Una vita in rivista

Una vita in rivista Una vita in rivista Un corvo sul campo di battaglia .IL PERSONAGGIO Marco Bf.'lpoliti COM'È possibile dimentica¬ re la voce del corvo in Uccellacci e uccellini di Pasolini, quella parlata dall'inflessione meridionale e insie¬ me bolognese, petulante e vaga¬ mente fastidiosa? Francesco Leo- netti è la voce del corvo marxista, e lo è stata per tutti gh anni a seguire il film del poeta, tanto che dovendo intitolare la sua autobio¬ grafia, sceghe ancora una volta il riferimento a Pasolini (La voce del corvo. Una vita 1940 - 2001, Deri¬ ve Approdi, pp. 190, L. 25.000, qui a lato alcuni frammenti in antepri¬ ma n.d.r.). Lui e Vittorini, sono state le figure maschili centrali della vita attiva di Leonetti, nato nel 1924 a Cosenza, a sua volta indispensabi¬ le spalla dei due letterati in alcune imprese editoriah che hanno lascia¬ to un durevole segno neUa lettera¬ tura itahana del dopoguerra: Offici¬ na, a Bologna tra il 1955 e il 1959, e ii Menoiò, a Milano, per cui, alla fine degh anni Cinquanta, Leonetti iniziò a preparare un supplemento europeo mai nato, cui erano redat¬ tori Blanchot, Mascolo, Bach- mann, Enzensberger, Uwe John¬ son, e altri scrittori tra Francia, Germania e Itaha. Ma-ridurre l'atti vi tàdi Leonetti alle riviste che ha prodotto (Ai/ohe- ta, negh anni Ottanta) è fargh un vero torto. Oltre che poeta, scritto¬ re (Fumo, fuoco e dispetto, del 1956, è un Gettone di Vittorini) è stato agitatore, insegnante (di este¬ tica a Brera), militante politico, teorico e pratico di quasi tutti i movimenti estremisti che si sono succeduti a partire dal Sessantotto in Italia, dai marxisti-leninisti di "Servire il popolo" di Aldo Brandira- li, all'Autonomia operaia di Toni Negri. Leonetti, per ragioni fisiche pri¬ ma ancora che morah, è un trife- sfer, un personaggio che sembra appartenere a un mondo intersti¬ ziale, situato nell'intercapedine che separa gh uomini dagli umani. Solo così si riesce a spiegare le sue infaticabili attività, le energie qua¬ si inesauribili, il fuoco sacro che sembra ardergli dentro, un fuoco che lancia fiammate improvvise e lo ha fatto e ancora lo fa guizzare in assemblee, riunioni, consigh editoriali, semplici incontri tra amici. Espressivo Leonetti lo è stato non solo nella sua scrittura, elaborata e insieme ingenua, ma¬ nierata e insieme diretta, ma an¬ che e soprattutto nella vita, una vita di passioni e conoscenze, spes¬ so con errore, di campi di batta- glia, per usare titoli di suoi volumi, in cui la voce del corvo marxiano ha urlato slogan, protestato, pro¬ clamato verità, declamato versi, sempre alla ricerca di quell'impos¬ sibile punto di equilibrio tra lette¬ ratura e pohtica che è stata la sua ossessione a partire dalla metà degh anni Cinquanta. Leonetti è la coscienza inquieta della sinistra letteraria itahana, ' quella più sovversiva e indiscipli¬ nata, quella votata, con piena con¬ sapevolezza e spesso con allegria, al fdlimento pohtico. Eppure, in mezzo a tanti passaggi anche tor¬ tuosi della storia itahana degh ultimi quarant'anni, il folletto-Leo- netti è riuscito sempre a far vdere le ragioni della sua passione, re¬ stando, come dice il titolo (h un ^-altro suo libro, sospeso tra saggi- smò'e-narrazione, irato e sereno. Questa autobiografia è un libro che trasmette il senso di quella inesausta vogha di discutere conti¬ nuamente di tutto e di tutti, di ripensare a se stesso in termini non nostalgici ma vitali, se non addirittura vitahstici (si leggano le pagine dd risvolti sentimentah e sessuah per esempio). L'energia prorompe dalle pagi¬ ne della Voce del corvo, e insieme traspare l'incredibile ingenuità del militante, della vita, prima ancora che della cultura o della pohtica. Cosi in definitiva ci appare: candi¬ do e nativo, anche quando si è sforzato di essere malizioso e duro. A Bologna ero divenuto ami¬ co stretto di Roberto Ro- versi, tarchiato e dolce, figlio di gran medico radio¬ logo e poeta ed ammiratore delle librerie antiquarie, sino a farsene una sua propria in centro di città. Ci trovavamo lì, e più oltre anche con Pasolini (dopo la guerra andato ad insegnare in Casarsa nel Friuli, luogo materno, e quindi a Ponte Mammolo estremità di Roma, e poi ah'Eur). E anche Volponi. Si giunge d '50, anzi '52-53 stampando li¬ bretti con Roversi. Libreria Anti¬ quaria Palma verde, ci si avvia alla famosa rivista «Officina». Qui si deve sapere che, stiman¬ do reciprocamente buoni i nostri libretti, con qudche visita comune a Pasolini, concertammo di fare la rivista ideata già nel liceo. Dopo discussioni fra Roversi e me, gh scrivemmo una proposta di titolo: «Officina»; ci giunge, prima che a PPP la