«Condanne a venti e 16 anni per punire Erika e Omar»

«Condanne a venti e 16 anni per punire Erika e Omar» «Condanne a venti e 16 anni per punire Erika e Omar» Il pubblico ministero ha chiesto il massimo della pena: «Lei è capace di intendere e di volere e voleva sterminare la sua famiglia. Nessuno degli imputati si è pentito» Alberto Caino TORINO Vent'anni è il massimo della pena - grazie allo sconto automatico previsto dal rito abbreviato - e 20 sono gli anni di carcere che il pm Livia Locci chiede per Erika. «Vo¬ leva sterminare l'intera famiglia ed è capace di intendere e volere». Omar merita qualcosa di meno - 16 anni dietro le sbarre - perché ha collaborato, parlato, confessa¬ to guadagnandosi le attenuanti generiche. «Anche se si è sforzato di ridurre il suo molo a quello del "suddito" (la definizione è dei periti) che non è riuscito a sottrar¬ si al dominio esercitato su di lui da lei». Per quasi quattro ore, nell'aula dove sono presenti i ragazzi e il padre di Erika, non si ode che la voce di questa giovane donna impegnatasi per nove mesi a rico¬ struire nei dettagli «ciò che è stato fatto nella villetta dei signo¬ ri De Nardo, il 21 febbraio scorso, a Novi Ligure». A rivoltare un evento di «una gravità estrema, incommensurabile». Per capire e far capire. Parla a braccio, chinan¬ dosi sulle carte, Livia Locci e l'influenza che l'ha colpita nei giorni scorsi la frena appena. Non concede nulla al tam tam mediati- co in agguato dietro il cancello del tribunale. Asciutta, essenziale, pi¬ lota a braccio la requisitoria attra¬ verso la scena del delitto sino all'argomento che le preme di più: dare voce alle vittime. «E' un processo straordinario perché chi è parte lesa non può rappresentare i suoi cari. Questo padre - il pm cerca con lo sguardo l'ingegnere De Nardo - merita tutto il rispetto che gli si deve, soverchiato da una tragedia im¬ mane e impegnato in una difesa umanamente comprensibile, ma con una conseguenza altrettanto tragica: questi due morti sono diventati ancora più morti. Per tutto il tempo delle indagini preli¬ minari e nel corso del processo nessuna voce si è levata a ricorda¬ re la fine di Susy Cassini e del suo figliolo. Lo devono fare la pubbli¬ ca accusa attraverso la richiesta di condanna e i giudici con la sentenza che emetteranno». «Più che di pentimento voglio parlare di senso di colpa. Che non c'è stato verso le vittime. Da parte di nessuno degli imputati». Pausa. Come chi esca da un'apnea prolungata. Non solo per la feb- Dre. «E' una dinamica che ti far star male solo a rievocarla» aveva confidato poco prima al suo più fedele collaboratore. Ma le tocca, anche se per l'ultima volta: le tracce di sangue rilevate nella villetta e classificate per causa (da caduta, gocciolamento, ripor¬ to) consentono all'accusa di asse¬ gnare a ciascuno dei due imputati il proprio molo. Non conta tanto se lui abbia inferto più coltellate di lei alle povere vittime. Conta che abbiano partecipato insieme alla mattanza e che, al di là della foga dovuta all'improvvisazione e all'inesperienza, «anche il picco¬ lo Gianluca dovesse morire, pri¬ ma ancora di divenire imo scomo¬ do testimone». Il pm non toma sulle personali¬ tà di Erika e Omar, «dopo quanto hanno scritto i periti», se non per agganciarle al movente: «Voleva¬ no essere liberi, assolutamente liberi. Un obiettivo coerente con le caratteristiche delle loro perso¬ nalità». Un'altra pausa. Per ripar¬ tire con l'ultimo affondo: «Non c'è vizio di mente, nemmeno par¬ ziale. C'è invece la condotta pro¬ cessuale, a cominciare dalla luci¬ da invenzione degli albanesi per sviare le indagini. E non c'è soprattutto, a nove mesi di distan¬ za, una sofferenza personale in questi ragazzi. Nessuno mette in dubbio che almeno per lui possa esservi una prognosi diversa, fa¬ vorevole a un suo recupero. Qual¬ che seme si intravede già ora, ma il percorso che Omar deve saper affrontare con l'aiuto dei suoi genitori è lungo. Per Erika non è nemmeno iniziato». Alla fine il pm ha composto il suo mosaico: non c'è scampo per Erika e Omar (anche se i difenso¬ ri, con le arringhe che cominciano oggi, proveranno a contraddire le certezze dell'accusa). Non c'è nemmeno per «la barbarie media- tica che non deve entrare in un processo». L'ultimo pensiero è ancora per le vittime e per Susy Cassini, «uccisa due volte: perché cercava di trasmettere valori etici a Erika, perché non ha saputo difendere il suo cucciolo». Il pm chiude con una citazione di Mon¬ tale, da «Primo gennaio», che paria della memoria delle persone scomparse dimenticata in fondo al mare: «Come questi due morti di cui ci si ricorda sempre di meno». Erika e Omar: ieri II pm ha chiesto vent'anni per la ragazza e sedici per lui

Persone citate: Alberto Caino, De Nardo, Livia Locci, Susy Cassini

Luoghi citati: Novi Ligure, Torino