Fra Beatrice e Dante non scattò la scintilla
Fra Beatrice e Dante non scattò la scintilla Fra Beatrice e Dante non scattò la scintilla RECENSIONE Sergio CON i «se» e i «forse» non si fa la Storia, ma nuovi romanzi sì. il diletto nar¬ rativo passeggia abitual¬ mente tra omaggi e rivisitazio¬ ni, ma risulta abbastanza raro che qualche scrittore si misuri con i grandi nomi della letteratu¬ ra senza accennare a un con¬ fronto, bensì solo per giocare con le ipotesi, come accade quando si fantastica sugh uni¬ versi infiniti dei destini possibili. Un gioco narrativo, dunque, corretto e onesto, quello che ci propone Fabio De Propris, già esordiente presso lo stesso edito¬ re con Brenda e Plotino, un paio d'anni fa. De Propris strizza l'occhio al lettore, lo fa subito partecipe delle sue goliardiche velleità, che sono anche - ci pare - velleità d'amore, perché ogni amore ha il diritto di svilupparsi diversamente, almeno nella fantasia di chi non l'ha vissuto. E la storia d'amore, quasi per eccellenza, è quella - mancata, almeno così abbiamo sempre creduto - tra un certo Alighieri Dante e una tal Beatrice Portinari, assunta in cielo nel fiore degh anni e là rimasta ad attendere paziente che il Divin Poeta bruciasse le tappe verso il paradiso deUe patrie lettere. Ebbene, non è andata così, perlomeno secondo la versione di De Propris e del suo stralunato protagonista, il camionista venti¬ cinquenne Luciano Caldonazzo: costui, colto da folgorazione amorosa per una sconosciuta barista di un autogrill di Bologna - benché sposato da poco con la coatta Stefania e padre del piccolo Jacopo - ricohega la sua inattesa passione con i recenti studi serali per condurlo a un modesto diploma. Beatrice non morì giovane, e la «Divina Commedia» non fu un poema d'amore mancato. La fonte di questa «scoperta» proletaria rimane un po' oscura, ma il prode Caldonazzo mette in piedi una versione credibile, anche simpati- Fabio De Propris Se mi chiami Amore Fazi, pp. 204, L 24.000 ROMANZO RECENSer IONE io ca, della sua verità. Innanzitut¬ to, Beatrice di cognome faceva Adimari, aveva una sorella mag¬ giore - Selvaggia - assai più avvenente di lei, un fratello «omo» e un padre commerciante di stoffe pregiate. La tozza Bea¬ trice vive con disincanto il suo destino di fanciulla in attesa di marito, e quando incontra Dante - poeta in erba, dongiovanni di secondo piano - non si fa incantare, ma nasce, tra i due, una sorta di duello a distanza, che non h farà mai avvicinare se non in tarda età, quando lei sarà reclusa in convento e lui un nome ormai famoso. Nel frattempo è passata la vita, tra il matrimonio di Beatrice con Lorenzo, i nume¬ rosi figli, la vedovanza che scatena nella «divina creatura» una fame insaziabile di esperienze sessuah. Ma nulla di più che un legame spirituale la lega a Dante, che le ha comunque sempre dedicato tutte le sue opere. Cos'è mancato, perché si avverasse quella specie di attrazione fatale in grado di mutare i destini? Forse l'arte di Dante risiede tutta in questo fallimento accuratamente spianato negh anni, e la verità - almeno la verità di De Propris - verrà a galla nel corso degh incontri tra l'ultrasettantenne Beatrice pentita e un giovane promettente scrittore, Giovanni Boccaccio. La divinazione svanisce con la scomparsa della barista dall'autogrill: Luciano Caldo¬ nazzo ha sperato di rivoluzionare la sua vita nel tentativo di dimostrare questa verità determinante, che lascia tutto al suo posto. Ciò che abbiamo letto è un gradevole divertis- sement per dantisti accaniti, oltre che un simpatico modo per smitizzare - almeno per il tempo di una distensiva lettura - i padri inattaccahih. In questo, l'esperimento è riu¬ scito, anche perché abbiamo l'impressione che il primo a divertirsi - e a non prendersi troppo sul serio - sia stato proprio l'autore.
Luoghi citati: Bologna
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