nostra, ima sua con propo¬ sta del titolo «Officina bolognese», e lui dice di averla comunicata a De Robertis, trovandosi dd barbiere insieme... Titolo da parte nostra artigiano e quasi pohtico; da parte sua longhiano, riferendosi d libro «Officina ferrarese». VIHORINI E CALVINO .. Anni fa un phco mi inoltrò Raffae- le Crovi: con tutte le precise letteri¬ ne relative d mio «gettone» e pri¬ mo libro del '56, Fumo, fuoco e dispetto: risulta che scrisse Itdo Calvino a Eho raccomandandomi: «Leonetti era presente d convegno siciliano ('53, presso Sciascia, con Pasolini e Luzi e tutti i nuovi), è un tipo che merita» (aveva letto Cdvi- no le epistole di Engels sul «tipo»? certo aveva letto Lukàcs). E si vede qui come viene la mia giovanile fortuna, dovuta quindi d risvolto ne già consolidata, dalla qude par¬ te un facile discorso» (nel «Mena¬ bò» 10 dell'anno 1967). E Cdvino mi disse che proprio questo gli piaceva molto, e disse che, se io mettevo insieme un buon gruppo, sì, forse, in questi modi si sarebbe potuto riprendere il «Menabò», ma lui non era nato capogruppo; sem¬ pre se fosse tornato un giorno da Parigi... Invece io crollai fra i grup¬ pi di nuovi troskisti, per fatalità, pochi armi dopo il sorriso semispen- to di Eho nella pineta eh Livorno nel'64. MONDADORI E EINAUDI Il primo editore-padrone da me visto personalmente era stato Arnol¬ do Mondadori, il dannunziano; mi d portò Vittoriml...] L'Alberto in brevi incontri mi piacque. E fu lui che mi spinse d premio del '59. E Vittorini mi pre¬ sentò, sul fiume Po, come giovane di grandi speranze, mentre si beve¬ va champagne, a Giulio. Lui subito trasse di tasca una cravatta e mi disse circa: «Mi impaccia in tasca; vedi là mia moghe con le amiche? portagliela tu». Era forse un assag¬ gio per il mio servilismo? Probabil¬ mente. Io però dissi: «Ma la vedi fra un momento e gliela dd tu». Questo assaggio non fruttuoso non impedì che egh mi proponesse, come Eho voleva, di lavorare in casa editrice Einaudi, da Bologna venendo a Tori¬ no (era il '60; poi venne Spriano invece). SUL SET CON PASOLINI Qui va ricordato il mio merito maggiore di attore cinematografi¬ co, con celebrità, costituito dd pezzo del corvo in Uccellacci e uccellini. Dunque il corvo è un mdedetto ipercritico marxisteg- jiante con voce un poco meridiona- e e piuttosto bolognese, vociante invettive sulle insensatezze della vita, mentre appare a tratti attorno a Totò e a Ninetto Davoli despera- dos venduti che poigh tirano il coUo. Pierpaolo voleva perseguire la compromissoria condotta picista ricorrendo a un ortodosso già gram¬ sciano di Bologna, che ero io. Col copione in mano, e contando i secondi del becco del corvo, ogm volta, io dentro e fuori della sda proponevo piccoli tagh e modifiche a Pieipaolo, e poi mettevo la frase giusta nel becco guardando la se¬ quenza. 1...] Il rapporto molto dolce con Paso- Uni, conversando stretto, girando all'alba a stabilire i luoghi sia nei Sassi che nel deserto, e portando così la letteratura sperimentahstica sotto la macchina da ripresa (imzid- mente aborrita sul piano teemeo da Pasolini che non sapeva fare nean¬ che una fotografia, poi bravamente usata a spalla) io l'ho raccontato a Fofi per la sua storia del cinema itahano. E finì con Satò: non volli accettare una parte di fascista, men¬ tre Pier mi prometteva donne sul set, io ne avevo già, e c'erano anche discordanze fra noi sui rapporti con l'avanguardia letteraria. ALFABETA Una telefonata di Bdestrim, organiz¬ zatore con Gino Di Maggio (già attivo nella musica - Cramps, con Demetrio Stratos - e poi nell'arte) ed entro nella redazione di «Alfabeta»: con una grande serata del '79 in ed Bdestrim era già volato via (sugli sd, in monta¬ gna, per Parigi, beato M - con un sacco di accuse terribili). [...1 E c'erano: Corti semidoga ind- gne, affettuosa e acuta; Eco (io l'avevo già conosduto a Pdermo e anche nel Montefeltro, dove con luì d'estate era diffìcile parlare perché parlava sempre lui e se parìavaBO dtri lui prendeva in mane «oa tromba... insieme d iUKlava a taxe il bagno nelle piscine gelate tftmocJiar gna con un'ora di caroaun» ^er selve e calanchi per far» dicaa^rirfj luL.. io gli dicevo; ah, i fraaces^BJ. tuoi della Rosa sono i. brigaiiistL-. lui disse «Alfabeta», ttetes»*. POETA, ROMANZIERE E «AGITATORE» HA ATTRAVERSATO CON INQUIETUDINE MEZZO SECOLO DI CULTURA ITALIANA: «SARÀ FORSE POSSIBILE UN GIORNO DIRSI UTOPISTI SENZA FINIRE AL BANDO? CI CONVIENE INTANTO DIRCI ERETICI» Ry^NCESCO LEONETTI RACCONTA PROPRIO IMPEGNO DI MILITANTE *A LETTERATURA E POLITICA: FFICINA» CON ROVERSI E PASOLINI ««MENABÒ» CON VITTORINI E CALVINO «ALFABETA» CON BALESTRINI, ECO, MARIA CORTI E VOLPONI