Zahir Shah, il re lontano che non si sa far amare

Zahir Shah, il re lontano che non si sa far amare Zahir Shah, il re lontano che non si sa far amare I sudditi lo vedevòi io ^olo in effigie sui biglietti di banca, alcuni non ne avevano mai sentito parlare. Trascorreva una buona parte dell'anno all'estero, ignorava i bisogni della sua gente personaggio Patrice de Beer QUANT'ERA bella la monar¬ chia sotto la repubblica! Ven- totto anni dopo essere stato rove¬ sciato dal cugino, Zahir Shah appa¬ re a molti afghani come l'ultima risorsa. I suoi quarantanni di regno sono evocati come un'età dell'oro da chi ancora la ricorda e da chi non l'ha conosciuta, però la sogna. La realtà è meno rosea, ma i colpi di Stato, le guerre esterne e inteme seguite alla sua caduta - accolta a Kabul con euforia - hanno relativizzato le cose. Al punto che si vuol fare di questo vegliardo di 87 anni, esiliato a Roma, un portabandiera provviso¬ rio della ricostruzione anche se la monarchia afghana non è né anti¬ ca né prestigiosa. A parte il mece¬ natismo di qualche antico potenta¬ to, tutti hanno governato con pu¬ gno di ferro questo Paese diviso in etnie rivali, per tacere dell'instabi¬ lità dei primi sette decenni del XX secolo che hanno visto assassinare due re - tra cui il pare di Zahir, Nader - e esiliarne altri due. Ma quant'era bello l'Afghani¬ stan con le sue ricchezze inviolate, le sue montagne imperiose, il trat¬ to selvaggio delle tribù indomite, la droga che attirava gli hippy dirotti a Kalmandu! E quanto que¬ sti afghani occidentalizzati, colti, moderni, erano simpatici u fascino¬ si, cosi lontani dalla gentaglia che governavano! Di etnia pashlun, Zahir Shah parlava persiano. So¬ vrano feuda e di popoli che segui¬ vano uno degli Islam più retrogra¬ di, aveva studialo a Parigi, detesta¬ va il fasto regale, si mostrava raramente in pubblico e sembrava manifestare scarso appetito per il potere. Come tanti Paesi del Terzo Mondo, l'Afghanistan era tagliato in due: da una parte Kabul, moder¬ nizzata e aperta alle influenze esteme, dall'altra una campagna immobile da secoli, che iniziava già alle porte della capitale. Per averlo dimenticato, il re Amanul- lah (1919-1929), che aveva tolto il velo alla regina, proibito la barba e i capelli lunghi agli uomini, vieta¬ to il costume tradizionale nelle strade di Kabul, a imitazione del presidente turco Atatùrk, ma non si era mai preoccupato delle cam¬ pagne arretrate, fu cacciato dal trono da un volgare brigante ta- giko, Batcha Sakao, «il figlio del¬ l'acquaiolo», assassinalo poco do¬ po pure lui. Re Nader subirà la stessa sorte nel 1933. A succedergli fu un giovanotto timido di 19 anni. Come da tradi¬ zione, gli zii governarono vent'an- ni in suo nome, il cugino Moham- mad Daud prese il loro posto dal 1953 al 1963 , finché Zahir Shah, in un soprassalto di autorità di cui non lo si credeva capace, lo mise alla porta prendendo finalmente le redini dello Stato. Daud si prese la rivincita nel 1973 proclamando la repubblica, ma gli ufficiali filo¬ sovietici che l'avevano appoggiato l'assassinarono cinque anni più tardi. Fu l'inizio dell'invasione del¬ l'Armata Rossa e di 23 anni di violenze ininterrotte. Zahir Shah aveva capito che, volendo riformare l'Afghanistan, era meglio non applicarvisi con troppo zelo. Dopo aver flirtato con la Germania nazista, si schierò con i potenti vicini sovietici e britanni¬ ci. Poi fu uno dei precursori del non-allineamento, giocando abil¬ mente con le rivalità Est-Ovest per ottenere un'assistenza spropo¬ sitata rispetto alle sue prospettive economiche, ma proporzionata al¬ la sua importanza strategica. Co¬ me quei fiumi afghani che si perdo¬ no nelle sabbie del deserto, buona parte di questa assistenza finì però nella burocrazia e nei proget¬ ti di prestigio. Come il progresso economico, anche la democrazia si faceva aspettare. Zahir Shah non autoriz¬ zò mai i partiti politici. La prima esperienza parlamentare (1949-1952) finì con una serie di arresti. Gli oppositori che avevano creduto alle promesse del palazzo marcirono in prigione. La seconda esperienza, nel 1963, voluta dallo stesso Zahir, riuscì meglio: i primi ministri presentavano dei testi, i deputati li contestavano o li vota¬ vano. Il controllo restava però sempre nelle mani di qualche deci¬ na di grandi famiglie e il potere era monopolizzato dai pashtun. Il re sprofondava nell'inerzia, una pru¬ denza morbosa lo spingeva a tra¬ scinare senza fine i progetti che lui stesso aveva approvato. Lungi dal calmare le opposizioni, questa pru¬ denza non faceva che infiammare la collera dei mullah, senza pacifi¬ care le frustrazioni della sinistra urbana, militari e funzionari sotto¬ pagati, studenti disoccupati, futu¬ ri avversari in lotte senza pietà. E' chiaro perciò come mai non- pashtun, islamisti o ex-comunisti siano stati ostili a una mediazione del re, nella quale alcuni vedevano un «complotto imperialista». Zahir Shah trascorreva parte del tempo all'estero, andava alle terme in Italia. Secondo lo storico Michael Barry, per i contadini, «non fu mai altro che un ritratto sui biglietti di banca, che riprodu¬ cevano il re com'era verso il 1952». I suoi figli sembravano ireferire la mondanità occidenta- e all'apprendistato del potere, i sudditi non lo vedevano, alcuni addirittura non avevano mai senti¬ to parlare di lui. La grande care¬ stia del 1971-'72 fece almeno cen¬ tomila morti e mostrò Zahir nella sua luce peggiore: non si preoccu¬ pò minimamente della sorte dei suoi sudditi, occorsero le proteste straniere perché «autorizzasse» la distribuzione d'urgenza di 500 mi¬ la tonnellate di grano di aiuti intemazionali. Passività, disinteresse per que¬ gli esseri lontani, ignoranza del Paese reale, che cortigiani servili gli nascondevano: Zahir Shah pre¬ ferì rifugiarsi in una stazione ter¬ male italiana. I suoi occhi erano malati! E dall'Italia apprese di essere stato destituito. In seguito tentò di radunare isuoi compatrio¬ ti a favore di un'alternativa «unita¬ ria» al potere comunista, di cui respinse le offerte. Più tardi, dopo un passo falso che l'aveva portato a fare delle proposte ai taleban vittoriosi, prese le distanze dal mullah Omar che affermava, con¬ tro ogni evidenza, che la monar¬ chia era anti-islamica e minaccia¬ va di catturarlo, se mai fosse rientrato. Saprà il Paese riconoscere que¬ sto afghano, che se n'è andato più di trent'anni fa, se mai gli eventi dovessero permettergli di ritorna¬ re? Copyright te Monde Dall'esilio tentò di creare un'alternativa unitaria al potere comunista, poi fece proposte ai taleban t'ex re dell'Afghanistan Zahir Shah. Non è nuovo a critiche per il suo comportamento Una nuvola di polvere sollevata da un elicottero americano che si leva in volo a Camp Rhino, la base americana presso Kandahar