Un sessantottino alla corte di re Silvio

Un sessantottino alla corte di re Silvio IL CAPO DEL GOVERNO DI BRUXELLES E L'AMICIZIA-RIVALITÀ' CON IL NOSTRO PRESIDENTE DEL CONSIGLIO Un sessantottino alla corte di re Silvio Il premier italiano e quello belga vengono da storie personali diversissime e sembrano fatti in modo da «non incontrarsi». Però entrambi sanno curare i propri interessi. E fare compromessi personaggi AidoCazzuilo ■ due non sono fatti per incon¬ trarsi. Quasi vent'anni di dif¬ ferenza: 65 Silvio Berlusconi, 48 Guy Verhofstadt (entrambi però ne dimostrano meno). L'italiano calvo, il belga con ciuffo biondo, che oltretutto usa per infierire sui calvi, gio¬ candoci spesso con le mani. Il multimiliardario sempre in dop¬ piopetto, il sessantottino in vel¬ luti e tweed tipo assessore alla Cultura dello Yorkshire. Il pa¬ drone di casa (in ogni senso: l'incontro potrebbe svolgersi in via del Plebiscito) con bel sorri¬ so dentato, l'altro con incisivi divaricati che invocano un den¬ tista. Entrambi si dicono libera¬ li. Però Verhofstadt è favorevo¬ le all'eutanasia, all'alleanza con la sinistra (socialisti e verdi lo appoggiano) e pure allo spi¬ nello libero. Per la spregiudica¬ tezza della capigliatura e della linea politica - movimentista a parole, moderata nella prassi -, diplomatici scherzosi l'hanno avvicinato a un Diliberto, o a un Gasarmi. Irregolare all'apparen¬ za, in realtà scafato. Ganzo, direbbero nella Toscana che Verhofstadt ama: ha anche una casa con uliveto sulle colline senesi dove passa vacanze e week-end, e per gusti e abbiglia¬ mento ricorda i socialdemocra¬ tici tedeschi della Toskanische- fraktion, che alla birra preferi¬ scono il vino rosso e ai me¬ talmeccanici le giornaliste e le cantanti (la signora Verhofstadt è un soprano, molto appassiona¬ ta di Bach e molto schiva). All'incontro con Berlusconi il premier belga giunge in verità con (ingiusta) fama di anti-ita- liano. Uno, per dire, che è riusci¬ to a litigare persino con Prodi. Andò così. Fiutata l'irripetibile occasione, Verhofstadt ha inter¬ pretato la presidenza di turno dell'Ue con tale verbosità da toghere fiato a Romano. Le conferenze stampa congiunte con lui sono poi particolarmen¬ te noiose: se ne deve fare la traduzione nelle due lingue uffi¬ ciali belghe, il francese e il fiammingo (cioè l'olandese). In¬ vano Prodi gli ha scritto una lettera per richiamarlo alla sin¬ tesi. Così una mattina se ne resta a casa, Verhofstadt affron¬ ta da solo i giornalisti e, interro¬ gato sul collega, risponde da ganzo: «Starà dormendo». E pensare che i due erano amici, in quanto condividono la passio¬ ne per la bicicletta. Avevano anche fatto qualche sgambata insieme, talvolta invitando l'eroe nazionale Eddy Merckx, di cui lo scaltro Verhofstadt è ovviamente diventato, e rima¬ sto, grande amico. Perché per entrare in sintonia con i suoi elettori sa mettere da parte il suo coté sofisticato, per incama- re l'anima del Belgio così com'è o come lui lo vorrebbe: multiet- nico, o almeno multieuropeo. Quando si affacciò alla politi¬ ca, da ministro del Bilancio, il Belgio non era diverso dall'Ita¬ lia di fine era democristiana. La sua Tangentopoli fu lo scandalo della pedofilia. Il discredito dei governanti era tale che i gover¬ nati si raccontavano questa bar¬ zelletta: i familiari delle bimbe vittime di Dutroux vanno dal primo ministro, gli portano al¬ cuni oggetti delle piccole, lui risponde: grazie, ho già i video¬ tape. Verhofstadt ha intercetta¬ to una certa ansia di cose nuo¬ ve, e ha provato a convincere i belgi che non sono poi messi tanto male, che il loro paese non è più una provincia della Francia particolarmente piovo¬ sa, è anzi la capitale dell'Euro¬ pa o almeno della sua burocra¬ zia; e Bruxelles non è così noiosa, ci sono centomila stra¬ nieri quasi tutti benestanti, tra poco anche quelli dell'Est, i palazzi dell'età dell'impero colo¬ niale rimasti sfìtti per decenni rendono oro, e qualche giorno c'è persino il sole. A causa delle europee dell'Est Verhofstadt ha passato un guaio: un libro choc del