«Mai più schiavitù» il grido d'aiuto dei ninos peruviani

«Mai più schiavitù» il grido d'aiuto dei ninos peruviani «Mai più schiavitù» il grido d'aiuto dei ninos peruviani «Vogliamo lavorare per aiutare i genitori, ma non essere sfruttati» Riuniti a Firenze questa settimana per il Meeting sui diritti umani reportage Claudio Altarocca inviato a FIRENZE MI chiamo Arturo Samuel Francia Bemedo, ho 11 anni e vivo a Lima. A 7 anni lavavo zucche e le rivendevo al Canto Grande, il mercato. Ades¬ so faccio cartoline con corian¬ doli, forbici e colla, ne produco cinque al giorno e guadagno fino a 120 soles al mese, 80 mila lire. Mi piace moltissimo. E la mattina studio, vado a scuola». «Mi chiamo Karen, ho 10 anni e affetto ortaggi. Guada¬ gno 30 mila lire al mese». «Io sono Ivan e vendo lecca- lecca nelle strade. Ho 8 anni». Voci dal Perù, voci di piccoli incas fierissimi di aiutare papà e mamma, bambini venuti a Firenze per dire la loro sul problema del lavoro minorile. Partecipano al Meeting sui di¬ ritti umani, un'idea della Regio¬ ne per celebrare l'anniversario della Dichiarazione dell'Onu che cade proprio oggi, 10 dicem¬ bre. Il tema di questo quinto Meeting è «Mai più schiavitù. Liberi per cambiare il mondo». Ci saranno anche ottomila stu¬ denti toscani, lunedì prossimo 17 al Palasport. I bambini peru¬ viani parleranno a costoro, ai loro coetanei di Toscana. Un bel confronto, da una parte i comodi ragazzi del ricco Occi¬ dente e dall'altra ragazzi aspri dalla vita fin troppo piena in fuga dalla povertà. Saliranno al microfono anche voci contro le schiavitù della guerra e delle donne, un ex bambino soldato della Sierra Leone e un'ex ragaz¬ za di strada della Nigeria, e alla fine parleranno in tanti, dal presidente del Senegal a Roma¬ no Prodi, dal cantante Jovanot- ti al giocatore della Roma Da¬ miano Tommasi. Claudio Marti¬ ni, presidente della Regione Toscana, vuole che i ragazzi della sua terra «conoscano la realtà delle cose per formarsi la coscienza». Ecco ora due ragazzi peruvia¬ ni che si tengono per mano. Lui si chiama Elder Portai Rojas, lei Melissa Jaramillo Mendoza. Facce straordinarie. Lui è scu¬ rissimo di pelle e ha due occhi piccoli e acuti, ha 16 anni e viene dal Nord, da Cajamarca, terra di montagne, di miniere d'oro e d'argento. Lei è di Lima e sembra una bimbotta immer¬ sa in' un torpore remoto e pensoso, in un'assenza da so¬ gno, e invece è una guaguara scura e morbida prima del bal¬ zo, ruggisce soave parole sa¬ pienti. «Io ho 13 anni», esclama d'improvviso con orgoglio solle¬ vando la testa dalle unghie laccate d'azzurro. Vende gelati e ghiaccioli nelle piazze, li fa la mamma. Un po' di quel che guadagna se lo tiene per sé e si paga le tasse scolastiche, si compra le scarpe da tennis e le t-shirt. «Anche gli occhiali da vista me li son comprati io». Lui, Elder, vende magliette accanto alle terme di Cajamar¬ ca dove vanno i turisti a vedere le rovine dei suoi avi, gli incas. «A cinque anni lavoravo nei campi, poi mio padre è venuto in città». S'alza alle sei, va a scuola dalle sette all'una, dopo le tre lavora. Studia la sera. «Non me lo chiedono di lavora¬ re, i miei genitori. Mio padre fa il muratore e mia madre la lavandaia. Potrebbero mante¬ nermi. Sono io che voglio lavo¬ rare. Lavoro per alegrìa, me gusta trabajar, mi piace lavora¬ re, essere utile, contribuire alla mia famiglia». Questo è un