«Indignato dagli Stati Uniti ma anche deluso da Yasser»

«Indignato dagli Stati Uniti ma anche deluso da Yasser» HAIDER ABDEL SHAFI, 80 ANNI, UNA DELLE FIGURE POLITICHE DI MAGGIÓRE PRESTIGIO NEI TERRITORI «Indignato dagli Stati Uniti ma anche deluso da Yasser» intervista John Evans GAZA A quasi ottant'anni di età, l'inte¬ gerrimo dottor Haider Abdel Sbafi resta una dehe figure politi¬ che dotate di maggiore prestigio nei Territori. E' certamente uno dei pochi palestinesi che abbiano sufiSciente autorevolezza per criti¬ care il Raìss Yasser Arafat: lo ha anche fatto, senza peh sulla lingua, tre mesi fa in un articolo sul quotidiano palestinese «al Hayat al-Jadida», die ha innescato nume¬ rose polemiche. Esponente della sinistra marxi¬ sta, Abdel Sbafi critica il monopo¬ lio pohtico mantenuto finora dai quadri di al-Fatah e propone ades¬ so la inclusione democratica nella stanza dei bottoni anche di Hamas e della Jihad islamica. Capo deha delegazione palestinese ai negozia¬ ti di pace di Madrid (1991), Abdel Sbafi afferma oggi di non avere più alcuna residua illusione circa la controparte israeliana. Anche se lui lo nega, in uno scenario «post- Arafat» potrebbe avere un ruolo al di sopra deha parti e garantire la transizione verso una nuova lea¬ dership. Quel giorno Israele avreb¬ be in lui un rivale ancora più tenace. C'è delusione in questi giorni nei Territori jier le critiche verso i palestinesi espresse dagh Usa e per la relativa passività dei governi arabi? «Occorre distinguere. Da un lato siamo indignati per le posizioni unilaterali degh Stati Uniti, che si ostinano a ignorare i nostri diritti. Questo non può ancora essere para¬ gonato ai nostri sentimenti verso il mondo arabo, che pure non fa quanto ci aspetteremmo in circo- stanze eoa drammatiche. Ma pri¬ ma di criticare il prossimo, dobbia¬ mo criticare noi stessi. Il nostro regime non è mighore di un qualsia¬ si altro regime arabo». In che senso? Dopo oltre un anno dall'inizio la nostra Intifada resta disorganizza¬ ta, spontanea, emotiva, n nostro compito adesso è di mettere fine a questa disorganizzazione. Dobbia¬ mo dotarci di una leadership nazio¬ nale che adotti le decisioni in ma¬ niera democratica e sia in grado di garantire unità di decisione». Avete pure un parlamento, a «Si è rivelato totalmente soggioga¬ to alla Autorità nazionale palestine¬ se, del tutto inefficiente. Dobbia¬ mo coordinare adesso, tutte le forze politiche nazionali. Dobbiamo sta¬ bilire il peso di ciascuna forza - penso che onnai al Fatah e Hamas quasi si equivalgano - ed impedire la preponderanza di una sull'al¬ tra». In questo nuovo regime nei Territitori, quale diventereb¬ be il ruolo di Arafat? «Sarebbe il Chairman, il Presiden¬ te. Ma non il capo unico deh'esecu- tivo». Lei ha criticato i numerosi viaggi ah'estero di Arafat. Per¬ ai suoi viaggi nei paesi democratici sono superflui perché la loro stessa ideologia democratica e libertaria dovrebbe averh persuasi da tempo deha giustezza dehe nostre rivendi¬ cazioni. I paesi demeratici dovreb¬ bero rispettare i loro stessi ideali. Spiace dirlo, ma finora non sono stati all'altezza dehe nostre aspet¬ tative. Quanto ai o-^ci arabi, do¬ vrebbero già aver compreso il loro dovere di essere solidali con noi. Le ripetute visite di Arafat sono dun¬ que superflue». Dieci anni fa, quando guidava la delegazione palestinese a Madrid, quah speranze ave¬ va? «Da Israele non ci aspettavamo niente, conoscevamo la sua linea intransigente. Speravamo piutto¬ sto negh Stati Uniti, speravamo che si sarebbero dimostrati un mediatore imparziale. Ma ogni illu¬ sione si dissipò presto quando, sulla base deha risoluzione 242 dehe Nazioni Unite, invocammo la sospensione immediata di tutte le attività di colonizzazione. Quando ciò non avvenne, il processo di pace fu subito svuotato di ogni contenuto, divenne inutile». Ma gh accordi di Oslo nel 1993 non rinfocolarono le speran¬ ze? «Gh accordi furono raggiunti a mia insaputa. Quando furono pubblica¬ ti, dissi subito ad Arafat che erano cattivi. Mi dissociai. Oggi io non sono certo sorpreso». Cosa si attende da Shimon Peres? «Proprio niente. E' un oltranzista. E' il fratello gemello di Ariel Sha¬ ron. La sua dichiarazione a favore di uno Stato palestinese? Bisogne¬ rebbe sapere quale tipo di Stato vorrebbe per noi». La formula «ritiro completo in cambio di pace completa» è ancora realizzabile? «Occorre innanzi tutto rimuovere i fatti compiuti sul terreno median¬ te un'aggressione, ossia le colonie. Chiediamo di poter avere uno Sta¬ to su appena un quarto del territo¬ rio storico deha Palestina e Gerusa¬ lemme est per capitale. E infine che sia risolta la questione dei profughi, sulla base della risoluzio¬ ne 194». Israele teme che ciò significhi la fine dello Stato a maggio¬ ranza ebraica... «Ristabilire la giustizia e i nostri diritti non è meno importante. Alla lunga, l'obiettivo preferibile sareb¬ be la costituzione di un unico Stato laico e democratico per ebrei ed arabi, dal mar Mediterraneo al fiume Giordano». Il giorno che Arafat uscisse di scena, che volto avrebbe la leadership palestinese ? «Malgrado le mie critiche, noi ab¬ biamo sempre bisogno di Arafat al nostro vertice. Deve assolutamen¬ te restare». «Il nostro presidente commette molti errori ma abbiamo ancora bisogno di lui: deve assolutamente restare» Tre scolari tra le decine di tombe distrutte ieri in un cimitero di Gaza da un attacco aereo israeliano