Desio, l'Ardito del K2 di Enrico Camanni

Desio, l'Ardito del K2 E' MORTO A 104 ANNI IL GEOLOGO-ALPINISTA CHE GUIDÒ LA SPEDIZIONE ITALIANA ALLA CONQUISTA DELLA SECONDA VETTA DEL PIANETA Desio, l'Ardito del K2 Impresa estrema che suscitò polemiche Enrico Camanni ARDITO Desio, immagine del¬ la conquista italiana del K2, è morto l'altro ieri a 104 anni. I funerali si svoliono oggi a Palma- nova, in Friuli] dov'era nato nel 1897. E' un italiano che ha attra¬ versato impertèrrito il Novecen¬ to con il passo dell'esploratore e la razionalità dell'uomo di scien¬ za. Ardito di nome e di fatto. Laureato in Scienze naturali, professore ordinario di Geologia all'Università di Milano a partire dal 1931, autor^ di centinaia di pubbhcazioni digeologia, geogra¬ fìa e paleontologia, ha girato mez¬ zo mondo, è stato in missione sui monti dell'Iran, ira le sabbie del Sahara, in Grecia| Turchia, Liba¬ no, Siria, Etiopiajlndia, Kashmir, Afghanistan, mala sua vita lun¬ ghissima e senzi tregua si può dire segnata da ima regione di picchi e ghiacciai il Karakorum, e da una cima cheiè il simbolo di tutte le montagn : il K2. Desio la scoprì nel 1929 ci n la spedizione geografica italiana del Duca di Spoleto, quando raggiunse la Sel¬ la Conway, esploro i bacini perife¬ rici dell'immense Baltoro e fu tra i primi esseri umpi à fotografare il K2 da nord. Vsnticinque anni dopo, ormai viciib ai sessanta, fu scelto per comandare la spedizio¬ ne destinata a scalare la seconda vetta della Terra Erano i tempiaei grandi assal¬ ti nazionalisti e iciovinisti ai gi¬ ganti dell'Himaljya. I francesi si erano aggiudicai l'Annapuma nel 1950, gli ingl|si avevano avu¬ to l'Everest nel ]953. Precedenze storiche e ragior^ di stato diceva¬ no che il K2 dovpva essere italia¬ no, tutto il Paese partecipava emotivamenteyall'impresa. Così il minuto professor Desio diventò padre e padrime di un piccolo esercito di. portatori e alpinisti diretti all'ottomila più difficile, una specie di Cervino moltiplica¬ to per quatiro. Fu un generale efficiente e autoritario: così in- ffés'sibìl'é'cia lasciare 'à casa' uh fuoriclasse iome Riccardo Cas- sin; così abili da far passare sotto silenzio la (Enuncia del giovane Walter Bonitti, sacrificato dalla macchina della spedizione; così efficiente da mandare in vetta Lino LacedeUi e Achille Compa¬ gnoni, i più esperti, i più resisten¬ ti, i più disciplinati. Dopo il ritor¬ no in Italia Desio scrisse: «Non ho mai inteso e non intendo realizza¬ re con questa impresa il benché minimo profitto personale. Io pe¬ rò sono turbato, non dal clamore che ha suscitato e suscita tuttora la spedizione, ma dal chiasso che si fa intorno alla mia persona. Chi ama in purezza la montagna, fonte di gioia serena e di perfezio¬ namento spirituale, chi ama la natura con le sue leggi eterne ed i suoi enigmi, chi sente il fascino misterioso dell'ignoto, della sco¬ perta, dell'avventura e riesce a seguire e ad appagare i suoi impul¬ si, ha la vita - credete pure - già tanto piena di per sé stessa che nulla ha a desiderare al di fuori di quelle intime e supreme soddisfa¬ zioni». Tornò vincitore, divenne per¬ sonaggio pubbhco e famoso, poi convisse per quasi mezzo secolo con un successo che avrebbe potu¬ to appagarlo e spegnerlo rapida¬ mente. Continuò i suoi studi geo¬ logici e topografici, prima in Hin- dukush e poi di nuovo nel Karako¬ rum. Nel 1962 raggiunse una stazione scientifica americana in Antartide, e siccome restava sec¬ co e resistente come le sue rocce, nel 1980 fu invitato dal governo cinese ad attraverare l'altopiano meridionale del Tibet. Aveva ot- tantatré anni. Dal 1987 si è dedi¬ cato al progetto EV-K2 per conto délCefitro-'hàzitoàlé di ricérca, ideando una piramide di cristallo ai piedi dell'Everest e creando un laboratorio d'alta quota dove sofi¬ sticate apparecchiature e faticosi esperimenti medici hanno messo alla prova gli alpinisti di fine secolo. La piramide trasparente del¬ l'Everest ha fatto il giro dei gior¬ nali del mondo come simbolo della modernità abbinata agli am¬ bienti estremi, anche se ormai ai piedi dell'Everest ci vanno i turi¬ sti in comitiva e con il sateUite sembra di essere a casa, anzi in un caotico ospedale di frontiera. Un anno fa il custode della pirami¬ de annotava sul suo diario: «Ore 20.30, devo andare a cena, una delle sherpani della spedizione femminile sta male, è arrivata qui la notte scorsa, l'abbiamo trattata con la camera iperbarica, ora è a Pheriche, adesso ho fan una giornalista dello stesso grup¬ po, mi sa che dovrò mettere in camera iperbarica anche lei, poi forse potrò andare a dormire qualche ora...». Ma Desio non c'era più, la sua epoca era finita. Ritornava qual¬ che volta nelle interviste, nei ricordi, nelle osservazioni ai-gute e inguaribilmente antiromanti¬ che. La voce era sempre più fragile ma la memoria non lo tradiva. Testimoniava volentieri, e senza apparente nostalgia, di un secolo che si allontanava insie¬ me a lui. Raccontava di quando c'era ancora un mondo da scopri¬ re e uno scienziato affrontava lunghi viaggi avventurosi, sentie¬ ri a precipizio, guadi di torrenti, animali salvativi, temporali, bufe¬ re e notti all'addiaccio. Doveva saper camminare sui ghiacciai e arrampicarsi sulle rocce, doveva calpestare il terreno per capire la Terra. Era un altro mondo, era un'altra scienza. Ha pubblicato centinaia di ricerche scientifiche e esplorato ogni angolo del mondo, dall'Iran all'Afghanistan, al Sahara Ardito Desio davanti al K2 nel luglio del 1954. A sinistra in un'immagine recente

Persone citate: Achille Compa, Ardito Desio, Conway, Walter Bonitti