punto molto importante. Per Elder il lavoro non è una schiavitù, nessuno glielo impone. «E come nessu¬ no lo impone a me, nessuno lo impone a quasi tutti i circa due milioni di bambini e ragazzi che lavorano nel mio paese, anche a chi fa i lavori più pesanti e rischiosi. Noi siamo poveri, dobbiamo lottare. Ecco, semmai ce lo impone la pover¬ tà. Ma es la vida, è la vita. Io lotto anche per i miei diritti, perché voglio che il mio lavoro sia degno, mi rispetti e non mi sfrutti, sia compatibile con gli studi. Lotto con il Manthoc, con i Nats, con tutte le associa¬ zioni, i movimenti di noi bambi¬ ni e ragazzi che lavoriamo, e sono pure qui, in Italia. Il Manthoc quest'anno compie 25 anni, il suo nome sta per Movi¬ mento di adolescenti e bambini lavoratori figli di operai cristia¬ ni. Il Manthoc è importante. Ogni sabato discuto con il mio gruppo. Guardiamo Lima: 150 ragazzi fanno i jardineritqs, i giardinieri della città per conto del Comune. Questo è un bel lavoro per noi, è un bell'esem¬ pio. L'obiettivo finale della lot¬ ta di noi bambini e ragazzi è aiutare i grandi, è rimuovere tutti insieme le cause della povertà». Stupefacente Elder. Parla co¬ me un deputato. «Infatti voglio studiare Scienze politiche», fa lui. Ma qui interviene la bim¬ botta, la giaguarotta scura, che si desta dal falso letargo e fa il balzo. «Noi siamo contro la posizione che avete voi in Occi¬ dente. I vostri sindacati e le organizzazioni internazionali vogliono abolire il nostro lavo¬ ro minorile. Dite che il lavoro è una minaccia alla nostra salu¬ te, che è una cosa per adulti, che la scuola viene prima, che dobbiamo soltanto studiare e giocare. Non è così per noi. Non tenete conto della nostra real¬ tà, della nostra cultura». Melissa, hai 13 anni, come parli? «In un paese povero co¬ me il nostro i bambini lavorato¬ ri esisteranno sempre - conti¬ nua imperterrita agitando le mani dalle unghie corte e smal¬ tate d'azzurro -. Noi chiediamo non solo che il nostro lavoro sia riconosciuto e migliorato, ma anche che i nostri prodotti non siano boicottati. E poi voglia¬ mo essere consultati per ogni decisione che ci riguardi. Capi¬ to? Noi non vogliamo solo gua¬ dagnare. Il lavoro è un'esperien¬ za che ci aiuta a formarci, a capire la vita. Il lavoro è uno strumento di sviluppo persona¬ le e sociale, non solo di guada¬ gno. Forse che una prostituta lavora? No, guadagna soltanto. Un ladro lavora? Neanche, prende soldi. Ti dico una cosa. Ogni tanto mi si avvicina un bambino per chiedermi l'elemo¬ sina. Io non gliela do e gli dico: "Lavora come me". Insomma, amigo, vuoi uno slogan? Voi cercate di abolire il lavoro mi¬ norile, noi cerchiamo di cam¬ biarlo». Così parlò Melissa. Dal¬ le sue parole, dalle parole di Elder e di altri bambini e ragaz¬ zi, dalle parole di educatori e volontari come la dolcissima Lucilla, un'ex insegnante di chi¬ mica e biologia che a Cajamar¬ ca si dedica a formare le piccole coscienze, viene fuori un ormai infinito arcipelago di associa¬ zioni e movimenti giovanili, di commerci equi e solidali e di banche etiche, tuttio in rappor¬ to fra di loro, una rete planeta¬ ria, tutti lì a voler migliorar la vita di tutti quanti noi. Un confronto tra i ragazzi del «ricco Occidente» e i minori dei paesi in via di sviluppo «Non boicottateci aiutateci a crescere» Sullo sfruttamento del lavoro minorile un confronto senza tabù da oggi a Firenze