giornalista Chris De Stoop lo indicò come protettore politico di un traffico di polacche; tutto falso ovviamente. Bravo comu¬ nicatore, sorridente, estrover¬ so, kennedy in sedicesimo (un quotidiano belga particolarmen¬ te zelante l'ha anche paragona¬ to a quello vero, ma il suo contraltare è il giapponese Koizumi, con cui due giorni fa ha molto fraternizzato), Verhof¬ stadt è il premier che il nuovo Belgio attendeva; e non solo perché ha cognome fiammingo e nome francese. Della gioventù ha conservato i tratti da studen¬ te fuoricorso, non le idee gauchi- ste: già a ventinove anni, da presidente del partito liberale fiammingo, lo chiamavano Ba¬ by Thatcher per la spietatezza con cui suggeriva di privatizza¬ re tutto anche minatori e ferro¬ vieri. Nel '95, falhto l'assalto alla roccaforte democristiana, si prese un sabbatico. In Italia, ovviamente. Ne maturò voglia di rivincita e competenza in tema di vini - barolo e sassicaia, che dichiara di preferire a bor¬ deaux e borgogna, sono uno degli argomenti di conversazio¬ ne preferiti con gli italiani, Berlusconi compreso - e olii - ne produce anche uno suo -. Ha pure imparato l'italiano, che parla bene quasi quanto l'ingle¬ se (qualche gaffe ogni tanto con il francese). Dicono che la Tosca¬ na gli abbia anche addolcito il carattere. Per il resto i giudizi sono divergenti, nel governo di Roma c'è chi ne ha un'opinione modestissima, «un impiegato», «uno speaker», tra i diplomatici c'è chi ne sottolinea la cordiah- tà e l'avvedutezza. Conoscitore dello spirito dei tempi, Verhof¬ stadt è attento al pensiero del¬ l'intellighentsia radicale parigi- na legata alla cultura tedesca ebraica, i Glucksmann e i Finkielkraut: interventista nei Balcani (meno in Afghanistan), avversario di Haider (al vertice di Lisbona rifiutò di posare a fianco del cancelliere austriaco Schuessel nella foto finale), di¬ fensore dei diritti umani; da senatore dell'opposizione ani¬ mò (con successo) la campagna per una comissione di inchiesta sul comportamento dei militari belgi in Ruanda, da premier vi è andato in visita l'anno scorso a chiedere scusa. Unico infortu¬ nio: decine di zingari slovacchi espulsi l'anno scorso dopo esse¬ re stati marchiati sul braccio (con inchiostro «quasi indelebi¬ le» scrisse il Giornale di Berlu¬ sconi). Con Berlusconi potrebbe an¬ dare meglio del previsto. Certo la manifestazione leghista di ieri con striscioni contro la «pedofilia prodotto europeo» non aiuta, e non c'è da sperare che sia sfuggita a Verhofstadt: da qualche tempo l'ambasciata a Roma ha inserito nella rasse¬ gna stampa le traduzioni de «La Padania», comprese le lusin¬ ghiere valutazioni di Bossi sul¬ la morale sessuale dei belgi. Ma i due premier hanno anche qualcosa in comune. Non sono uomini di rottura. E odiano Louis Michel, il ministro degli Esteri colpevole per Verhofsta¬ dt di volergli sottrarre il posto, e per Berlusconi di avergli dato lo stesso voto di Bin Laden - zero - in un'intervista a un comico della tv (quella volta Verhofstadt mandò al collega un biglietto di scuse scritto in italiano). E se nella delegazione belga al vertice di Gand circola¬ va una storiella antipatica - «se passa il mandato di cattura europeo la prossima volta che Berlusconi va in Spagna da Aznar e Garzon non toma più» -, a Roma i due potrebbero anche gettare le basi di un compromesso. Se non altro per¬ ché è nel loro interesse. La vita è così, le persone fatte per incontrarsi non si incontremo mai, Guy il ganzo e Silvio il seduttore si incontreranno do¬ mani, e si troveranno benissi¬ mo. E' riuscito a litigare persino con Prodi Diventato presidente di turno dell'Ue si è lasciato andare a un'estrema verbosità Le conferenze stampa congiunte con lui erano talmente noiose che il Professore gli ha scritto una lettera per richiamarlo alla sintesi Ama la Toscana Possiede una casa con uliveto sulle colline senesi dove passa vacanze e week-end e dove produce una discreta scorta di olio 1h=^ Il premier belga Guy Verhofstadt con Silvio Berlusconi. In basso; il presidente della Commissione europea Prodi