pp. 216, L. 35.000). Sempre una sorvegliata scrittu¬ ra narradva, ci conduce in Rìoco celeste di Marisa Volpi a ripercorre¬ re l'Inghilterra vittoriana, sociali¬ sta e preraffaellita di William Mor¬ ris, Bume-Jones, Dante Gabriele Rossetti: un universo ove l'arte del vivere e dell'arredare è elemento primario. Così, per rileggere in chiave critica l'arte monumentale del regi¬ me sovietico, funziona benissimo il viatico di Isaiah Berlin, che ragio¬ na, in tempi reali non sospetti, su Le arti in Russia sotto Stalin. Ed è inevitabile, nel divertente libro a cura di Stefano Zucchi, Arte e Erotismo, che giunge sino a Wes- selmann e Gnoh, rendersi conto di come, per mettere in scena il sesso, sia essenziale il luogo malandrino: dal prato al bagno, dall'alcova al boschetto. Non è nostalgia, ma come sem¬ bra cagliato e imputridito oggi il mondo delle Biennali e delle galle¬ rie, da come lo evoca invece Lea Vergine, nella brillante conversa¬ zione-memoria con Ester Coen, che si chiama Schegge. Così, leggendo la raccolta di testi Intorno al Restauro di un personaggio integerrimo e sapiente quale Giovanni Urbani (Skira, pp. 74, L. 28.000) si ha l'impressione davvero di essere su un ponteggio, accompagnati finalmente a capire di più di questo misterioso capitolo sulla resurrezione perenne dell'ar¬ te, su cui si abbattono oggi troppe sciocchezze. E LAFGHANISTAN APPARE COME UN PARADISO LIBERO E INCONTAMINATO MENTRE IL MONDO EVOCATO DALLE BIENNALI SEMBRA ORMAI CAGLIATO, IMPUTRIDITO Brancusi Aforismi a cura di Paola Mola, Abscondita, pp. 125, L. 32.000 Giorgio Soavi Giorni felici con Balthus Allemandi, pp. 84, L. 30.000 Marisa Volpi Fuoco celeste Medusa, pp. 92, L 25.000 Isaiah Berlin Le arti in Russia sotto Stalin ArcWnto, pp. 75, L. 20.000 Stefano Zucchi Arte e Erotismo Electa, pp. 301, L. 59.000 Lea Vergine ScheggeS/c/ra.pp. 55, L. 19.000

Luoghi citati: Afghanistan, Carrara, Inghilterra, Russia