«Re Zahir tornerà a inizio primavera» di Emanuele Novazio

«Re Zahir tornerà a inizio primavera» L'INVIATO DELL'ONU A ROMA PRIMA DI PARTIRE PER KABUL DOVE PORTERÀ GU ACCORDI FIRMATI A BONN «Re Zahir tornerà a inizio primavera» Brahimi: ha scelto il 21 marzo come data di buon auspicio colloquio Emanuele Novazio ROMA CON sé a Kabul, stamane, Lakhdar Brahimi porterà gli accordi firmati a Bonn giovedì scorso grazie alla sua mediazio¬ ne e un annuncio: l'ex re Zahir conta di tornare in Afghanistan il 21 marzo, una data considerata feheemente simbolica e di otti¬ mo auspicio perchè l'inizio della primavera è «il giorno del Nowruz» - per gli afghani - e questa festa antica di 5000 anni che segna «il ritomo della vita» viene considerata dall'ex sovra¬ no «la festa della libertà ritrova-, ta». Brahimi non lo dice, perchè il suo compito dopo la maratona negoziale di Bonn è dimostrare ottimismo e sperare «in una posi¬ tiva evoluzione della crisi»: ma l'inviato dell'Onu sa bene che il 21 marzo è lontano e che nel frattempo ci saranno «molte va¬ riabili delle quali si dovrà tener conto», come riconosce il nipote di Zahir, Mustafa Shah. Quando Brahimi esce dalla casa del re, la palazzina all'Olgia- ta che i riflettori della sicurezza rendono simile a un set, a Roma sono le 20, a Kabul è notte fonda. Le palpebre gli si sono gonfiate, le borse agli occhi sono più pro¬ fonde e segnate d'azzurro: sono passati tre giorni dalla firma dell'accordo che istituisce un go¬ verno provvisorio per sei mesi nell'Afghanistan post-taleban, e che ieri è stato al centro del colloquio con Zahir Shah. Ma le notizie in arrivo dall'ultimo fron¬ te, quello di Kandahar dove per giorni sono divampati gli scontri tribali all'interno delle forze pashtun anti-taleban, sembrano confermare i timori che lo stesso Brahimi aveva evocato chiuden¬ do la Conferenza di Bonn: il timore che tutto sia vanificato dalle rivalità fra etnie. Che la rinascita e la ricostruzione del Paese siano compromesse, o per¬ lomeno rallentato. Considerate le tensioni sul terreno, il passaggio di po¬ tere fra l'Alleanza del Nord e il governo provvisorio di 29 membri guidato da Ha¬ mid Karzai e uscito dagli accordi di Bonn potrebbe slittare, rispetto al 22 di¬ cembre concordato dalle Nazioni Unite? «Spero con tutte le mie forze che l'amministrazione interina¬ le assuma il potere quel giomo. Zahir Shah è soddisfatto per il lavoro che abbiamo fatto a Bonn: anche lui, come tutto il mondo, è in attesa che quegli accordi siano messi in pratica sul terreno. Per quanto mi ri¬ guarda, lavorerò in Afghani¬ stan finché non lo saranno: vado a Kabul per verificare quale preparazione è necessa¬ ria perchè i tempi siano rispetta¬ ti». Anche se quanto è accadu¬ to in questi ultimi giorni a Kandahar fa temere il peg¬ gio? «Quanto è successo a Kandahar non è stato certo uno sviluppo benvenuto, ma spero ancora che sia un evento passeggero e che si risolverà davvero al me¬ glio». Che cosa dirà dunque a Burhanuddin Rabbani, l'ex presidente che dopo la ca¬ duta dei taleban si è reinse¬ diato nel palazzo presiden¬ ziale di Kabul e ha ostacola¬ to i colloqui di Bonn preve¬ dendo la sua esclusione dal¬ la nuova mappa del potere? «GU dirò le stesse cose che gli ho detto per telefono da Bonn: grazie per la collaborazione, spero che continuerà a collabo¬ rare con noi.» La risposta è il massimo consenti¬ to dalla coscienza diplomatica del protagonista della maratona negoziale di Bonn. Lakhdat Brahimi non dice di più, prima di risalire sulla Kappa blu che lo porta in un grande albergo di Roma. Ma l'inviato personale di Kofi Annan per le questioni af¬ ghane sa bene che la sua missio¬ ne, difficile durante le maratone notturne nella foresteria del go¬ verno tedesco, potrebbe rivelarsi impossibile a Kabul. Molto dipen¬ derà da quelle che Mustafà Shah chiama «le molteplici variabili»: davanti alla palazzina ocra che le fotocellule della sicurezza colora¬ no di bianco, il nipote di Zahir si affida a un scaramantico equili¬ brio di ottimismo e cautela. «Cre¬ do che Rabbani sia una persona ragionevole e che rispetterà la volontà della comunità intema¬ zionale», concede. Ma le rivalità fra pashtun, l'etnia alla quale appartie¬ ne anche Zahir? «Facciamo il possibile per con¬ vincerli che devono collabora¬ re, per consentire all'Afghani¬ stan di uscire dall'incubo nel quale è precipitato. Ho fiducia che ne usciremo». E la ribellione di uomini potenti come il generale Dostum, che ha minacciato di npn riconoscere il gover¬ no provvisorio per prote¬ sta alla mancata attribuzio¬ ne al suo gruppo di ministe¬ ri pesanti? «Credo si sia trattato di un malinteso interno all'Alleanza del Nord: Dostum era rappre¬ sentato ai negoziati di Bonn. Ma non dimentichiamolo: que¬ gli accordi sono un buon inizio del quale dobbiamo approfitta¬ re, ma sono soltanto un inizio e non la fine di un processo ancora lungo. Dobbiamo essere pazienti e tolleranti, tutti. Tan¬ to più che c'è una seria ragione di ottimismo: non credo che la comunità intemazionale abban¬ donerà l'Afghanistan, questa volta, come fece nel 1992». «Spero che le rivalità sul terreno non facciano slittare il passaggio di potere tra Alleanza del Nord e governo provvisorio fissato per il 22 dicembre» Lakhdar Brahimi (foto), rappresentante delle Nazioni Unite per l'Afghanistan, è stato ricevuto ieri a Roma da Zahir Shah, nella palazzina dell'Olgiata dove abita l'ex sovrano